La lezione di democrazia di Tina Anselmi

-di TINA ANSELMI*-

Magnifico Rettore, Chiarissimi Professori, autorità, giovani amici, Vi ringrazio per l’onore concessomi con la laurea honoris causa e per le motivazioni con cui avete voluto accompagnarla.

E un particolare onore ricevere questa onorificenza da un Ateneo prestigioso, in una città che ha contribuito alla storia culturale e religiosa dell’umanità, in una terra di confine che ha dato i natali a persone come Alcide De Gasperi, di cui ricorre quest’anno il cinquantenario della morte, grande artefice della Democrazia italiana e promotore dell’integrazione europea. Proprio sulla Democrazia vorrei intrattenermi con voi, lungo quattro messaggi che vorrei brevemente condividere:

La Democrazia va conquistata

L’Italia ha conquistato la Democrazia attraverso il sacrificio di molte vite nella lotta al fascismo e al nazismo. Chi scelse allora di combattere per la libertà non poteva certo prevedere i tempi di quella guerra, gli anni trascorsi nelle prigioni o in esilio. Ricordiamo, in particolare, le 35.000 donne combattenti riconosciute, 4.600 arrestate, 2.750 deportate e le decine di migliaia di combattenti. La Pace che alla Conferenza di Parigi fu data all’Italia dai vincitori riconobbe che non tutti gli italiani erano stati a fianco dei fascisti.
Non lo furono Gramsci, Amendola, i fratelli Rosselli, De Gasperi, don Milani. A questi soprattutto, assieme a molti altri, dobbiamo la nostra libertà.

La Democrazia va vissuta e partecipata

La Democrazia è un regime politico esigente. Esige infatti una educazione alla libertà, che è anche responsabilità, ed un costante impegno. La Democrazia è dialogo, è accettazione dell’altro, con la sua diversità politica, è tolleranza, è rispetto. La violenza fisica ha le sue radici nella violenza morale e questa è intolleranza, sopraffazione, prepotenza. Costruire la Democrazia significa, dunque, costruire anche un mondo in cui si radichi la persona, sulla quale si fonda poi la società nella sua articolazione, differenziazione e sintesi. Un aumento di potere non è oggi sinonimo di elevazione dei valori della vita perché non esiste potere senza correlativa responsabilità.

La Democrazia va difesa

Attingendo ai 24 anni di vita parlamentare e alle responsabilità dirette avute come Ministro del Lavoro e della Sanità e, specialmente, come Presidente o membro di tre Commissioni parlamentari di inchiesta posso testimoniare che esistono rischi reali che minano le basi di una Democrazia. I maggiori rischi sono:

A) Primo gli interessi

Pericolosa per la Democrazia è la graduale sostituzione della rappresentanza degli interessi economici e finanziari alla rappresentanza politica. Anche dove il sistema sembra “aperto”, le corporazioni economiche e, specialmente, quelle finanziarie prevalgono spesso su quelle politiche e operano una selezione che dà sempre più spazio ai gruppi di potere economico.
Il sistema democratico e la sua organizzazione stanno cambiando, certo, ma non c’è bisogno del grande singolo, piuttosto c’è bisogno di una accresciuta moralità comune.
Come diceva De Gasperi: “nessun paragrafo della Costituzione, nessuna alta Corte della giustizia, nessuna autorità può essere di aiuto all’uomo medio se non sente che la res publica, il bene comune di una esistenza umana, libera e dignitosa è affidata alle sue mani ”.
Certo l’esercizio del potere è consentito dalla libertà, ma se non è servizio esso ferisce la libertà e la dignità dell’uomo su cui si esercita (Romano Guardini di Rovereto).
Gli eventi recenti però invocano la Politica, mai necessaria come oggi. Invece c’è uno svuotamento della Democrazia e una riduzione del confronto politico. Occorre allora ridisegnare il volto della nostra Democrazia che ora è maggioritaria, in un contesto che ha cancellato tanti soggetti politici.

B) Un secondo rischio per la Democrazia è la trasformazione dei partiti in macchine di potere
Quando nei partiti prendono il sopravvento, rispetto alla missione politica, la lotta interna per la sopravvivenza, il non ricambio generazionale, il controllo delle posizioni, ecc. questi si trasformano in oligarchie di potere e in strumenti che limitano la libertà. Esauriscono cioè il loro ruolo storico di mediazione fra società civile e Stato per trasformarsi in sovrastruttura che controlla lo Stato e lo riduce alle aspettative e ai disegni dei gruppi che li gestiscono. Per questa via si trasformano in strumenti di controllo sia dello Stato sia della società che dovrebbero servire. I partiti non vanno però di per sé criminalizzati; vanno piuttosto rimosse le persone che li hanno ridotti al loro personale servizio.

