In Ucraina viene arrestato l’ex presidente Georgiano, Mikheil Saakashvili

-di MAGDA LEKIASHVILI-

Gli agenti del servizio di sicurezza ucraino hanno arrestato Mikheil Saakashvili all’ingresso della sua casa a Kiev, in Ucraina, martedì 5 dicembre 2017. Subito dopo, i suoi sostenitori sono riusciti a liberarlo, organizzando in tempi molto brevi una manifestazione sul posto, dove l’hanno preso. Il giorno dopo era sfuggito alle forze dell’ordine che lo cercavano tra i manifestanti accampati davanti al Parlamento ucraino. Il procuratore generale dell’Ucraina ha ufficialmente annunciato “la caccia” per il suo arresto. Solo l’8 dicembre sono riusciti a prenderlo di nuovo a casa del suo amico, con l’accusa di aver ricevuto 500 000 dollari per finanziare le proteste contro il governo ucraino e fare parte di una presunta “organizzazione criminale” guidata dall’ex presidente ucraino filorusso Viktor Janukovich, fuggito in Russia dopo essere stato destituito dalla Rivolta di Majdan nel 2014, che vorrebbe “ribaltare l’ordine costituzionale” ucraino.

Molti sostenitori di Saakashvili si sono riuniti nella capitale ucraina domenica, chiedendo il suo rilascio dal carcere e di mettere sotto accusa l’attuale presidente Petro Poroshenko. Nel frattempo Saakashvili ha respinto le accuse contro di lui e ha iniziato lo sciopero della fame.

L’ex presidente della Georgia rischia di essere rimandato in Georgia, dove lo aspetta ancora una volta l’accusa per abuso di potere.

Precedentemente Saakashvili rimase senza cittadinanza

Il presidente ucraino Petro Poroshenko nel luglio 2017 ha firmato una decisione con la quale ha lasciato Mikheil Saakashvili senza la cittadinanza ucraina. Proprio il presidente aveva offerto il passaporto ucraino all’ex presidente georgiano permettendogli di diventare cittadino ucraino e aiutare il governo ad accelerare le riforme. Il motivo ufficiale della revoca è stata la errata compilazione della richiesta per la cittadinanza. Secondo i legislatori ucraini, alcuni dati anagrafici erano sbagliati, ma il fatto che questi errori siano stati scoperti solo pochi mesi prima della decisione, soprattutto dopo che Saakashvili ha governato Odessa per ben due anni, fa nascere alcuni punti interrogativi. Esistono diverse opinioni per spiegare la decisione politica di Poroshenko. Le opposizioni di governo, sia in Ucraina che in Georgia, sono convinte che tutto serve al gioco del Cremlino. In realtà la volontà della Russia sarebbe rimandare Saakashvili in Georgia, così da eliminare un concorrente pro occidentale. Ma Mikheil Saakashvili aveva dichiarato che avrebbe usato tutti i mezzi legali per recuperare la sua cittadinanza Ucraina e tornare a combattere contro la politica russa di espansione, che vuole dominare l’Ucraina (e anche la Georgia) attraverso i rispettivi leader politici.

Chi è Mikheil Saakashvili?

Negli anni 2000 Mikheil Saakashili apparteneva al gruppo dei giovani formati in occidente. Sarebbero stati loro a ricondurre il paese, la Georgia, sul sentiero corretto della transizione alla democrazia e allo sviluppo. Furono loro a protestare contro Eduard Shevardnadze, presidente della Georgia all’epoca, a scalzarlo dal potere, riaprendo i giochi della politica e restaurando le condizioni per consolidare i rapporti tra Georgia, Unione Europea e Nato. La cosiddetta “Rivoluzione delle Rose”, che portò migliaia di georgiani sulla piazza della capitale Tbilisi per protestare contro i risultati falsificati delle elezioni parlamentari nel 2003, nacque da quelle premesse. Nei fatti, la Georgia presentava nepotismo e corruzione a livelli con pochi eguali al mondo. Una delle prime riforme attuate da Saakashvili fu perciò la demolizione degli apparati di sicurezza e di altre istituzioni coinvolte nei meccanismi di corruzione. Il nome di Saakashvili rimane fino adesso associato ad un leader che mise fine alla corruzione. Una volta trasferito in Ucraina, come governatore di Odessa cercò di portare avanti la stessa politica di anticorruzione, così diventò l’oppositore del presidente ucraino Petro Poroshenko.

All’azione sul piano interno, Saakashvili accoppiò decisioni di rilievo anche sul piano dei rapporti internazionali. Seppe pilotare il “distacco” da Mosca, annullando la concessione alle basi militari russe in territorio nazionale e riaffermando in più occasioni ufficiali l’importanza dell’unità del paese contro le mire dei secessionisti filorussi. Forte dell’appoggio di Washington nell’ammodernamento delle forze armate e nell’afflusso di crediti dal Fondo monetario internazionale, Fmi, e dalla Banca Mondiale, accelerò le trattative per l’ingresso del paese nella Nato e nella Ue.

Nel 2012 Saakashvili perde le elezioni e il suo movimento nazionale si sposta all’opposizione. Al governo arrivò un oligarca, Bidzina Ivanishvili, un leader con stretti rapporti con la Russia. Perciò, si è trattato di un cambio di rotta rispetto al passato che ha avuto eco positiva a Mosca: “Speriamo che la nuova leadership georgiana, non appena insediata, si adoperi per normalizzare le relazioni con tutti i paesi vicini, compresa la Russia, l’Abchazia e l’Ossezia del Sud”, ha detto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Ivanishvili, che con i suoi elettori aveva preso l’impegno di cancellare la macchina amministrativa messa in piedi da Saakashvili, aveva proceduto all’arresto di ex ministri e funzionari vicini al suo predecessore. Aveva quindi fatto aprire indagini contro Saakashvili per uso improprio di fondi pubblici e abuso di potere, accusandolo di aver dato ordine, nel 2007, di disperdere con la forza una manifestazione antigovernativa. Concluso il mandato presidenziale, nel 2013, Saakashvili ha lasciato la Georgia, negando ogni accusa nei suoi confronti e dicendo che l’orientamento della magistratura era politicamente orientato. Nel 2015 l’ex presidente ha rinunciato alla cittadinanza della Georgia, ha ricevuto quella Ucraina (successivamente tolta secondo un ordine del presidente Petro Poroshenko) ed è divenuto governatore della regione di Odessa in Ucraina. La procura generale georgiana ha sequestrato i suoi beni, quelli di sua moglie e di sua madre, come strumento di pressione a rientrare e affrontare il processo.

 

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