Risultati attraverso il dialogo: una lezione politica per il Paese

-di PINO TURI-

CONTRATTO SCUOLA | diritti universali che erano stati messi in discussione dalle politiche di questi dieci anni e che con questo contratto ridiventano patrimonio politico dei lavoratori.

La firma dopo un lunghissimo negoziato. Risorse date blindano gli aumenti che avremmo voluto.
Ma questo contratto disegna il modello di scuola che vogliamo e da più fiato alla contrattazione.

La firma del  contratto bloccato per scelta politica da dieci anni, è un fatto non scontato,  ribalta la logica politica che voleva l’eliminazione dell’ intermediazione sindacale e  il superamento della contrattazione.

Il contratto appena sottoscritto offre una nuova prospettiva politica che dovrà trovare nuovi orizzonti strategici e riflessioni politiche nuove rispetto ai modelli neo liberisti che hanno ispirato le politiche di questi ultimi dieci anni.

Dal contratto esce rafforzato il modello di scuola, quello  democratico e partecipato, disegnato dalla costituzione e restituisce all’istituzione scuola il ruolo che la società le assegna.
E’ importante ricordare che nelle recenti rilevazioni Demos,  la fiducia degli italiani nelle istituzioni, pone  saldamente la scuola al terzo posto dopo il Papa e le forze dell’ordine; nella stessa rilevazione i sindacati salgono nella fiducia degli italiani e le forze politiche restano  posizionati agli ultimi posti.

Un fatto del quale la politica dovrà tenere conto. Proprio come è accaduto nel rinnovo del CCNL, si tratta di tradurre da questi avvenimenti la lezione politica per il paese.

Non si tratta solo di  restituire al personale la dignità che loro spetta e che solo il contratto può dare, ma significa rimettere al centro del dibattito le politiche di welfare per garantire diritti universali come salute ed istruzione a cui i cittadini non vogliono rinunciare in nome di un efficientismo  di maniera che riporta ogni cosa al mercato e alle sue regole.

Si sa,  un mercato senza regole  allarga le disuguaglianze, impoverisce larghi stati di popolazione, non dà prospettive per i giovani,  criminalizza gli anziani, le scelte politiche decidono di denigrare  i pubblici dipendenti trattati da fannulloni; poi si esprime meraviglia, quando il Censis rappresenta la società italiana rancorosa ed arrabbiata, una società che si divide, invece che unirsi, porta in sé i problemi sociali che ogni giorno viviamo e che incidono negativamente sulla percezione di una  qualità della nostra vita, sempre peggiore.

Il modello di scuola italiano che non ha nulla da invidiare a modelli europei  se non per la scarsità delle risorse investite, rappresenta per gli italiani un modello che la identifica come la scuola della repubblica, dello Stato, aperta a tutte e a tutti,  un modello che come sindacato abbiamo voluto definire in un manifesto sottoscritto da migliaia di persone, già prima dell’apertura del contratto la  scuola comunità educante, democratica e partecipata, lontana dal modello che ha ispirato la riforma della c.d. “buona scuola”.

Il contratto è stato rinnovato avendo come principio ispiratore questo  modello di scuola: una  istituzione costituzionale, così come la definì Piero Calamandrei.
Non scuola di stato, ma dello Stato che con un meccanismo di pesi e contrappesi democratici e di partecipazione, deve  garantirne la libertà e l’indipendenza per riconoscere il diritto all’istruzione dei cittadini.

Bene,  questo contratto, va in questa direzione, restituisce agli Organi Collegiali la centralità che meritano, alla funzione  docente il ruolo di specificità che si riflette  anche sulle altre professionalità della scuola ed assegna anche un ruolo di partecipazione ad alunni e famiglie.

Riprende, in sostanza,  il percorso indicato dalla costituzione che ha fatto della scuola italiana un modello da esportare;  molti sono stati, in questi anni scambi culturali, i sindacati europei  che sono venuti a studiare e conoscere il nostro modello di integrazione scolastica: un modello che ci riempie di orgoglio e che rappresenta un esempio da seguire per molti paesi in Europa e nel mondo.