C) Un terzo rischio giace nei poteri occulti

Viviamo in un contesto politico dove interessi, politica e criminalità si sono congiunti formando lo “Stato invisibile” che è l’antitesi radicale della Democrazia. Vittime dei poteri occulti, come la P2, come la mafia, ecc. sono dunque tutti i cittadini che vengono privati del loro reale potere di decidere.

I poteri occulti non trasformano la Democrazia, la pervertono.

Ed è per questo che la Costituzione all’articolo 18 nel mentre dichiara che “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, …” aggiunge anche che “sono proibite le associazioni segrete …”.

Un sistema secondo il quale sono i rapporti di forza che definiscono la struttura sociale, determinando interamente sia il destino che il pensiero degli uomini, tale sistema è implacabile, dice Simone Weil. La forza in esso è tutto, nessuna speranza vi ha accesso per la Giustizia.

II connubio sempre più mostruoso tra affari, politica e criminalità si è manifestato in questi anni in ogni parte del mondo, ma non dobbiamo essere intaccati da questa mistura del potere senza cultura valoriale ed etica.

Essere in possesso di un potere che non è definito da una responsabilità morale e non è controllato da un profondo rispetto della persona, significa distruzione dell’umano in senso assoluto: “il demoniaco del potere” dice Romano Guardini, di Rovereto. L’inchiesta sulla Loggia Massonica P2 ha fatto emergere uno spaccato dove il Paese reale appariva delegato ai 967, ma forse molti di più, affiliati alla Loggia anziché alle Istituzioni: 103 generali e alti ufficiali, 112 politici, magistrati, giornalisti, presidenti e direttori di banche e di enti pubblici, imprenditori pubblici e privati, ecc.

Il progetto politico del “Piano di Rinascita” del 1975 era affidato agli affiliati alla loggia portando, come detto nella Relazione finale della Commissione Parlamentare, (p. 161) “ad un uso privato della funzione pubblica da parte di alcuni apparati dello Stato”.
L’inchiesta sulla P2 ha messo in evidenza la necessità della trasparenza delle Istituzioni, e il cammino non è ancora compiuto, come fatti recenti ci ricordano. La Democrazia ha bisogno di trasparenza. “Il tasso di democraticità di un ordinamento è direttamente proporzionale alla sua trasparenza” (p. 163). “La trasparenza dell’ordinamento costituisce la garanzia prima contro il manifestarsi di forme di potere alternativo le quali, traendo origine ed alimento da una non compiuta estrinsecazione di questo principio, si pongono esse stesse come strutture che aspirano al controllo della società o di suoi settori” (p. 163). Tale è stata la Loggia P2.

Una “organizzazione che per le connivenze stabilite in ogni direzione e ad ogni livello e per le attività poste in essere ha costituito motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico” (p. 165) perché portatrice di una “visione politica che tende a situare il potere negli apparati e non nella comunità dei cittadini, politicamente intesa (p. 149). Nel 1984, in relazione anche alle conclusioni della Commissione di inchiesta, si è svolto nella stampa un dibattito sulla Democrazia italiana. In quell’occasione Norberto Bobbio scrisse un articolo “II potere in maschera” di cui voglio citare alcune righe: “Molte sono le promesse non mantenute dalla Democrazia reale rispetto alla Democrazia ideale. E la graduale sostituzione della rappresentanza degli interessi alla rappresentanza politica è una di queste. Ma rientra insieme con altre nel capitolo generale delle cosiddette trasformazioni della Democrazia. Il potere occulto no. Non trasforma la Democrazia, la perverte. Non la colpisce più o meno gravemente in uno dei suoi organi vitali, la uccide. Lo stato invisibile è l’antitesi radicale della Democrazia”. C’è una gracilità del sistema democratico del nostro Paese. L’antistato ha agito come prassi dell’illegalità diffusa, anche se la reazione democratica del Paese ne ha contenuto in parte gli esiti negativi.

