– MARIA ANNA LERARIO-
Ai nastri di partenza lo strano mondiale in Qatar. Strano perché manca l’Italia, perché si gioca in una stagione inusuale, senza la combinazione sole-cuore-amore da “notti magiche” che ci portiamo dentro da sempre. Strano perché questo Mondiale ha collezionato tantissime ingiustizie, violazioni di diritti umani, morti sul lavoro e altre nefandezze che stonano con quello che dovrebbe essere un evento sportivo di questa portata.
Un’occasione – come le Olimpiadi – per riaffermare la gioia dello sport, gli insegnamenti di vita che una sana competizione sa offrire, la democraticità del tifo, una quasi magica sensazione di coesione sociale.
Un mondiale “immorale”
Omofobia, disuguaglianze di genere, repressione della libertà di stampa e di associazione, mancato rispetto dei diritti umani fino allo sfruttamento folle del lavoro (sono stati oltre 6500 i morti durante i lavori di preparazione per “ammodernare o costruire” gli stadi che ospiteranno i match e il resto delle infrastrutture). Un elenco che fa rabbrividire.
Temi che non possono essere derubricati ad accessori, in una competizione sportiva che dovrebbe essere assegnata secondo alcune precise caratteristiche e che inevitabilmente sta mettendo sotto la lente di ingrandimento un Paese con mille contraddizioni.
E la Fifa?
Sono numerose le personalità e le associazioni del mondo politico, sociale, artistico, sportivo, giornalistico ad aver evidenziato irregolarità e immoralità. La Fifa, però, ha difeso – e continua a farlo – l’assegnazione dei Mondiali 2022 al Qatar, sottolineando in un comunicato ufficiale la necessità di “rispettare tutte le opinioni e le convinzioni, senza impartire lezioni morali al resto del mondo…” e chiedendo, di fatto, di concentrarsi esclusivamente sul calcio, sull’evento sportivo.
Non è possibile farlo.
E non solo per tutte le ragioni elencate finora, ma anche per il valore e la valenza politica che ha l’assegnazione del Mondiale al Qatar: è noto, oramai, come l’emirato stia agendo sul mondo del calcio europeo a suon di denari (basti pensare all’acquisto del Paris-Saint Germain o alle ormai diffusissime sponsorizzazioni ai club più grandi a livello europeo) utilizzando lo sport come elemento politico di ammodernamento e discontinuità. Non in positivo. Un velo, insomma, che contribuisce a disegnare il doppio volto del Qatar, drammaticamente ricco. Drammaticamente povero.
A dispetto di tutto, nel pomeriggio di domenica 20, ci sarà il fischio d’inizio.
E alla fine dei conti, non dispiace poi troppo che la maglia azzurra non figuri nell’album di questo strano, strano mondiale e non calpesti l’erba di stadi costruiti sull’illegalità, lo sfruttamento, le prepotenze, la morte.
N°83 del 19/11/2022