Beatrice Ruggeri- “Solo pillole di emozioni personali” ci preannuncia la giornalista Marta Ajò nel suo libro “Viaggio in terza classe” (L’Erudita, 2016) subito prima della sublime prefazione di Maria Paola Orlandini.
Il racconto si apre con una telefonata: Marta Ajò viene invitata a parlare ad un convengo sulla condizione femminile. Da qui inizia la descrizione in prima persona che si alterna tra passato e presente. Infatti, la biografia-testimonianza ambientata tra gli anni ’70 e ’90, ci viene riportata dalla scrittrice, quasi sotto forma di flashback, durante gli interventi degli altri invitati al congresso.
Il libro, che si divide in due parti, nella prima tratta temi come l’infanzia e la giovinezza della protagonista, il rapporto con la famiglia e i ruoli di genere al suo interno. Marta, infatti, ci mette di fronte ad una scena quotidiana, il pasto insieme alla famiglia, per farci entrare nell’ottica del rigido stereotipo di genere che gravava sulla società di allora ma tutt’oggi attuale e ci racconta: “A tavola, mio padre veniva servito per primo con le porzioni più grandi, mia madre per ultima. Seduto a capotavola lui, servente tra tavola e cucina lei”. La scrittrice affronta poi la tematica del sesso senza i tabù che in quegli anni investivano la borghesia alla quale apparteneva. “Ma che senso ha la verginità del corpo quando non c’è nella mente?”, domandava al suo primo fidanzato ufficiale. Infine, inizia la descrizione della politica e dell’ambiente politico a cui la scrittrice si avvicina grazie a suo padre.
In questa prima parte del libro emerge anche il grande coraggio che, volente o nolente, Marta Ajò ha dovuto avere nel corso della sua vita: il rapimento da bambina prima e la spedizione in Grecia durante la dittatura dei Colonnelli.
Nella seconda parte del libro l’autrice approfondisce la sua esperienza in politica raccontando di quando, non avendo votato per Craxi, si ritrova ad essere esclusa da quelli che definiva “compagni”. Inizia a vivere un periodo difficile per la sua carriera ma, successivamente, trova in Gianni De Michelis un punto di riferimento. Marta Ajò non lascia da parte il ruolo della donna e lo racconta, questa volta, sotto un punto di vista lavorativo. “Scegliere di essere madre può essere una colpa da espiare” afferma l’autrice, divisa in due metà: una lavoratrice, l’altra donna e madre. Le risulta difficile conciliare gli impegni di lavoro con quelli della vita privata, così difficile da sentire di star vivendo una maternità incompleta.
Al di là della maternità, Marta affronta nello specifico le difficoltà di essere una donna-politica, la mancanza di parità di genere e di diritti, il perenne viaggio in terza classe che rappresentava anche un lusso poiché non tutte avevano la possibilità di farlo.
Infine, con l’operazione Mani Pulite “la straordinaria storia di quel partito, il suo cammino riformista, i suoi eroi e i suoi padri, tutto fu cancellato”. Così, Marta si ritrova disoccupata ma, grazie alla sua determinazione e alla sua volontà di non arrendersi riesce a trovare una soluzione.
Il libro termina con la conclusione del convegno e le riflessioni della scrittrice, che ci ha guidato in questo viaggio denso di avvenimenti descritti in maniera fluida e coinvolgente, leggera ed emozionante. La politica, nella vita di Marta Ajò, ha sempre avuto una doppia natura: amica affascinante e appassionante ma anche nemica ostica ed incoerente. Con la conclusione del convegno Marta, che si era sempre sentita divisa in due metà, si sente finalmente intera.
N°64 del 14/09/2022
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