La notte in cui nacque il Muro che non c’è più ma che ha tanti “eredi”

 

-di GIULIA CLARIZIA-

E se un giorno ci svegliassimo e trovassimo cemento e filo spinato a separarci dalle nostre famiglie, amici, dalle nostre passeggiate?

A Berlino, 56 anni fa, ci si svegliò così.

La Germania come oggi la conosciamo non esisteva. Ne esistevano due, molto diverse tra loro.

Se dopo la guerra l’idea originaria era quella di farne un campo di patate, le potenze alleate (URSS, USA, Gran Bretagna e Francia) decisero infine di spartirla in quattro settori, da cui ciascuno stato vincitore avrebbe potuto prelevare le proprie riparazioni di guerra. Era una soluzione che non poteva essere definitiva. Gli stessi Stati Uniti rapidamente compresero che la Germania era il cuore dell’Europa, e non ci sarebbe potuta essere una ripresa economica e una difesa efficace se essa non si fosse risollevata come alleata nel nuovo conflitto che si stava delineando, quello della guerra fredda.

Di questa tensione tra est e ovest del mondo, proprio la Germania, con Berlino, fu terreno di scontro simbolico e reale, luogo di confine, banco di prove di forza.

Sotto la spinta degli USA e con l’intenzione di intensificare l’integrazione europea, nel 1949 nacque ufficialmente la Repubblica Federale di Germania. Era il principio della divisione tra Germania Ovest e Germania Est che sarebbe perdurata fino alla fine della guerra fredda. Già tra il 1948 e il 1949, con il blocco di Berlino imposto dai sovietici e il ponte aereo occidentale per aggirarlo, una prima crisi aveva fatto tremare l’Europa, ancora devastata dalla seconda guerra mondiale. In quell’occasione si comprese che su Berlino non si era disposti a cedere il passo, secondo la linea di pensiero che poi sarebbe divenuta nota come “teoria del domino”: si temeva che perdere Berlino avrebbe comportato la perdita della Germania, poi dell’Europa e così via. Alla base della criticità dei fragili equilibri che caratterizzavano la divisione della Germania, c’era il mancato riconoscimento reciproco. Occidentali da un lato, sovietici dall’altro, negavano la legittimità dello stato tedesco appartenente all’altro blocco. Da parte sovietica, ciò era accentuato dalla convinzione che le altre potenze non avessero più diritto di occupare Berlino Ovest.

Il fatto di avere un’enclave occidentale nel regno blindato dei sovietici non poteva non accendere tensioni. Alla rigidità di Berlino Est, capitale della Repubblica Democratica Tedesca, si contrapponevano le luci di Berlino Ovest, che diventava strategicamente importante in quanto offriva un’immagine del modello di libertà e benessere che voleva essere il capitalismo rispetto al socialismo. E come in vetrina si espone la merce migliore, così si investiva nell’attrattività di Berlino Ovest.

Una seconda crisi nel 1953 dimostrò quanto il regime sovietico in Germania fosse debole. Un’ondata di scioperi sulle condizioni dei lavoratori si tramutò ben presto in una protesta politica in cui la stessa Unione Sovietica dovette intervenire con il pugno di ferro. La stessa durezza che venne usata gestire la del 1961. Il dato di fatto è che fuggendo a Berlino Ovest, centinaia di migliaia di cittadini lasciavano il mondo sovietico per rifugiarsi in quello occidentale. Uno smacco assolutamente inaccettabile e per rispondere al quale il leader della SED Walter Ulbricht chiedeva carta bianca all’Unione Sovietica.

Fino al 1961, la situazione era rimasta in un precario equilibrio. Nonostante l’ultimatum rivolto dall’URSS alle potenze occidentali nel 1958, in cui si chiedeva la smilitarizzazione della città e il suo ingresso definitivo nella DDR, il clima tra il presidente statunitense Eisenhower, che rifiutò l’ultimatum, e il leader sovietico Nikita Chruščёv rimase disteso, e si organizzò addirittura un incontro a Parigi proprio per discutere la situazione di Berlino. Questo incontro non si tenne mai. Le tensioni si acuirono nuovamente, e il flusso dalla Germania Est alla Germania Ovest si faceva sempre più intenso e intollerabile.

Nei primi sei mesi del 1961 circa 100.000 persone passarono da est a ovest. Le pressioni di Ulbricht si fecero sempre più forti. Nonostante a giugno di quell’anno egli dichiarò esplicitamente di non avere intenzione di costruire un muro, fu proprio quello l’esito dell’operazione “Rose” che venne messa in atto due mesi dopo. All’una di notte del 13 agosto, militari, polizia ed operai edili iniziarono la chiusura delle frontiere. Alle 6.00 filo spinato e transenne chiudevano ogni accesso a Berlino Ovest, con l’ordine di sparare a chiunque avesse tentato di passare dall’altra parte. In una notte, senza alcun tipo di preavviso, i cittadini di Berlino trovarono la loro strada sbarrata. Nel giro di pochi giorni al posto delle transenne, a minacciare la popolazione di Berlino si ergeva un muro di cemento alto tre metri e mezzo. Se gli occidentali tacciarono fin da subito la cosa come un fallimento del blocco sovietico e denunciarono l’aperta violazione degli accordi sulla Germania, nessuno prese seri provvedimenti al riguardo. Nessuno era disponibile ad intraprendere una rischiosa azione militare. Willy Brandt, futuro cancelliere della RFT e allora sindaco di Berlino Ovest, in una lettera al presidente Kennedy descrisse la disperazione in cui viveva la popolazione berlinese e la preoccupazione per la mancanza di reazioni occidentali. Tuttavia, fino a ottobre non arrivò altro che solidarietà.

La situazione si fece tesa solo quando vennero messi in discussione i diritti dei “pezzi grossi” occidentali.

Un alto funzionario civile americano venne fermato e perquisito dalla polizia mentre si stava recando a teatro a Berlino Est. Questo atto, denunciato al risoluto generale Lucius Clay, rappresentate a Berlino del presidente, portò le tensioni alle stelle. Il muro spezzava le vite dei cittadini di Berlino e nessuno era disposto a una guerra distruttiva per questo, eppure in seguito a questo avvenimento vennero schierati i carri armati al checkpoint charlie e si sfiorò il conflitto. Nessuno sparò, e come è noto, il muro rimase in piedi per ventotto anni. Poi cadde. Ma il sogno della scomparsa dei muri durò poco. Altri, meno famosi, hanno sostituito quello di Berlino.

giuliaclarizia

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