La politica italiana: nave senza nocchiero

-di MAURIZIO BALLISTRERI-

Doveva essere la legislatura della III Repubblica quella nata il 4 marzo e, invece, complice un sistema elettorale perverso, siamo tornati nei riti e nel pantano di alcune fasi della Prima.

La difficoltà di formare un governo, a causa della tripolarizzazione del sistema politico, ha riesumato, assieme all’obbligo delle coalizioni, ipotesi come “preincarico” e “incarico esplorativo” di governo, mentre i 5 Stelle ripropongono proposte da vecchio repertorio anderottiano, come la “politica dei due forni”, chiedendo indifferentemente a Pd e alla Lega di formare un governo, senza alcun discussione sui programmi, per tacere dell’attendismo (che nasconde un acritico e veteroatlantismo) di Di Maio sulla grave crisi siriana e sui venti di guerra nel Mediterraneo. E così, nel mentre la regia viene svolta da un presidente della Repubblica espressivo del partito centrale della I Repubblica, la Democrazia cristiana, la dialettica tra i vari soggetti politici (non esistono più partiti!) si sta disvelando per una sorta di neodoroteismo ammantato da assemblearismo in alcuni casi con accenti giacobini, cortina fumogena per coprire operazioni di potere, che ripropongono l’attualità delle teorie elitiste in politica.

E tutto ciò si consuma mentre la società italiana vive una condizione di profonda diseguaglianza, divisa e impoverita, individualista e atomizzata in un paese in pieno declino economico e sociale, con una larga sfiducia verso le  istituzioni, la classe politica e i cosiddetti “corpi intermedi”, chiusi in una sorta di corporativismo autoreferenziale non giuridificato, mentre finiti i grand commis del nostro capitalismo di stato, spazzato via dalla (pseudo)rivoluzione liberista voluta senza distinzioni dai cosiddetti poli, centrodestra e centrosinistra, della II Repubblica, l’economia italiana è in mano a un’imprenditoria privata di basso profilo, incline a svolgere il ruolo di borghesia compradora per conto della grande finanza e dei monopoli globali, terra di conquista per raiders spregiudicati, soprattutto transalpini, espressione di una Nazione che con Macron, come testimonia la vicenda siriana, è oltremodo preda della sindrome della “grandeur”.

Un paese, l’Italia, diviso tra un Nord identitario e autoconservativo e un Sud ribellista ma con perduranti scambi clientelari, con una sinistra (?)  che ha tagliato il proprio riferimento sociale, divenendo espressione delle élites e della nomenklatura e una politica in generale che trasversalmente, nella comunicazione e nei linguaggio, assume sempre più il populismo come riferimento della propria cultura, affidato alla televisione e ai social network, più che alla presenza nei conflitti sociali e del lavoro e sul territorio, ai comizi in piazza e alle assemblee nei quartieri.

Insomma una politica virtuale e inconcludente, che rischia di lasciare ulteriormente la crisi italiana senza soluzioni, i giovani in fuga, i disoccupati nella disperazione, il ceto medio sempre più vessato e impoverito, gli anziani abbandonati, il Sud senza speranza, riproponendo l’invettiva del sommo poeta Dante Alighieri nel VI Canto del Purgatorio della Divina Commedia: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”.

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