Giordano Bruno, preludi di socialismo

 

-di MAURIZIO BALLISTRERI-

Il 17 febbraio di 418 anni or sono, Giordano Bruno veniva condotto al rogo a Piazza Campo dei Fiori a Roma, dopo lunghi anni di carcere e sofferenze e financo di tortura, a piedi scalzi e con la lingua stretta nella mordacchia, condannato dal Tribunale dell’Inquisizione della Chiesa di Roma, presieduto personalmente dal papa, perché ritenuto “eretico, impenitente, pertinace” ed i suoi scritti, posti all’indice dei libri proibiti, bruciati.

Si è sempre ricordato il contributo dell’opera del grande frate domenicano per lo sviluppo del Libero pensiero contro i dogmi religiosi e l’intolleranza del potere. E in Giordano Bruno fu forte la polemica contro l’ordine costituito e suoi corifei: i pedanti (chierici, teologi, grammatici, lacchè del potere), ritenuti la follia del mondo, la vanesia negazione del buon senso e della razionalità, funzionali ai potenti: “vanno a buon mercato come le sardelle – scrisse in De la causa principio e uno – “perché come con poca fatica si creano, si trovano, si pescano, cossì con poco prezzo si comprano”. Il Nolano al principio divino, sostituì la Natura-Materia della Vita autosufficiente, essa sì divina, poiché generatrice di infiniti fenomeni e il valore dell’autodeterminazione dell’uomo, il quale crea autonomamente il proprio percorso di vita, del quale è responsabile, confutando così, coloro i quali si ritengono per diritto divino mediatori tra le coscienze e la Causa prima.

Ma Giordano Bruno non fu solo uno straordinario filosofo vicino all’interpretazione umanista che Plotino rende di Platone, ma anche colui il quale disegna una grande utopia, l’uomo libero dai dogmi, e un concreto progetto politico, valido per il nostro tempo.

Il frate domenicano che la Chiesa della Controriforma perseguitò come apostata, infatti, nei suoi scritti sostenne con vigore quella tematica, che grazie alle teorie e all’azione del socialismo, si definisce dei diritti sociali.

Ne Lo Spaccio de la bestia trionfante, Giordano Bruno scrive “La legge faccia che gli potenti per la loro preminenza e forza non sieno sicuri”. E aggiunge: “gli potenti sieno più potentemente compressi e vinti”, affinché “gli deboli non siano oppressi…Perché a nessuno non gli sia oltre lecito d’occupare con rapina e violenta usurpazione quello che ha commune utilitate”. Sì, un archetipo di diritti sociali e beni comuni, contro i dogmi del capitalismo selvaggio e della “società liquida” denunciata da Zygmunt Baumann, al nostro tempo reso più oppressivo dal contesto globale in cui si muove, con nuovi idola tribus come il prodotto interno lordo, la cui inaffidabilità è ampiamente descritta al premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz.

Il Nolano, si può ben dire, come testimonia il sostegno che ebbe la posa della sua statua (opera dello scultore Ettore Ferrari) in Campo de’ Fiori nel 1889 da Antonio Labriola, il maggior teorico del marxismo in Italia, assieme a personalità della cultura come Victor Hugo, Ernest Renan, Henrik Ibsen, Walt Whitman, si inserisce in quel filone che gli storici definiscono “Preludi di socialismo” (la definizione è di Giorgio Spini), prima di Comenius, di Tommaso Campanella e di Francesco Bacone, nel solco dell’Utopia di Tommaso Moro.

Si può affermare che Bruno ha posto le basi teoriche e culturali per l’affermazione dei principi del libero pensiero e della laicità dello Stato, ma anche dell’emancipazione e dell’uguaglianza contro il sopruso, che furono alla base delle lotte anarchiche e socialiste a partire dall’800, per i diritti universali di cittadinanza.

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