Go Beyond: tre democrazie, tre sistemi elettorali

Poiché si è tanto parlato di sistema elettorale tedesco, lo proponiamo insieme a quello francese e inglese. Le note che pubblichiamo sono contenute in un documento di sintesi messo a punto dall’ufficio studi della Camera dei Deputati.

Il sistema elettorale del Bundestag (Germania)

Il Bundestag è composto da (almeno) 598 membri ed è eletto con un sistema cha da un punto di vista formale può essere definito ‘misto’: metà dei seggi sono assegnati con sistema maggioritario a turno unico, l’altra metà è assegnata con metodo proporzionale.

Il sistema funziona peraltro nel suo complesso come un sistema proporzionale, perché il numero totale dei seggi spettanti a ciascuna lista è stabilito con metodo proporzionale; nell’ambito dei seggi attribuiti al partito, sono poi eletti i candidati che hanno prevalso nei collegi uninominali. Un temperamento alla proporzionalità è costituito dalla presenza di una clausola di sbarramento del 5 per cento.

Il numero dei seggi del Parlamento può aumentare in quanto possono essere attribuiti ‘seggi aggiuntivi’ per garantire l’elezione di tutti i vincitori nei collegi uninominali e ‘seggi di compensazione’ per ristabilire la proporzionalità alterata proprio dall’attribuzione dei seggi aggiuntivi.

Si parla dunque con riferimento al sistema tedesco di ‘sistema proporzionale personalizzato’, in coerenza con la legge elettorale federale (BWG), che enuncia il «principio della rappresentanza proporzionale combinato con l’elezione personale dei candidati» (art. 1, comma 1).

Delimitazione dei collegi uninominali

Per l’assegnazione dei seggi con sistema maggioritario, il territorio nazionale è suddiviso in 299 collegi elettorali (whalkreis). La delimitazione territoriale dei collegi è riportata in allegato alla legge.

I collegi elettorali devono rispettare una serie di condizioni (art. 3):

° i collegi devono essere compresi nel territorio dei Länder – i 16 stati federali

tedeschi;

° il numero di collegi deve essere proporzionato alla popolazione di ciascun Land; nel computo del numero degli abitanti non vengono considerati gli stranieri;

° l numero degli abitanti di un collegio elettorale non deve divergere dalla media della popolazione dei collegi elettorali di più del 15% (in più o in meno); se la divergenza è maggiore del 25%, deve essere effettuata una nuova delimitazione dei confini;

° il collegio deve rappresentare un territorio continuo;

° nella delimitazione dei collegi devono essere rispettati quanto più possibile i confini degli enti territoriali amministrativi.

La legge istituisce una Commissione centrale per monitorare l’andamento della popolazione nei collegi al fine di presentare proposte di modifica dei confini dei collegi medesimi.

Il sistema elettorale dell’Assemblea nazionale (Francia)

L’Assemblea nazionale francese è eletta con un sistema maggioritario a

doppio turno, nell’ambito di collegi uninominali.

Il sistema è in vigore fin dal 1958, anno di approvazione della Costituzione della V Repubblica, con l’eccezione di un breve periodo tra il 1985 ed 1986, in cui è stato applicato un sistema proporzionale

L’attuale Sistema è stato introdotto dalla legge n° 86-825 dell’11 luglio 1986 di modifica del Codice elettorale. La disciplina elettorale francese è contenuta nel Codice elettorale che reca una parte di disposizioni comuni per tutti i tipi di elezioni e una parte di disposizioni speciali, tra cui quelle relativa all’Assemblea nazionale.

Le circoscrizioni elettorali

Sono istituiti 577 collegi (circonscriptions électorales), uno per ciascun deputato da eleggere all’Assemblea nazionale, di cui 566 individuati all’interno dei dipartimenti metropolitani e d’oltremare e nei territori d’oltremare, e 11 istituiti all’estero (i francesi stabiliti all’estero hanno diritto di voto nell’Assemblea nazionale a seguito di una legge costituzionale del 2008).

Il découpage delle circoscrizioni elettorali deve rispettare una serie di criteri enunciati dalla giurisprudenza del Consiglio costituzionale: la delimitazione delle circoscrizioni elettorali deve basarsi su criteri essenzialmente demografici, cui può derogarsi solo in presenza di «imperativi di interesse generale»; in ogni caso lo scarto tra la popolazione di una circoscrizione e la popolazione media delle circoscrizioni del dipartimento non può superare il 20%; deve essere garantita la continuità territoriale delle circoscrizione, salvo eccezioni giustificate da ragioni geografiche o demografiche.

Per espressa disposizione costituzionale (art. 25, terzo comma), una commissione indipendente deve pronunciarsi con un parere pubblico sui progetti di testo e sulle proposte di legge che delimitano le circoscrizioni per l’elezione dei deputati o che modificano la ripartizione dei seggi dei deputati o dei senatori. Nessuno può essere candidato in più di una circoscrizione (art. 156 cod. el.).

Votazione e formula elettorale

Il sistema elettorale è basato su uno scrutinio uninominale maggioritario a due turni (art. 123 cod. el.).

Le votazioni si svolgono in un’unica giornata, di domenica (artt. 54 e 55 cod. el.).

Sono eletti al primo turno i candidati che ottengono contemporaneamente i seguenti risultati:  la maggioranza assoluta dei voti espressi;  un numero di voti almeno pari al 25% degli elettori iscritti (art. 126 cod. el.).

Nei collegi dove non si verificano queste due condizioni si procede ad un secondo turno di votazioni, che si svolge nella domenica successiva a quella del primo turno (art. 56, cod. el.).

Partecipano al secondo turno i candidati che hanno ottenuto al primo turno un numero di voti almeno pari al 12,5% degli elettori iscritti. Se solo un candidato soddisfa tale requisito, è ammesso al secondo turno anche il candidato che dopo di lui abbia ottenuto il maggior numero di voti in assoluto. Se, invece, nessun candidato ha ottenuto il 12,5%, passano al secondo turno i due candidati che hanno ottenuto il maggio numero di voti (art. 162).

Per essere eletti al secondo turno è sufficiente la maggioranza relativa dei voti. In caso di parità è eletto il candidato più anziano (art. 126).

Parità di accesso di donne e uomini alle cariche elettive

Al fine di garantire il principio costituzionale della parità di accesso di donne e uomini ai mandati elettorali e alle funzioni elettive, è prevista una misura volta a favorire la tendenziale uguaglianza del numero di candidati uomini e di candidate donne dello stesso partito o gruppo politico, applicandosi in caso contrario una riduzione del finanziamento pubblico.

In particolare, se la differenza tra il numero di candidati di un partito o gruppo politico di ciascun sesso è superiore al 2%, la prima tranche del finanziamento pubblico al partito o gruppo politico è ridotta in misura pari ai tre quarti della predetta differenza.

Dunque, se un partito presenta il 51% di candidati di sesso maschile ed il 49% di candidate di sesso femminile, la differenza è del 2% e non si dà luogo ad alcuna decurtazione. Se invece, ad esempio, i candidati uomini sono il 60% e le candidate donne sono il 40%, la differenza è del 20%; il finanziamento pubblico è allora ridotto in misura pari a tre quarti di questo 20%, cioè del 15%.

I deputati supplenti e le elezioni suppletive

La legge elettorale limita i casi di elezioni suppletive, prevedendo, contestualmente all’elezione del deputato, quella di un supplente, chiamato a sostituirlo in caso di morte, nomina al Governo o al Consiglio costituzionale o per il prolungamento oltre i 6 mesi di un incarico temporaneo affidato dal Governo (artt. 176-178 cod. el.).

Solo per gli altri casi di vacanza del seggio (annullamento dell’elezione da parte del giudice, decadenza, dimissioni o elezione del deputato al Senato o al Parlamento europeo), si svolge un’elezione suppletiva, che comunque non può avere luogo nei 12 mesi precedenti la fine della legislatura.

Dopo la legge costituzionale del 23 luglio 2008, i deputati nominati membri del Governo possono, al termine delle loro funzioni ministeriali, riprendere il loro seggio di deputato.

Il sistema elettorale del Senato

Il Senato è composto da 348 senatori, eletti a suffragio universale indiretto per 6 anni. Ogni 3 anni si procede ad un rinnovo parziale, che riguarda ciascuna volta la metà dei seggi.

I senatori sono eletti a suffragio indiretto, in ogni dipartimento, da un collegio ristretto di “grandi elettori”, composto da deputati, consiglieri regionali, consiglieri dipartimentali e delegati di consigli municipali.

I consigli municipali risultano di fatto decisivi, in quanto costituiscono il 95% del collegio. In particolare, il sistema determina una sovrarappresentazione dei piccoli comuni rurali (che sonoSono previsti due modi di scrutinio:

°Lo scrutinio uninominale maggioritario a due turni, che si applica nei 70

dipartimenti di dimensioni minori, che eleggono da 1 a 3 senatori;

° il sistema della rappresentanza proporzionale, con liste bloccate, che si

applica nei 39 dipartimenti più estesi, che eleggono 4 o più senatori.

Per i seggi da attribuire con sistema proporzionale, al fine di garantire il principio della parità di accesso di donne e uomini ai mandati elettorali, è previsto che su ogni lista, lo scarto tra il numero dei candidati di ciascun sesso non può essere superiore a uno e che ogni lista è composta alternativamente da un candidato di ciascun sesso.

I francesi stabiliti all’estero sono rappresentati da 12 senatori, eletti con il sistema proporzionale, dai 155 componenti del Assemblea dei Francesi all’Estero. circa 30.000) all’interno del collegio dei grandi elettori.

Nel complesso, 180 seggi sono assegnati con il sistema proporzionale (circa il 52 % del totale) e 168 con il sistema maggioritario.

Il sistema elettorale della Camera dei Comuni (Gran Bretagna)

La Camera dei Comuni (House of Commons) è l’organo direttamente rappresentativo del popolo del Regno Unito ed è attualmente composta da 650 deputati.

Formula elettorale

Le elezioni si svolgono con sistema maggioritario a turno unico (cd. first- past-the-post).

Il sistema è attualmente codificato nel Representation of the people Act 1983 (Schedule 1 – Art. 18). Esso è stato gradualmente introdotto nel corso dell’Ottocento: con il Representation of the people Act del 1832 e, soprattutto, con il Reform Act del 1867 ed il Redistribution of the seats Act del 1885, in forza dei quali il collegio uninominale ha sostituito su tutto il territorio nazionale il collegio binominale (in alcuni casi anche trinominale e quadrinominale) previsto dal precedente sistema.

Il territorio nazionale è diviso in collegi uninominali, nei quali sono presentate singole candidature.

Viene eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti.

È un sistema elettorale estremamente semplice ed immediatamente comprensibile per l’elettore.

D’altro canto, esso è spesso criticato perché non in grado di garantire adeguatamente la rappresentatività. Essendo sufficiente la maggioranza relativa dei voti per l’elezione, tutti i voti attribuiti ai candidati non eletti – che potrebbero anche costituire una maggioranza consistente – rimangono privi di rappresentanza.

I collegi elettorali

Fondamentale è la definizione dei collegi elettorali (constituencies), che avviene sulla base di revisioni periodiche affidate a commissioni indipendenti, le Boundary Commissions.

Le Boundary Commissions sono 4 organi indipendenti, una per ciascuna delle aree nazionali (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord), che hanno il compito di riferire al Parlamento e di effettuare proposte al Governo.

Ciascuna Commissione è composta dal Presidente (Speaker) della Camera dei Comuni, che formalmente la presiede ma che per prassi non partecipa ai lavori , e da altri 3 membri.

