Da Giulio Cesare a Virginia Raggi: microstoria del trasporto pubblico romano

-di STEFANIA CONTI-

Il traffico urbano a roma è stato da sempre un problema. Risale a Giulio Cesare il divieto – mantenuto per tutta l’era imperiale – di circolare con i veicoli nella città dall’alba al tramonto. E valeva per tutti, escluse le vestali e i carri carichi di materiali per opere pubbliche. I ricchi  se ne infischiavano perche avevano  le lettighe trasportate dagli schiavi, ma c’era chi , come marziale,  lamentava il fracasso infernale nella notte. Ma niente da fare. Dura lex sed lex.

Tutti a piedi anche nel medioevo . la città con gli assedi barbari, a partire da quello dei goti del 537, si spopola e chi rimane passa il tempo nel breve cerchio del suo nucleo abitativo. Però si cominciano a vedere i primi trasporti con animali da tiro e da sella – tanto la vita caotica dei tempi d’oro non c’era più. Durerà per tutto il medioevo, ma è alla metà del 1500 che si cambia pagina. Arriva la carrozza. Forse – secondo quanto riporta umberto mariotti bianchi, romanista e studioso di archeologia industriale – inventata in Ungheria un secolo prima.

A papa Pio IV non piace (raccomanda ai cardinali di lasciare la carrozza alle donne e di continuare a girare per la città con il più virile cavallo) , ma il suo successore Pio V la usa e comincia a piacere anche all’opinione pubblica, quella ricca – s’intende.

Ogni innovazione tecnologica comporta una piccola rivoluzione sociale e anche quella del trasporto pubblico collettivo lo è stata. Abitudini millenarie di vita quotidiana cambiano . E cambiano le

città. Al punto che a roma Gregorio XIII dovette sventrare e raddrizzare le strette e antiche vie per consentire il transito a quelli che allora erano considerati mastodonti.

Dicevamo che le usavano i ricchi (debitamente tassate : 2 scudi al mese per ogni carrozza nel 1600), ma compaiono anche quelle a noleggio, tassate pure loro però almeno i proventi andavano alla lastricatura delle strade cittadine.

Il trasporto pubblico, quindi,  comincia a democratizzarsi perché l’affitto può permetterselo una parte più larga – anche se non moltissimo – dei cittadini.

>Ma bisogna arrivare all’800, alla rivoluzione industriale per cominciare con il vero trasporto di massa. Arriva la cosiddetta carrozza di piazza, antenata del nostro taxi, che fa smettere ai romani  di andare solo a piedi. La carrozza riservata alla nobiltà di sangue e di toga era fastosa ed opulenta, quella di piazza era nera e austera. Ma un regolamento del 1870 prescrive che siano <solide- comode,facile a salirvi, fornite di buone molle e buoni cuscini> come ci racconta sempre mariotti bianchi. Comunque già nel 1859 una guida turistica francese ci fa sapere che oltre agli omnibus , ci sono quelle che ancora oggi chiamiamo “botticelle”, private, per poche persone, i cui conduttori dovevano essere assai maleducati se una legge del 1823 (mai approvata) ingiunge loro di parcheggiare in maniera più civile.

Nel 1870 , come si sa, arrivano gli italiani. O meglio <ariveno i piemontesi>, come dicevano i romani . E la popolazione dell’urbe raddoppia. I gestori degli omnibus (concessionari privati) si rimboccano le maniche, si associano nella “impresa romana degli omnibus”, incentivano le corse, varano anche linee finora considerate minori e finalmente attivano un collegamento con la stazione Termini in coincidenza con gli arrivi e le partenze dei principali treni. Nel 1887 ci sono 21 linee di omnibus per un totale di 63 chilometri.

Nel 1887 a roma è già attivo – novità delle novità- un altro servizio: il tramways . anch’esso a cavallo, ma  le vetture scorrono su rotaie  di ferro. Un altro cambiamento dell’arredo urbano. Ce ne sono 5 linee e partono ogni 4 minuti. E per la prima volta su di loro compaiono i cartelloni pubblicitari. 

Ma il progresso va avanti. E arriva l’elettricità . Verso la fine del XIX secolo compare il tram elettrico. Che scalza per primo il trasporto a cavallo, ormai quasi tutto in perdita . Un episodio curioso ma emblematico: il 31 dicembre del 1899 , a un soffio del nuovo secolo, un tram a motrice elettrica si scontra con un omnibus. Nessun ferito, ma un simbolo di qualcosa che, proprio come il secolo, se ne va.

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