La storia andrà scritta non nell’interesse di una parte, ma nella ricerca della verità dei fatti. Siamo in molti ad augurarci che gli archivi si aprano tutti, nella ricerca di ciò che è avvenuto, che nessuna verità venga nascosta e che si traggano dal passato e dal dettato costituzionale gli elementi sufficienti per conoscere e percepire un presente che non si è del tutto dispiegato.

D) Un quarto grande rischio è la riduzione della libertà di informazione
La Costituzione all’art. 21 ribadisce la libertà di manifestare il proprio pensiero come forma vitale e necessaria del formarsi delle opinioni e delle scelte nella Società, nel pluralismo ideologico e nel confronto e nella discussione fra cittadini.

Lo Stato non ha, non può, professare una verità ufficiale.

Se è vero, però, che un flusso di informazioni abbondante e pluralistico costituisce il presupposto per un’opinione pubblica libera e matura è anche vero che può accadere che non sia data a tutti la concreta possibilità di esprimersi liberamente. Il problema è particolarmente rilevante per i mezzi di comunicazione di massa.

Perché esista una effettiva libertà d’opinione occorre che i centri di informazione di massa, che di fatto determinano l’opinione pubblica, siano sufficientemente numerosi e in concorrenza fra loro. II pericolo più grande per questo sistema è dato dalla eccessiva concentrazione in mano alle stesse imprese di testate giornalistiche, di reti televisive, di satelliti, di reti distributive e così via.

Nel 1975 il “Piano di Rinascita” della P2 in proposito diceva: “altro punto chiave è l’immediata costituzione di una agenzia per il coordinamento della stampa locale e delle TV via cavo da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese” “dissolvendo la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex. Art. 21 della Costituzione” (p. 147).

Anche nel settore multimediale, informatico e televisivo vanno costruite condizioni di libero mercato, entro cui vi siano equilibri e bilanciamenti. E il necessario principio della cosiddetta par condicio va posto più in termini di giustizia che non di quello pur indispensabile di libertà.

Questi quattro rischi, fra gli altri, mettono oggi la Democrazia in pericolo.
Ma non vanno cercate soluzioni sbrigative o repentine, ritenute liberatorie e definitive; non ci sono scorciatoie; occorre piuttosto mettere in bilancio una sapiente gradualità, specie in un’epoca di cadute etiche come la attuale.

Quanto più un valore è eticamente rilevante, tanto più è impegnativo e perciò più bisognoso di maturazione a livello di costume.

La Democrazia va aggiornata e sviluppata

Come si è visto, la Democrazia è anche un processo sociale, un percorso che richiede aggiustamenti e innovazioni coerenti con i cambiamenti in corso. Tre di questi vorrei richiamare brevemente.

A) Innanzi tutto la cultura della Pace e della vita come requisiti della Democrazia
La vita e la Pace sono due valori che si coniugano, starei per dire necessariamente.
Tanto la guerra porta con sé l’immagine di distruzione e di morte, la vita esige per manifestarsi e realizzarsi condizioni di Pace.

Stanno davanti a noi sfide, sulle quali dovremo misurarci noi e le generazioni più giovani che si affacciano alla vita della società: la guerra e i problemi dello sviluppo.
Anche la strage di Madrid è un attacco alla Democrazia, al sistema di regole e di diritti che hanno portato, certo faticosamente, l’Occidente al superamento dei propri errori e alla costruzione di una convivenza politico-istituzionale-sociale di garanzia. Queste sfide esigono scelte, comportano un impegno coraggioso e paziente, si appellano a una partecipazione alla vita politica ricca di tensione morale e umana.

Possiamo essere ripiegati nel nostro piccolo mondo personale, la televisione può distrarci con tutti i suoi messaggi consumistici, la politica spesso immiserita ad affare o a lotte di potere può far sorgere in noi la tentazione di disimpegno.

Eppure non possiamo sottrarci dallo scegliere, perché il problema della Pace esige che noi ci siamo, che noi decidiamo oggi, per un domani dove la vita ci sia e sia una vita degna dell’Uomo.
Oggi c’è la consapevolezza in tanti che un conflitto non avrebbe né vinti né vincitori, che tutti saremmo coinvolti nella medesima catastrofe. E tuttavia contro ogni razionalità, ancora il cammino verso il disarmo e verso la Pace appare più una speranza che una realtà.
E vero, alla Conferenza di Ginevra, è sembrata accendersi una luce. Guai a spegnerla. Ma perché non si spenga occorre ogni giorno alimentarla, con atti che vadano nella direzione giusta, verso cioè quel disarmo progressivo, controllato che rende sicura la Pace. Siamo ben lontani dal legittimare guerre preventive, senza prigionieri.