Un sistema di integrazione che ha considerato tutti, come persone, con le loro individualità.
Questo per tutti: da chi è diversamente abile per problemi fisici, psichici, chi ha altra etnia o cultura.
La scuola italiana non ha mai messo fuori nessuno, li ha integrati, li ha messi in condizione di sentirsi parte di una comunità.

Probabilmente è il motivo per cui in Italia non si sono visti i fenomeni terroristici che, invece, hanno caratterizzato altri stati europei che avevano sposato altri modelli, più ispirati alle regole di mercato che tendono ad emarginare e non ad integrare.

Bisogna, insomma  tornare alla scuola funzione dello stato e non a quella di servizio a domanda individualizzata che induce ad  una competizione ingiusta e precoce che crea divisioni e blocca l’ascensore sociale che ne aveva caratterizzato l’Italia negli anni del boom economico.

Purtroppo, però la nostra classe politica ed imprenditoriale è più propensa alla omologazione che ad elaborazioni profonde che affondano nel tessuto sociale della nostra suola,  della nostra cultura.

Come si può immaginare è stato questo lo scontro più duro nel rinnovo contrattuale, proprio per questo non ci potevamo permettere il lusso di non firmare questo contatto e presentarci al nuovo Governo e Parlamento senza alcun risultato politico.

Sarebbe stato irresponsabile assecondare gli umori, la rabbia piuttosto che considerare le ragioni e gli interessi della Scuola.

Certamente, e ne siamo pienamente consapevoli, le risorse disponibili sono insufficienti per compensare un lavoro che diventa sempre più difficile per le profonde trasformazioni sociali, che normalmente entrano nel vissuto delle comunità scolastiche che sono lo spaccato fedele della società, con i suoi mali e con le sue eccellenze.

Vogliamo però registrare positivamente che , ancora prima dei  riconoscimenti economici e normativo che sono stati  coerenti con l’accordo del 30 novembre 2016 tra governo e sindacati, il ruolo del sindacato diviene nuovamente centrale per la gestione e per le scelte  politiche che prima ancora che sindacali sono di natura  culturale.

Si tratta di diritti universali che erano stati messi in discussione dalle politiche di questi dieci anni e che con questo contratto ridiventano patrimonio politico dei lavoratori.

Ne  consegue  che per l’importanza dei settori dell’istruzione e Ricerca di questo nuovo comparto,  rivestono per lo sviluppo del paese, e che certamente meritano ancora impegni per la valorizzazione, servono  modelli condivisi e non calati dall’alto come  imitazione di quelli di altri paesi.

Questo contratto pone un’ipoteca forte sulle politiche che, a sentire la compagna elettorale, non sembra siano cambiate, si vuole riproporre la solita ricetta tagli alle spese e si sa sono scuola, sanità e pensioni, in cambio di una riduzione di tasse che serve solo ai benestanti che si potranno pagare istruzione e sanità e magri pensioni integrative.

Un ritorno ad un  medioevo sociale di  una società divisa e disgregata in cui si allargheranno le disuguaglianze, ma questo è compito che lasciamo ai partiti e ai cittadini che li dovranno  scegliere per la guida del paese;  il nostro lavoro lo abbiamo fatto indicando con questo contratto la strada da seguire.

Ma vediamo gli  aspetti politici  principali dell’accordo:

  • Il contratto rispetta i principi dell’accordo del 30 novembre 2016 e ristabilisce gli equilibri tra contrattazione e leggi, recuperando garanzie che interventi legislativi unilaterali avevano cancellato;
  • Ripristina concrete e nuove relazioni sindacali;
  • rinvia il nodo delle sanzioni disciplinari per i docenti esposti ai rischi di condizionamento con la possibilità di limitare la libertà di insegnamento, ad una successiva sequenza contrattuale.

Per noi della UIL SCUOLA, si tratta di una vittoria sindacale di grandissimo peso politico.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi