3 ottobre: la memoria delle vittime dell’immigrazione, ma l’Europa ancora non c’è

-di GIULIA CLARIZIA-

“Un giorno a Lampedusa e a Zuwarah, a Evros e a Samos, a Las Palmas e a Motril saranno eretti dei sacrari con i nomi delle vittime di questi anni di repressione della libertà di movimento. E ai nostri nipoti non potremo neanche dire che non lo sapevamo” (Gabriele del Grande, http://fortresseurope.blogspot.it/)

Il 3 ottobre di tre anni fa, il Mar Mediterraneo si è macchiato di sangue. Non è stata la prima volta e non sarebbe stata l’ultima. 368 migranti, prevalentemente eritrei, persero la vita a mezzo miglio dall’isola di Lampedusa, la porta dell’Europa, dove speravano di trovare un futuro migliore.

A seguito di questo evento, il Comitato3ottobre si è battuto per far riconoscere istituzionalmente la giornata come un simbolo per ricordare le vittime dell’immigrazione. Dunque oggi, per il secondo anno, ricorre questa occasione per riflettere su un fenomeno che sempre con più violenza spezza vite umane.

Parlare di immigrazione oggi è tanto delicato quanto urgente. La sensibilizzazione alla realtà che si cela dietro gli stereotipi e la paura di un’”invasione” fomentata dai discorsi populisti è proprio uno degli obiettivi che si pongono le numerose attività organizzate per l’occasione.
Sull’isola di Lampedusa dal 30 settembre si sono riuniti 200 studenti al fine di approfondire a livello formale e informale le principali tematiche sull’immigrazione. Alcuni sopravvissuti alla traversata del Mediterraneo si sono offerti di portare la loro testimonianza agli studenti e ai presenti della cerimonia che si è tenuta oggi sull’isola alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso e del ministro dell’istruzione Valeria Fedeli. Poi si è marciato verso la Porta d’Europa, monumento all’immigrazione innalzato sulla spiaggia.
Uno dei ragazzi sopravvissuti al naufragio, con emozione ha parlato al pubblico presente chiedendo all’Italia e all’Europa di essere portavoce di chi vive in situazioni pericolose. Sia quelle di chi fugge e si trova poi costretto a vivere nella clandestinità, sia quelle di chi resta nel proprio paese ma non ha mezzi né voce per innalzare un grido di aiuto contro le violenze, la miseria, e la corruzione della dittatura.

Una ricorrenza tragica quanto importante, quella di oggi. Eppure non ancora sufficiente. Per questo si chiede che la giornata sia riconosciuta a livello europeo, e non solo italiano.

Durante il discorso sullo stato dell’Unione, il presidente della Commissione Juncker ha elogiato l’Italia proprio per la gestione della crisi migratoria. Sarà che la crisi ce l’abbiamo dentro casa, ma oltre alla solidarietà ci sarebbe bisogno di una risposta seria ed effettiva a livello europeo. All’indomani della strage che oggi si ricorda, l’Italia ha lanciato l’operazione Mare Nostrum per evitare che si ripetessero tragedie simili. La missione portata avanti autonomamente dal nostro paese, salvo un contributo della Slovenia, salvò oltre 100 mila vite con un budget di 9 milioni e mezzo al mese. La missione europea che la sostituì nel 2014, Triton di Frontex, non aveva più come obiettivo quello del salvataggio dei migranti, ma solo il controllo delle coste. Oltre a ciò,la copertura in termini di miglia marine e il budget risultarono molto ridotte rispetto alla precedente operazione. L’operazione Sofia lanciata nel 2015 invece è finalizzata ad individuare, catturare e distruggere le navi che trafficano illegalmente migranti. Il salvataggio però è ancora un grande assente, e la gente continua a morire in mare. L’ultimo naufragio risale allo scorso 21 settembre.

giuliaclarizia

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