Il Vicepresidente, che di fatto guida Iavori, è un giudice dell’High Court, nominato dal Lord Cancelliere (un membro del Governo che generalmente è anche Ministro della giustizia). Gli altri due membri sono nominati al termine di un processo di selezione pubblica.

Conseguenza delle revisioni periodiche è stata per lungo tempo la variabilità del numero dei collegi elettorali e, conseguentemente, dei deputati (nelle elezioni del 2010 sono stati eletti 650 deputati, nelle precedenti elezioni del 2005 i deputati erano 646, in quelle del 2001 i deputati erano 659).

Le revisioni dei collegi sono inoltre frequentemente oggetto di contestazioni da parte delle forze politiche che si ritengono danneggiate.

Il Parliamentary Voting System and Constituencies Act 2011 ha peraltro determinato a livello legislativo il numero dei collegi elettorali, e quindi dei deputati, fissandolo a 600, con finalità anche di contenimento dei costi della politica.

Con la stessa legge è stata dettata una nuova disciplina per la definizione dei collegi elettorali, con la previsione di un limite numerico e di un limite di ampiezza geografica. In particolare, al fine di garantire una maggiore omogeneità numerica nell’elettorato dei collegi, è previsto un limite massimo del 5% alla differenza tra il numero degli elettori di ciascun collegio e la cd. ‘quota elettorale’, ossia il numero medio di elettori per collegio (che si ottiene dividendo il numero totale degli elettori per il numero totale dei collegi). L’area di ciascun collegio non può poi superare i 13.000 chilometri quadrati. Sono previste eccezioni legate alla particolare situazione di alcuni collegi (così per 4 collegi insulari, per i collegi dell’Irlanda del Nord e per i collegi di ampiezza superiore ai 12.000 km2).

Le proposte delle Boundary Commissions al governo sulla modifica dei collegi divengono inoltre vincolanti.

Entro il 1° ottobre 2013, le Commissioni avrebbero dovuto formulare le proposte di revisione dei collegi, in attuazione della nuova legge, al fine di pervenire alla riduzione del numero dei deputati prima delle prossime elezioni del 2015.

Per le elezioni del 2015 sono stati dunque mantenuti i 650 collegi delle precedenti elezioni.

La promozione della rappresentanza di genere

Le misure per favorire la rappresentanza femminile nelle assemblee elettive sono rimesse alla libera scelta dei partiti.

Il Sex Discrimination (Election Candidates) Act 2002 consente ai partiti di adottare, nella selezione dei candidati alle elezioni, regole volte a ridurre le disuguaglianze nel numero di uomini e donne eletti.

Con questa base normativa il Labour Party ha potuto proseguire la pratica – precedentemente dichiarata illegittima – delle cc.dd. all-women shortlists, in base alla quale nella metà dei collegi elettorali, in cui i precedenti candidati non si ripresentano, la selezione della nuova candidatura avviene sulla base di un elenco di sole donne.

Il termine per mantenere misure di questo tipo, originariamente fissato nel 2015, è stato esteso fino al 2030 dall’Equality Act del 2010.

Le elezioni del maggio 2015 hanno portato alla House of Commons 191 deputate su 650 seggi, con una percentuale del 29 per cento, la più alta nella storia del Regno Unito.

I risultati sono però molto diversi a seconda dei partiti: le deputate del Labour Party, le donne sono il 43 per cento, quelle dello Scottish National Party il 36 per cento, mentre il Conservative Party ha eletto il 21 per cento di donne e nessuno degli 8 deputati dei Liberal Democrats è donna.

Sistema elettorale e sistema dei partiti

Il sistema maggioritario a turno unico, con collegi uninominali, è tradizionalmente considerato la ragione principale del bipartitismo che ha caratterizzato il sistema politico britannico per molti anni.

