Elezione del Capo dello Stato – La rivolta del Parlamento

-di Romano Bellissima-

Le recenti votazioni del Parlamento, a camere riunite, per la elezione del nuovo Capo dello Stato hanno messo in evidenza la profonda crisi della partitocrazia e l’inadeguatezza del modello della rappresentanza popolare. I partiti, specialmente quelli di più recente formazione, si sono rivelati privi di obiettivi e di strategia politica, incoerenti e incapaci di dialogare tra loro per realizzare scelte condivise per il bene comune.

La nostra è una Repubblica parlamentare, dove però sono i partiti politici a scegliere i parlamentari e a suggerirgli le scelte da compiere. I cittadini- elettori, legittimano queste scelte attraverso il loro voto al partito. Questo meccanismo pone alcuni problemi: primo, quando un parlamentare cambia partito, per conto di chi esercita la rappresentanza in parlamento? Non rappresenta più il partito che lo aveva candidato e nemmeno gli elettori che avevano votato per quel partito. Quindi diventa un cittadino super privilegiato che, pur rappresentando solo se stesso, gode del privilegio di votare le leggi e le massime carica dello stato. Secondo, gli elettori che avevano scelto di dare forza di rappresentanza ad un determinato partito, in seguito all’abbandono di uno o più deputati, vedono parte della loro rappresentanza andare a rafforzare aree politiche avverse a quella che avevano scelto col proprio voto. Una situazione che fa a pugni con la democrazia rappresentativa.

Alcuni sostengono che basta togliere il vincolo di mandato in modo che, se uno cambia partito decade automaticamente da parlamentare. Una tale scelta, lungi dal risolvere il problema, lo aggraverebbe ulteriormente poiché renderebbe il parlamentare ulteriormente dipendente dal partito privo di volontà propria per scegliere in libertà di coscienza, rappresentare e interpretare l’interesse nazionale.

L’unica soluzione potrebbe essere reintrodurre il voto di preferenza, lasciando, come giusto che sia, la libertà di scelta agli elettori, senza bisogno di modificare il vincolo di mandato che assicura al parlamentare la libertà di agire secondo coscienza e di rispondere del suo operato esclusivamente ai propri elettori. La recente elezione del capo dello stato ha evidenziato quanto sia urgente assicurare e rafforzare l’autonomia del parlamento e dei parlamentari per una corretta funzionalità istituzionale.

La soluzione della crisi istituzionale che ha portato alla rielezione del Presidente Sergio Mattarella per un nuovo settennato, è maturata grazie all’iniziativa di un cospicuo numero di parlamentari che in autonomia, constatata l’incapacità dei vertici dei partiti di proporre una soluzione condivisa e fare cessare lo scempio delle bocciature di personalità di altissimo profilo etico culturale, presentati come candidati di bandiera. I parlamentari hanno prima sondato, attraverso un certo numero di voti su Mattarella e vista la positiva risposta dei diversi settori del parlamento, hanno chiesto, tramite i rispettivi capi gruppo parlamentari e non i capi partito, al Presidente Mattarella la sua disponibilità per un secondo mandato presidenziale al fine di superare la crisi in atto. A tale richiesta il Presidente Sergio Mattarella non ha potuto fare altro, stante la sua nota sensibilità istituzionale, che rispondere “Obbedisco” e il Parlamento, riaffermando la sua centralità, lo ha eletto a larghissima maggioranza con un generale sospiro di sollievo per la positiva conclusione trovata.

Adesso spetta ai partiti analizzare seriamente le loro carenze e porvi rimedio, nel rispetto della democrazia, delle istituzioni e della Costituzione, a partire da una legge elettorale che restituisca agli elettori il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti in parlamento. I partiti possono contribuire ad orientare l’elettorato proponendo ampie rose di candidati su cui gli elettori potranno scegliere i propri rappresentanti. I Parlamentari debbono tornare ad essere i rappresentanti del popolo e se vogliono anche dei partiti.

N°13 del 02/02/2022

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