Thoreau rivisitato

-di PIERLUIGI PIETRICOLA-

Da qualche mese a questa parte ho rivalutato il treno come mezzo di locomozione per spostarmi dalla provincia – dove vivo – alla città di Roma. Ciò mi consente di osservare l’umanità che popola i vagoni al mattino: persone, per lo più, silenziose o ciarliere (queste ultime non così interessanti, perché affrontano sempre argomenti banali e frivoli ai limiti della scipitaggine). Alla fermata Acqua Acetosa, poco prima di Ciampino, intorno alle nove del mattino, sale sempre un ragazzo che dalla prima volta ha attratto la mia attenzione. Costui ha un atteggiamento diverso dagli altri. Innanzitutto si isola rispetto a chi gli sta intorno. Isolamento ribadito da una serie di evidenze che assumono valore: scuri occhiali da sole sempre indossati anche quando non ci sarebbe necessità; cuffiette nelle quali suoneranno musiche ad un volume, mi viene da pensare, alto per evitare di essere permeato dalle chiacchiere degli altri; infine – ed è l’aspetto più interessante – un libro da leggere (che ultimamente non ha più), e che viene aperto dal momento in cui sale in treno fino all’arrivo alla stazione Termini. Un giorno questo ragazzo, di poco più di trent’anni suppongo, si è seduto a un posto accanto al mio, dandomi modo di leggere il titolo del volume che aveva fra le mani: Walden ovvero Vita nei boschi e Disobbedienza civile. Se non ricordo male, entrambi pubblicati in un unico volume e in una traduzione dell’editore Feltrinelli in edizione economica. Autore del libro: Henry David Thoreau. Non credo ci sia bisogno di dire chi sia questo scrittore, filoso e poeta americano. E se c’è qualcuno che ancora non lo sa, può andare in libreria e leggere qualche suo testo – per altro con gran profitto. Quello che trovo interessante, è il messaggio di Thoreau e il fatto che ancora oggi attragga una certa parte di lettori. Questo messaggio potrebbe a un dipresso essere riassunto così: è necessario riscoprire un rapporto sano, di estasi addirittura, con la natura abituandosi a non vederla più come entità diversa od opposta da noi. Associata a questa idea, vi è l’altra che esprime la giustezza, nonché l’obbligo, di non rispettare le leggi qualora queste ultime risultino contro la coscienza individuale e i diritti fondamentali di ciascuno di noi. Quella che Thoreau tratteggia, in buona sostanza, è la teoria di una rivoluzione non violenta, che nel rivalutare i vantaggi di una vita sana e al di fuori delle logiche del mercato e della società industrializzata e secolarizzata, può – con grande beneficio per ciascuno – farci scoprire che non è necessario divenire schiavi di un sistema produttivo venendo meno alla propria dignità, ai propri principi, ai propri desideri ed alle proprie ambizioni. Che si condividano o meno tali posizioni, è cosa di poco conto. Il punto da affrontare, invece, è: perché un ragazzo dei nostri giorni le trova interessanti? Cosa può comunicare in più, oggi, Thoreau rispetto ai suoi contemporanei? Domande che meritano una risposta, e che non posso dare io nel breve spazio di un articolo. Un giovane che – considerato l’abbigliamento e altri accessori (piercing e telefono cellulare soprattutto) – è indubbiamente alla moda, e quindi figlio del suo tempo (chi più chi meno finiamo per esserlo tutti), che necessità ha di familiarizzare col pensiero di Thoreau? Non voglio, né posso crederlo, che si tratti di pura e autolesionistica volontà di isolarsi in uno sterile solipsismo che a nulla porterebbe di buono. Se ciò fosse, significherebbe che questo ragazzo è semplicemente uno sciocco che nessun pensiero di una certa rilevanza riuscirebbe a cambiare in meglio. Io penso, invece, che le giovani generazioni sentano il bisogno di raccogliersi in sé, isolandosi dal rumore e dalla confusione circostanti, per comprendere meglio cosa realmente desiderano per la loro vita. Perché, suppongo, questa società non riesce più a soddisfarle in quanto non fornisce risposte adeguate a desideri e speranze che è giusto nutrire e pretendere di realizzare in modo decoroso e dignitoso. È retorico tutto questo? Non credo. Ognuno di noi nutre rosee aspettative sul proprio futuro. Semmai sono retoriche quelle risposte che si danno tanto per parlare e che poi finiscono per tramutarsi in vuote parole senza fatti concreti. A un ragazzo di oggi l’aleatorietà di impegni sbandierati ai quattro venti difficilmente sfugge. Quindi si chiede, questo ipotetico ragazzo, perché vivere in una società nella quale non vi è opportunità di esprimersi e dove desideri ed opinioni vengono ignorati o – nei casi migliori – dileggiati? Da qui l’esigenza di isolarsi dando a questa condizione una solida struttura. Da qui la necessità, per alcuni, di rileggere e ripensare Thoreau e la sua pacifica disobbedienza civile. Sarà così anche per questo ragazzo che, quasi tutte le mattine, più o meno intorno alle nove dalla fermata Acqua Acetosa sale sul treno per andare a Roma? Se costui leggerà mai queste righe e si è riconosciuto, che si faccia sentire e spieghi se si sente o meno soddisfatto dalla sua vita in tale contesto sociale. E, soprattutto, ci racconti quali universi e quali risposte il suo Thoreau letto di recente gli ha saputo fornire e in che modo può averlo arricchito nell’animo e nei pensieri.

pierlu83

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