Il G7 del compromesso

-di FEDERICO MARCANGELI-

Compromesso. Il filo conduttore del G7 di Taormina è stato proprio questo, con il “macigno” Trump che ha cercato di affondare l’intero gruppo. Un tentativo che è andato a buon fine sull’immigrazione e sul clima. Lo sapevamo tutti chi fosse il Tycoon americano e non c’è da stupirsi di questi risultati. Per come è strutturato il G7 (ma anche l’economia globale) è impossibile isolare gli USA ed il braccio di ferro non porterebbe a nulla. Tanto più che la vincolatività di questi accordi è estremamente relativa ed una rottura potrebbe portare alla distruzione del poco raggiunto in questi anni. Nei fatti le uniche conquiste di questo vertice riguardano il libero mercato, anch’esso messo in discussione dal Presidente statunitense. Fin dalla campagna elettorale di questo autunno si parlava di un ritorno al protezionismo più becero, soluzione che pare essere stata scongiurata post-Taormina. Combattere il protezionismo e mantenere aperti i nostri mercati: questi i goals definiti dal testo. Ma gli sherpa americani hanno puntato tutto sulla lotta alla pratica scorretta del commercio. In questo modo è stata inserita una scappatoia per “difendersi” dai paesi asiatici e dalla Germania. I primi attuano delle politiche monetarie periodiche di svalutazione, mentre la seconda raramente rispetta i limiti di export degli accordi comunitari. Non mi stupirei se gli Stati Uniti riprendessero la loro politica di chiusura, utilizzando la leva della “protezione dalla concorrenza sleale”. Vedremo. Sommando il tutto si può parlare comunque di un piccolo risultato positivo. Stessa cosa non si può dire per il clima. Trump non ha voluto sentire ragioni ed è rimasto fermo sulle sue tesi negazioniste del riscaldamento globale, bloccando l’intero gruppo di lavoro. Con un tweet ha anche precisato “Prenderò la mia decisione sull’Accordo di Parigi la prossima settimana!”. Il rischio di un passo indietro da parte degli Stati Uniti (ufficiale o nei fatti poco cambia) è concreto e tutto il lavoro di questi anni sul cambiamento climatico potrebbe andare in fumo. Altrettanto becero è stato l’atteggiamento sull’immigrazione. La linea che esce dal G7 è quella già vista con il Muslim Ban: “i leader riaffermano il diritto sovrano degli Stati, individualmente e collettivamente, a controllare i loro confini e a stabilire politiche nel loro interesse nazionale e per la sicurezza nazionale”. L’unico spiraglio su questo tema riguarda l’aiuto concreto all’Africa, con un accenno a futuri investimenti (parole, non fatti). Trump è quindi uscito vincitore da questo G7. Ha dettato la sua linea scendendo a pochi compromessi. Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro, ma ogni spazio di ragionamento con il leader USA pare essere chiuso. Anche perché il ragionamento presuppone la capacità di discernere, aspetto che andrebbe accuratamente verificato in Donald.

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