Il soldato georgiano vittima della tortura

-di MAGDA LEKIASHVILI-

L’incubo della guerra in Georgia sembra non avere fine. L’intervento militare della Russia nel territorio georgiano nell’agosto 2008 ha lasciato come cicatrice il filo spinato, che delimita la frontiera fra i due paesi. A parte le centinaia di morti, migliaia di sfollati e il 20% dei territori occupati, il paese subisce ancora la presenza dei soldati russi anche nelle zone vicino alla capitale Tbilisi, territori dichiarati, dalla giurisdizione internazionale, come parte della Georgia. Attualmente il governo georgiano non può esercitare il suo potere esecutivo nell’Ossezia del Sud e nell’Abchasia, visto che tutte e due le regioni sono sotto il controllo del Cremlino e lo scenario politico da realizzare va sempre scritto nel palazzo della Piazza Rossa a Mosca. Ma in Georgia sembra di essersi abituati al costante spostamento di alcuni centimetri del filo spinato verso l’interno del territorio georgiano. Dopo ogni tipo di intrusione e dopo ogni limitazione della libertà dei civili che popolano le zone “calde”, i rappresentanti del governo non parlano altro che di una provocazione. Quindi, cercano di essere diplomatici e di non offendere il “vicino”, anche se questo accade a spese dei propri concittadini. Come se non bastasse il dramma del filo spinato, sono a rischio le vite dei civili e dei militari.

Il 22 febbraio scorso, vicino al villaggio Akhalgori, comune dell’Ossezia del Sud, dove si trova il punto di controllo di frontiera fra la Russia e la Georgia, hanno rapito tre soldati georgiani, tra i quali, uno, Archil Tatunashvili, è stato assassinato. I due suoi colleghi dopo un paio di giorni di prigione sono stati rilasciati. Il 23 febbraio, Tatunashvili è stato picchiato durante il tragitto verso il carcere di Tskhinvali, capitale della regione separatista Ossezia del Sud, dopodiché finì in ospedale. I media russi hanno affermato però che il soldato non è riuscito mantenere l’equilibrio mentre opponeva resistenza, per cui, è scivolato sulle scale ed è stato portato immediatamente al pronto soccorso, dove non ce l’ha fatta. Secondo le informazioni divulgate da parte del governo separatista il motivo “ufficiale” della sua morte è stato un infarto.

In Georgia nessuno crede a questa versione e i sospetti sulla morte di Tatunashvili stanno aumentando.  Una cosa è certa, Tatunashvili era già morto quando è stato portato all’ospedale. Lo dimostrano anche le testimonianze dei medici che sono intervenuti.

La famiglia della vittima ha dovuto aspettare il corpo di Tatunashvili ben più di tre settimane. Non hanno avuto risultati le numerose richieste e le manifestazioni degli attivisti civili per riportare il corpo del militare a casa. La risposta da parte dei separatisti è stata sempre negativa. Dicevano di aver mandato il cadavere per sottoporlo ad autopsia e finché il Cremlino non avesse ordinato un suo trasferimento in patria, non avrebbero potuto far nulla. Solo il 20 marzo la salma è arrivata in Georgia.

Il fatto di aver tenuto il cadavere per un periodo così lungo è stato forse un tentativo di nascondere il vero motivo della sua morte. Si notano ad occhio nudo i segni di violenza e di tortura. Lividi ovunque, l’indice destro tagliato… è la firma russa, le stesse modalità di sevizie praticate nel corso della guerra. Pratiche utilizzate per disprezzare il prigioniero, per vendicarsi e dare una lezione, non potrà usare mai più premere un grilletto, quindi usare un’arma.

Molte domande rimangono senza risposta. Perché questi soldati sono stati rapiti? Perché sono stati mandati in prigione? Perché nessuno ha parlato delle torture quando sono così visibili? Perché è così oscura la storia raccontata dal Cremlino, secondo cui Archil Tatunashvili stava preparando il genocidio degli ossetini? E, infine, come mai questa storia è venuta alla luce solo dopo la morte del soldato?

Sono domande per le quali avere risposte è nell’interesse del governo georgiano. Finché anche una sola vita è in pericolo nelle vicinanze e nei territori occupati la politica georgiana deve essere rigida. Vanno denunciati i crimini russi. Così come vanno protetti i propri cittadini. Non c’è più il tempo per l’astensione, per le indecisioni. Nel frattempo si possono perdere altre vite.

La società civile in Georgia si allarma. Chiedono le risposte al governo che deve essere responsabile per la sicurezza del paese. Migliaia di cittadini georgiani hanno firmato la petizione per dare il nome di Archil Tatunashvili ad una via che oggi, nella capitale Tbilisi, porta il nome della “piazza mosca”.

Non è la prima volta che la Georgia si trova da sola davanti alla prepotente Russia. Il 19 maggio 2016, un 31enne georgiano è stato ucciso dalle guardie di frontiera dell’Abchasia, vicino al Khurcha-Nabakevi, punto di passaggio che divide la regione separatista appoggiata da parte russa dal resto della Georgia. La missione di monitoraggio dell’Unione Europea in Georgia ha confermato che le guardie di frontiera separatiste dalla parte abchasa hanno un ponte attraverso il quale sono entrate nella zona amministrata da Tbilisi per uccidere la vittima che è stata successivamente identificata come Giga Otkhozoria. Neanche in questo caso sono stati giudicati i colpevoli. Per cui i cittadini temono ogni giorno per la propria vita, per adesso non ci resta che convivere con paura.

 

magdalekiashvili

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