MARIA RITA GISMONDO: “Basta col precariato nel mondo della ricerca! Prolungare lo stato di emergenza? Allo stato attuale dei fatti, saremmo gli unici a farlo in Europa”

-di PIERLUIGI PIETRICOLA

 

Maria Rita Gismondo, Professoressa e Direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze presso l’Ospedale Sacco, ha scritto un libro bellissimo e che sta riscuotendo molto successo a pochi giorni dalla sua pubblicazione: Ombre allo specchio. Bioterrorismo, infodemia e il futuro dopo la crisi.

Insieme con l’autrice, entriamo nei dettagli del suo libro sempre tenendo d’occhio l’attualità e le ultime notizie relative alla diffusione del Sars CoV2 in Italia.

 

 

Professoressa Gismondo, lei inizia il suo libro raccontando un po’ la storia della sua vita, concentrandosi in particolare sugli anni universitari come studentessa prima e poi come scienziata e docente. Secondo lei il mondo universitario di oggi è migliore o peggiore rispetto al passato?

Dipende da quale prospettiva lo si osserva. Se consideriamo che oggi è più facile avere scambi culturali fra paesi, che dal punto di vista scientifico e della preparazione individuale siamo nettamente anni avanti: considerando tutto questo, non posso che dire che il mondo universitario di oggi è migliore di quello di ieri. Non posso, purtroppo, affermare lo stesso per ciò che concerne i ricercatori e le loro prospettive professionali. In questo caso, ci troviamo davanti a una situazione di perenne precariato. Intendiamoci: io sono dell’idea che un ricercatore debba fare esperienze diverse senza radicarsi in modo ossessivo ad un’unica realtà. Ma questo non può né deve mai tradursi in una incertezza professionale come, purtroppo, è accaduto e sempre più sta accadendo in Italia. Da questo status quo la sola conseguenza che ne deriva è la pochezza qualitativa dei progetti di ricerca. Ciò che non è un bene.

In cosa è carente la ricerca scientifica in Italia?

Ci sono delle disattenzioni per ciò che riguarda la ricerca scientifica di base, la quale non trova facili finanziamenti. A meno che essa non si riveli per gli investitori privati un business che faccia loro intravedere guadagni di ritorno.

Lei, come racconta nel suo libro, ha faticato molto ad affermarsi professionalmente.

Sì, moltissimo. Il mio percorso è stato tutto in salita, una vera pertica verticale affrontata da una persona non atleta. Il mondo scientifico in Italia risente di un’organizzazione impostata su un modello prettamente maschile. Questo, ovviamente, non rende tutti gli uomini colpevoli. Però è un dato di fatto impossibile da disconoscere, e che pone a noi donne una serie di ostacoli. Uno fra tutti e che è il più emblematico: il fatto che, arrivata a una certo punto del suo percorso professionale, la donna si trova costretta a scegliere fra la carriera e la vita privata. Non deve essere così.

Lei in più occasioni ha mostrato determinazione e fermezza di carattere. Si è mai pentita di qualcosa?

Sì: di non essere stata più aggressiva sul piano dell’azione legale. Di questo mi sono pentita. Ma per il resto, rifarei tutto nello stesso identico modo.

Di questo aspetto forte, deciso del suo carattere, ne abbiamo avuto prova all’inizio della vicenda del Sars CoV2, quando lei disse – come altri suoi colleghi affermarono, fra cui Ilaria Capua – che si trattava di un virus poco più serio della comune influenza.

Sì, con la differenza che si sono ricordati solo di me e tralasciando il fatto che quello che affermai io lo dissero, oltre a Ilaria Capua, Fabrizio Pregliasco, Roberto Burioni ed altri.

Perché è accaduto secondo lei?

Forse perché si sa, si è saputo, che sono una persona molto determinata. Ciò che dissi in quel post di fine Febbraio, con le condizioni che c’erano allora, non lo rinnego e lo riscriverei. Tutto quello che io ho detto – e che altri colleghi hanno affermato – si è sempre basato sulla mia esperienza scientifica e sui fatti. È un fatto che il Sars CoV2 ha causato poco più di 30 mila decessi (le infezioni nosocomiali annue sono più di 50 mila). Nel massimo rispetto per coloro che hanno perso i propri cari, non ci troviamo di fronte a un catastrofico numero di morti.

A tal proposito che ne pensa del rapporto appena pubblicato dall’Iss e dall’Istat, che afferma che nell’89% dei casi i decessi avvenuti tra Febbraio e Giugno sono dovuti al Covid-19?

Penso che si tratti di un rapporto scritto in modo oscuro. Onestamente, ad una prima lettura, non si capisce. È un rapporto strano, davvero poco chiaro. Non ultimo perché smentisce ciò che anche l’Iss e l’Istat hanno sempre affermato fino alla settimana scorsa. Lo rileggerò e approfondirò, ma per il momento mi pare si tratti di un documento che si basa su dati veritieri interpretati e analizzati con termini ambigui.

Lei condivide l’ipotesi di prolungare lo stato di emergenza fino al prossimo 31 Ottobre?

Saremmo la sola nazione europea a farlo. Che senso avrebbe? Uno stato di emergenza lo si attua quando vi sono le condizioni per farlo, non in previsione di qualcosa che non si sa se accadrà o non accadrà. Al momento in Italia non vi sono i presupposti per un’operazione del genere. Quindi perché farlo?

Pare che sia una opinione condivisa di tutto il comitato tecnico-scientifico di supporto al Governo.

Noi assistiamo a decisioni politiche. Non sappiamo cosa realmente ha detto o non detto, consigliato o non consigliato al Governo il Comitato tecnico-scientifico.

Però ogni giorno pare che il numero dei positivi cresca sempre di più.

E allora? A parte il fatto che occorre differenziare tra contagiati e chi incontra il virus. In microbiologia si fa questa distinzione: chi incontra il virus senza sviluppare sintomi non si definisce contagiato. Chi, invece, lo incontra e sviluppa i sintomi si definisce contagiato. Ciò detto, i numeri che ogni giorno vengono ostinatamente comunicati come i bollettini di guerra, comprendono sia coloro risultati positivi al tampone che coloro che sono risultati positivi ai test sierologici. Un guazzabuglio senza fine. I focolai di cui sentiamo parlare non danno origine ad epidemie, sono una manifestazione naturale quando ci si trova nella fase finale di una pandemia. In più, coloro che oggi risultano positivi al tampone, non sviluppano la malattia. Basta con questo terrorismo e con questa infodemia.

Chi vuole conoscere i dati relativi ai contagiati, dove può consultarli?

Sul sito Iss-epicentro.

pierlu83

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