In realtà, il bipartitismo ha origini risalenti nel tempo ed è sempre stato radicato nella cultura politica del paese. Già nella seconda metà del XVII secolo è ben delineata la divisione tra due fazioni politiche, i tories, sostenitori della monarchia, della Chiesa anglicana, delle tradizioni della proprietà fondiaria e dei ceti rurali, ed i whigs, favorevoli al potere parlamentare e alla tolleranza religiosa e sostenuti dall’aristocrazia cittadina e dai suoi interessi di carattere commerciale.

Nel corso dell’Ottocento, le due forze politiche assumono una struttura organizzativa vera e propria di partito: i tories costituiscono il Conservative Party, i whigs il Liberal Party. Questo assetto si mantiene fino all’inizio del Novecento, quando, soprattutto grazie all’estensione del suffragio, si afferma il Labour Party, espressione politica dei sindacati e dei socialisti, a scapito dei liberali, che conoscono un rapido declino.

La formula elettorale maggioritaria uninominale ha dunque contribuito al consolidamento di un sistema politico già formato incentrato su due partiti, attraverso la tendenziale sottorappresentazione delle terze forze che si presentavano sulla scena politica.

Nel cd. ‘modello Westminster’, i due principali partiti si alterano alla guida del Paese.

Peraltro, negli ultimi è la natura bipartitica del sistema è stata messa in discussione. Non solo e non tanto perché nel Regno Unito risultano registrati oltre 400 partiti e formazioni politiche, quanto perché si è registrata una tendenza ad un progressivo ridimensionamento dei due partiti maggiori e all’affermazione di nuove forze politiche.

Le elezioni del maggio 2010 sono state caratterizzate dall’affermazione di un terzo partito di ispirazione liberale, i Liberal Democrats, che ha assunto un ruolo determinante per la formazione dell’esecutivo.

Il Conservative Party, vincitore delle elezioni dopo 13 anni di governo dei laburisti, con il 36,1% dei suffragi ha conseguito 306 seggi, ossia il 47,1% del totale, insufficienti dunque per raggiungere la maggioranza assoluta. Il Labour Party con il 29% dei voti ha ottenuto 258 seggi (39,7%). I Liberal Democrats, terza forza del paese, con il 23% dei voti avevano ottenuto l’8,8% seggi (57 seggi), a riprova della tendenza del sistema maggioritario a un turno a sottodimensionare le formazioni politiche diffuse a livello nazionale di medie e piccole dimensioni1.

Le elezioni del 2010, dunque, hanno determinato, per la seconda volta dal dopoguerra, un Hung Parliament (letteralmente: Parlamento ‘appeso’ o ‘in sospeso’), ossia una Camera dei comuni in cui nessuno dei due partiti principali dispone della maggioranza assoluta necessaria per formare il Governo. L’altro caso di Hung Parliament si era verificato dopo le elezioni del febbraio 1974; in quell’occasione il Labour Party formò un governo di minoranza con il compito di portare il paese a nuove elezioni, che si svolsero 7 mesi dopo.

I Liberal Democrats sono dunque stati il vero ago della bilancia tra conservatori e laburisti, decidendo, dopo trattative con entrambi i partiti, di allearsi con i conservatori di David Cameron, che ha assunto il ruolo di Primo Ministro, mentre il leader dei lib-dem Nick Clegg è divenuto vice-primo ministro. Per la prima volta dal dopoguerra il Regno Unito è dunque guidato da un governo di coalizione, per la cui formazione sono stati necessari ben 5 giorni dallo svolgimento delle elezioni (un tempo lunghissimo per gli standard britannici).

Oggetto della trattativa che ha portato al nuovo esecutivo è stata anche la legge elettorale, contestata dai liberal-democratici per i suoi effetti eccessivamente maggioritari. L’accordo di coalizione ha dunque previsto lo svolgimento di un referendum per il superamento del sistema maggioritario a turno unico in favore del sistema con voto alternativo.