Il costo in vite umane è già stato pagato. Sappiamo tutti quale spreco di ricchezza avvenga per dotare i Paesi di armamenti. Sappiamo che se questa corsa non si fermerà, tanti Paesi dovranno sacrificare alle spese belliche un tenore di vita che garantisca il minimo vitale ai loro popoli,

B) Dimensione mondiale dei problemi: Est-Ovest ma specialmente Nord-Sud sul piano dell’alimentazione, della sanità, dell’istruzione.

Dobbiamo avere consapevolezza che mentre i problemi politici che dividono il mondo sembrano concentrarsi nei rapporti Est-Ovest, i veri problemi, quelli che toccano ogni uomo, nella sua esistenza o per molti per la sua sopravvivenza, attengono al rapporto Nord-Sud.
Conosciamo i debiti che affliggono i Paesi in Via di Sviluppo, la loro ormai verificata impossibilità non solo ad estinguerli, ma perfino a pagarne gli interessi. Sappiamo come ormai la sorte dei Paesi creditori sia legata a quella dei Paesi debitori in maniera inscindibile.
E sappiamo come gli spazi culturali per il terrorismo appoggino sugli enormi differenziali di vita fra popoli diversi.

Pace e sviluppo sono dunque ormai due problemi che impegnano tutti e su cui nessuno può decidere da solo, al di là del sistema politico ed economico in cui opera e vive.
La dimensione mondiale dei problemi esige un atto di coraggio e di speranza nel futuro, la capacità di uscire dai vecchi schemi e di affrontare il nuovo, sapendo che se faremo una politica per l’uomo, per ogni uomo avremo posto le basi per la costruzione di una società più giusta e perciò più pacifica. Perché la Pace non è solo assenza della guerra.
Ma la Pace, se vuole avere fondamenta solide, deve essere ogni giorno costruita nella giustizia, nel rispetto dell’uomo, della sua libertà e della sua dignità. Così recita la carta dell’ONU, in tema di diritti umani. E anche la dimensione mondiale dei problemi che oggi rende l’articolo 11 della nostra Costituzione così cogente: “l’Italia ripudia la guerra”. La politica oggi è strettamente legata ai problemi della Pace, alla esigenza di una cultura che supporti le scelte di collaborazione fra i popoli.

C) L’aggiornamento delle soluzioni istituzionali

Molto si è parlato sull’aggiornamento della Costituzione di fronte alla crisi della politica, al disagio dei cittadini, alla necessità di sperimentare nuove forme di partecipazione, alla maggiore responsabilizzazione dei livelli di governo intermedi nell’uso delle risorse e così via.
Desidero in proposito solo riprendere un punto centrale: ogni correzione dell’Ordinamento della Repubblica, la parte seconda della Costituzione, deve perseguire come obiettivo primario il pieno e più aggiornato sviluppo dei principi e dei valori della prima parte della Costituzione (“I diritti e i doveri dei cittadini”) lungo i concetti della sussidiarietà, della interdipendenza e della solidarietà. La ricerca di nuove forme organizzative e istituzionali idonee ad aggiornare il modello democratico alle nuove sfide, anche nella prospettiva europea, deve fondarsi su principi di autonomia, responsabilità e solidarietà, principi fatti propri anche dalla nuova Costituzione europea.

Avviandomi alle Conclusioni voglio dire ai Giovani che la strada che abbiamo davanti a noi è ricca di problemi, ma anche di spazi che si aprono alla nostra intelligenza, alla nostra volontà.
Nessuna persona è inutile; c’è bisogno di ciascuno di voi. Questo è il messaggio della Democrazia. Raccogliamolo se vogliamo essere noi a costruire il nostro futuro.
Abbiate fiducia, coltivate la speranza e ribadite l’impegno nel servizio verso gli altri.

* Lectio Magistralis tenuta il 30 marzo 2004 in occasione dell’attribuzione della laurea honoris causa presso la facoltà di sociologia dell’università di Trento. È stata pubblicata dal comune di Quartata in occasione dei 150 anni della Repubblica

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