De Crescenzo e Marisa Laurito: storia di un’amicizia.

-di PIERLUIGI PIETRICOLA-

“La scomparsa di Luciano è una ferita che non si chiuderà facilmente”. È con queste parole, sincere e tutt’altro di circostanza, che Marisa Laurito ha deciso di ricordare De Crescenzo, lo scrittore recentemente scomparso che ha regalato pagine esilaranti ed ore di piacevole lettura, senza mai dimenticare che cultura e divertimento non sono poli opposti del sapere, ma facce della stessa medaglia.

Signora Laurito, come vi siete conosciuti con De Crescenzo?

Ci conoscemmo ai tempi di un film che girai con Sergio Corbucci, La mazzetta. Luciano era lo sceneggiatore. Ricordo che affrontai un provino di ben quattro ore a seguito del quale venni scelta come protagonista femminile. Il primo giorno di riprese incontrai, lui: Luciano. Aveva un abito blu bellissimo. Ognuno di noi, nel suo cuore, sa bene il significato degli incontri che si fanno nella vita, e io avvertii immediatamente che quella conoscenza non sarebbe stata semplicemente occasionale e passeggera. Difatti con De Crescenzo c’è stata un’amicizia vera, intensa, che è iniziata dal 1975 ed è durata fino all’ultimo. Lui era un uomo elegante e gentile di animo.

Quali altre doti ricorda di De Crescenzo?

La bontà. Luciano era un uomo autenticamente buono nel profondo, ed è una dote che raramente capita di incontrare fra gli intellettuali. Lui parlava con tutti senza guardare le persone dall’alto in basso. Così parlò Bellavista, ad esempio, è un libro che racconta gli uomini del popolo, è una rappresentazione vera e piena di affetto della Napoli del sottoproletariato.

E, invece, un difetto di De Crescenzo?

Un difetto che aveva era quello di arrabbiarsi spesso. Io e lui avevamo, su molte cose, opinioni diverse: sulla politica, su un cantante e tanto altro. Mi ricordo che per il film sulla Traviata lui voleva un’interprete che a me non piaceva per niente, mentre a lui sì. Anche in quel caso discutemmo animatamente. Però non era tipo da serbare rancore. Io e lui parlavamo di tutto, anche perché in fondo eravamo complici. E questa penso sia una cosa davvero straordinaria.

De Crescenzo si aspettava che Così parlò Bellavista avrebbe riscosso un successo strepitoso?

No. Neppure se lo era immaginato. C’è da dire che Luciano era un talentuoso, non solo nella scrittura ma anche come disegnatore ad esempio. Il suo primo libro, Raffaele, raccoglieva tutte vignette da lui disegnate su questo personaggio molto sfortunato. Era un’opera deliziosa.

In De Crescenzo prevaleva lo scrittore o l’ingegnere?

Lui era fondamentalmente un ingegnere filosofo. Su questo duplice aspetto della sua personalità ironizzava moltissimo. Se, ad esempio, si parlava di astrologia lui rispondeva: “Ma io sono un ingegnere”!

De Crescenzo ebbe anche una prolifica attività in qualità di divulgatore. Basta ricordare l’enorme successo che ebbero i suoi Miti greci.

Quel lavoro fu un colpo di genio. Ma Luciano era un tipo umile, al punto che mai nella sua vita si è definito “filosofo”. Io penso che, a suo modo, egli sia stato un pensatore, e non solo scrittore e divulgatore.

Qual è, a suo avviso, il merito più grande che il lavoro di De Crescenzo ha avuto?

Migliorare la gente che non ha cultura perché, magari, non ha avuto possibilità di studiare e approfondire certi ambiti del sapere. Questo gli intellettuali non lo hanno mai riconosciuto a Luciano. Ma molte persone hanno preso a studiare filosofia proprio grazie ai suoi libri. Mi pare un merito grandissimo e che non si può sottovalutare. Non ultimo perché, come diceva anche Andrea Camilleri, la cultura non è ad appannaggio di poche persone, ma proprietà comune da condividere.

Lei ha portato in scena, nella stagione appena conclusasi, una versione teatrale di Così parlò Bellavista insieme con Geppy Gleijeses. De Crescenzo l’ha vista?
Sì e questa operazione è stata possibile grazie alla figlia di Luciano. Lui vide la prova generale. Lo spettacolo è stato un grande successo. Il pubblico in sala ripeteva le battute a memoria. E questo mi pare che sia il modo più bello per ricordare De Crescenzo: sentirlo vivere nei cuori e negli animi delle persone. Io, per quanto mi riguarda, farò il possibile affinché il suo lavoro e il suo ricordo non si disperdano. Il suo studio abbiamo intenzione di mantenerlo per farne una fondazione. Vediamo cosa succederà. Però posso dire che la città di Napoli ha già onorato la memoria di questo grande uomo.

Come?

Intitolando un vicolo che lui amava molto, vicolo Belledonne, a Luciano De Crescenzo. Come primo passo mi pare che non c’è male.

pierlu83

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