Il sistema con voto alternativo, adottato per le elezioni della Camera dei Rappresentanti australiana, è un sistema con collegi uninominali che prevede che gli elettori indichino non il voto per un solo candidato ma l’ordine di preferenza tra i vari candidati. Si tratta dunque di una sorta di via di mezzo tra un sistema maggioritario a turno unico ed uno a doppio turno, che favorisce l’elezione non tanto del candidato più votato quanto di quello meno ostacolato2.

Il referendum elettorale si è svolto il 5 maggio 2011 ed il 67,9% dei votanti si è espresso contro il superamento del vigente sistema maggioritario a un turno. L’affluenza alle urne è stata del 41,97% (non era previsto un quorum di partecipazione per la validità).

Particolare clamore ha destato alle elezioni europee del maggio 2014, l’affermazione come primo partito dell’anti-europeista UK Independence Party (UKIP), con il 26,6% dei suffragi. Si è infatti trattato della prima volta in cui un’elezione non è stata vinta da uno dei due principali partiti e per di più da una forza politica non rappresentata in Parlamento. Contrariamente alle previsione di tutti i sondaggi preelettorali, che avevano escluso il delinearsi di una maggioranza netta, le ultime elezioni del maggio 2015 hanno visto una chiara affermazione del Conservative Party del Primo Ministro David Cameron, che, con il 36,9% dei suffragi, ha ottenuto 331 seggi (+24 rispetto alle precedenti elezioni), assicurandosi la maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni.

Il Labour Party, con il 30,4% dei voti e 232 seggi (-26) ha ottenuto il più debole degli ultimi 28 anni. Il partito laburista in parte ha pagato il suo sostegno alla campagna del ‘no’, a fianco dei conservatori, nel referendum per l’indipendenza della Scozia del 18 settembre 2014, che ha determinato la sua netta sconfitta in questa parte del territorio, in parte non ha convinto l’elettorato per la mancanza di un progetto realmente alternativo a quello dei conservatori.

I Liberal Democrats, precedentemente al Governo con i conservatori, hanno subìto una disfatta: 7,9% dei voti e 8 seggi (-49).

Il secondo vincitore delle elezioni è stato lo Scottish National Party, guidato da Nicola Sturgeon, che si è presentato solo in Scozia, feudo storico del partito laburista, ottenendo con il 4,7% dei suffragi ben 56 seggi (+50) sui 59 della Scozia.

L’anti-europeista UK Indipendence Party non ha ripetuto il successo delle elezioni europee, ma si è comunque affermato come terza forza politica per numero di voti (12,6%), ottenendo peraltro un solo seggio.

I 18 seggi dell’Irlanda del Nord sono stati appannaggio di partiti territoriali; tra questi, il Democratic Unionist Party, con 8 seggi (a fronte di uno 0,6% di voti a livello nazionale).

I risultati dimostrano chiaramente come il sistema elettorale maggioritario a turno unico amplifichi i risultati dei partiti concentrati territorialmente, come lo Scottish National Party e i partiti dell’Irlanda del Nord, e penalizzi i partiti di piccole e medie dimensioni diffusi a livello nazionale, come l’UKIP.

Dopo le elezioni il Governo è stato dunque di nuovo affidato al Primo ministro uscente David Cameron, che aveva peraltro assunto l’impegno politico di organizzare, in caso di rielezione, un referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (cd. Brexit).

Come noto, il referendum sulla Brexit, svoltosi il 23 giugno 2016, ha visto la vittoria dei Leavers, favorevoli all’uscita dall’Europa.

Questo risultato ha determinato la caduta del governo Cameron, che aveva invece sostenuto il Remain, e la formazione di un nuovo governo conservatore guidato da Theresa May.

Il Labour Party, anch’esso in favore del Remain, non è stato in grado di approfittare della crisi governativa per presentarsi all’elettorato come un’effettiva alternativa al governo conservatore, secondo i canoni del ‘modello Westminster’. Esso stesso è stato coinvolto da una crisi interna, che ha finanche portato, nell’agosto del 2016, ad un ricorso in sede giudiziaria sulle regole del partito per l’elezione del leader.

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