Piacere e rischi di un futuro già presente

 

-di VALENTINA BOMBARDIERI-

Le tecnologie ci permettono di essere molto più flessibili e adottare un approccio lavorativo molto più agile. Siamo nell’età dello smart working. Orari flessibili, luoghi flessibili, assenza di un luogo fisico in cui lavorare. È necessaria solo una connessione ad internet. Viene meno il concetto di ufficio incorrendo però in un grande problema: l’assenza di tutele.

Proprio per questo è stato approvato alla Camera con 256 voti favorevoli, 10 no e 102 astenuti il disegno di legge che tutela il lavoro autonomo.

Il 17% dei lavoratori in Europa può decidere di svolgere la sua professione da remoto, in qualsiasi luogo in cui si trovi: per il 10% si tratta di un’attività occasionale che si alterna alla presenza in ufficio, il 3% lavora solo da casa e il restante 4% pratica smart working su base regolare. I Paesi scandinavi restano in vetta alla classifica. Al primo posto c’è la Danimarca, poi Svezia, Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo e Francia. L’Italia è l’ultima, il fanalino di coda di una rivoluzione nel mondo del lavoro. . Per Cgil, Cisl e Uil la flessibilità del lavoro migliorerebbe di gran lunga la qualità della vita, dando ai lavoratori la possibilità di potersi organizzare liberamente.

Il disegno di legge approvato dalla Camera si pone l’obiettivo di aumentare le tutele del lavoratore: maternità, malattie, infortuni. Definisce innanzitutto il concetto di smart working come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, caratterizzata dall’utilizzo di strumenti tecnologici, eseguito in parte all’interno dell’azienda in parte all’esterno”.

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il 73% delle aziende non possiede gli strumenti tecnologici adatti per supportare le dinamiche dello smart working. Secondo Mariano Corso, Responsabile Scientifico Osservatorio Smart Working “è la volontà di rimettere intelligenza e pensiero critico nel mondo del lavoro, oggi vittima di una sorta di ‘stupidità collettiva’, riconoscendo che dare alle persone la possibilità di pensare non è solo possibile e giusto, ma anche conveniente per tutti, aziende e lavoratori”.

Un nuovo lavoro quindi che permette una modifica sostanziale nello stile e nella qualità della vita. Un lavoro inimmaginabile prima dell’avvento della tecnologia, che permette la nascita di nuove professioni. Solo negli ultimi 10 anni, secondo un articolo del World Economic Forum sono nate almeno 10 nuove professioni. Secondo l’ultimo report Human Capital Index del WEF, presto sorgeranno nuove professioni nei settori più promettenti come la robotica, i trasporti automatici, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la genomica e i materiali hi-tech.

Il nodo vero è chiedersi se quindici anni fa sarebbe stato possibile solo immaginarsi di lavorare come sviluppatore di app, social media manager, autista di uber, ingegnere delle auto a guida automatica o come specialista di cloud computing o addirittura operatore di droni o creatore di contenuti You tube.

In un’Italia che arranca, non sarebbe stato mai pensabile lavorare da casa senza doversi recare in ufficio. È necessario quindi aprirsi al progresso tecnologico e all’avvento di nuovi lavori seppur con regole, orari e pause stabilite.

Valentina Bombardieri

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