-di Enrico Matteo Ponti-
Sin dalle prime pagine il lettore de “L’artista dell’anima” percepisce una netta sensazione che mano a mano che scorrono i capitoli si rafforza fino a diventare certezza: Alessandro Masi, in questa sua nuova opera letteraria, ha voluto misurarsi con un impegno ciclopico quasi a sfidare, e superare, i tanti che prima di lui si erano addentrati in questo campo cimentandosi con temi così articolati e fluidi.
Mettere insieme le tessere dei mosaici delle “vissutissime” esistenze di Giotto, di San Francesco e di Dante dando loro un’armonia complessiva e una visione organica ed intellegibile da tutti ha indiscutibilmente rasentato lo stesso sforzo che un miniaturista è chiamato ad affrontare volendo trascrivere tutta la Sacra Bibbia su una sola foglia di alloro.
Infatti, non c’è bibliografia al mondo che possa superare quella che nasce da una da una solida cultura e da una profonda conoscenza che permetta di volare e dall’alto fermare immagini, dialoghi, tensioni, umori, umane debolezze, impressioni tanto rare ma, comunque, in grado di arrivare a sfiorare il divino.
Come in sovrapposte immagini in filigrana, riuscire ad illustrare le vite delle tre creature che nella sostanzialmente medesima e circoscritta dimensione spazio-temporale siano riuscite a rivoluzionare i rispettivi raggi di azione è dono di rara maestria.
Francesco che, ribaltando secoli di ipocrite apparenze ed esteriorità di facciata create per giustificare non la ricerca di un potere divino ma di uno esclusivamente temporale, riporta la Chiesa a quell’essenza e a quel misticismo che il Cristo aveva voluto ne informasse l’operato quotidiano; Dante che nelle sue opere e nella sua Commedia indica, traccia e percorre il sentiero della nuova lingua; Giotto che rompe gli schemi bizantini del “pingere” dando, con la scoperta delle proporzioni, un’immagine reale a quelle rappresentazioni pittoriche che, uniche all’epoca, potevano illustrare e comunicare al mondo sia le Scritture sia la vita di tutti i giorni tanto dei nobili che degli ecclesiastici e del popolo.
Ovviamente, però, è sul fanciullo di Vicchio e sul suo peregrinare per l’Italia, che maggiormente l’Autore destina l’inchiostro della sua penna.
A volte riportandone i successi astrali che lo faranno, fra l’altro, nominare Protopictor da Roberto re di Napoli, a volte penetrandone le umane debolezze che ci mostreranno un Giotto dedito anche all’usura pur di assicurare a se stesso e alla sua numerosissima prole quell’agiatezza la cui mancanza a lui giovinetto tante angustie aveva provocato.
Vizi e difetti condivisi praticamente con tutti i tanti importanti, altolocati personaggi che ora a Padova, ora Roma, ora a Rimini, ora a Milano e via elencando, lo pregavano di mettere a loro disposizione i frutti della sua arte consentendoci, così, ancora oggi, di poter godere di opere di una sublime bellezza e di una toccante, rarissima espressività.
Oltre alla descrizione dell’uomo, l’opera colpisce per la sua ricerca di quei raffinati particolari che, come fossimo in un moderno gioco di realtà virtuale, ci fanno immergere in tutti i momenti della vita di quegli anni.
Così che possiamo non leggere ma vedere fin nei più minuti dettagli la bottega del Cimabue in via del Cocomero; i castelli, gli oratori, i palazzi e le chiese dove creava; il mercato dove la moglie Ciuta comprava gli ortaggi da cucinare o i tessuti per gli abiti da fare indossare alle quattro figliole e ai quattro maschi. Possiamo seguire la preparazione delle opere anche attraverso la ricerca dei materiali, dalle loro provenienze alle loro modalità di lavorazione; salire sui ponteggi fino a sentire fisicamente il caldo e la stanchezza che provocavano nelle afose stagioni estive; ascoltare i dialoghi fra Giotto e Dante e financo il loro battibeccare; essere fili del saio del santo di Assisi seguendolo nel suo cataclismatico girovagare per riscoprire il senso vero della parole del Figlio di Dio; toccare con mano il battagliare fra i bianchi e i neri.
In sintesi ci troviamo davanti agli occhi pagine che esplodono riga dopo riga riempiendoci l’anima e la mente di una ricchezza mai veramente percepite prima.
Di questo dobbiamo un “Grazie!” all’Autore impegnandolo, però, a proseguire , con questo stesso ritmo e questo stesso entusiasmo, a farci visitare altri momenti delle vite dei tre meravigliosi paladini di quel cambiamento che ancora oggi resta alla base della nostra civiltà.
N°45 del 08/06/2022