Alitalia e il no del governo alla nazionalizzazione

-di SANDRO ROAZZI-

L’Italia sta perdendo uno dei pochi grandi gruppi che erano ancora un simbolo oltre che una realtà economica. Il Cda avvia le procedure per aprire la porta il commissariamento di Alitalia dopo il no del referendum, si parla di “spezzatino”, si dice “no” da parte del Presidente del Consiglio alla ipotesi di nazionalizzazione.  Tesi respinta già dall’impalpabile Ministro del Lavoro che fa rimpiangere e di brutto non solo i Brodolini e i Donat Cattin ma anche i Toros ( Forze Nuove, tanto per ricordare), gli Scotti, i De Michelis.

Che la vicenda Alitalia siamo il concentrato di un cumulo di errori va da sè. Probabilmente nessuno nel caso specifico può scagliare…la prima pietra. Eppure il disastro ripropone vizi che la seconda Repubblica non ha cancellato ma semmai accentuato e il cui …cuore pulsante sta rintanato in quella logica di casta che ha avvelenato politica ed economia. I manager, anche nella Prima Repubblica avevano indiscutibili collegamenti con la politica,  era l’era della lottizzazione.  Eppure era possibile individuare professionalita’ all’altezza, dirigenti che si sentivano anche servitori dello Stato, capi azienda che non ignoravano il valore di un cammino progettuale.  La seconda Repubblica ha imbastardito tutto. Oggi i nomi che girano per gli incarichi piu’ importanti echeggiano non piu’ scelte politiche quanto piuttosto sanno di cordate,  di salotti, di aristocrazie spesso “abusive” ma che per grazia ricevuta contano e devono contare.  La decadenza della vita politica ha prodotto anche questo esito meschino. Non si spiega altrimenti che chi si dimette se ne va con una bella liquidazione,  chi viaggia attraverso il mondo delle Presidenze può scambiare questo lavoro come un  hobby senza responsabilità mentre migliaia di lavoratori lo perdono il lavoro, che chi ha lasciato una azienda come la Rai senza rimpianti da parte di nessuno,  può essere ineffabilmente candidato a fare il commissario in Alitalia. L’impunita’ regna sovrana ed e’ l’unico principio che non pare messo in discussione. Dove poi sia finita l’informazione che pungola e denuncia nessuno più lo sa, ed il cerchio si chiude.

A questo punto parrebbe perfino logico che il Governo si dica contrario alla nazionalizzazione in coerenza con tale andazzo.  Ma vanno comunque fatte alcune riflessioni a tale proposito. Intanto il Governo sembra voler ignorare lo stato della nostra economia che ha già perso settori strategici,  altri ne può perdere come l’acciaio ed ora toccherebbe al settore aereo,   mentre i grandi gruppi si contano ormai sulle punta di una mano; si va disegnando un mondo produttivo sempre più disperso fra medie e piccole aziende  con poche élite in campo internazionale e, quindi, con una vocazione “industriale” della nostra economia sempre meno forte e propositiva.

Inoltre anche questo Governo come quelli che lo hanno preceduto dimostra di non avere alcun interesse a dotarsi di politiche industriali capaci di avere prospettive.  Impoverendo in tal modo il futuro economico e sociale.  Ed e’ il colmo che nessuno glielo rimproveri.  Certo, c’e’ il piano Calenda sull’ industria 4.0, ma se si abbandona al proprio destino un gruppo come Alitalia quale credibilita’ puo’ avere un complesso di…promesse tutte da verificare?

Insomma il problema non è solo il “no” alla nazionalizzazione ma che questo “no” arriva mentre l’Italia non ha più l’ombra di una  politica industriale,  perde terreno nei settori strategici e, da non sottovalutare, mostra una sudditanza assai poco accettabile solo nei confronti del mondo finanziario e bancario.  Un mondo che finora non ha certo aiutato molto lo sforzo per tentare di rimettere in pista la crescita.

Si può discutere sulla opportunitaà della nazionalizzazione,  tenendo conto delle ricadute sulla collettività che ha già…pagato dazio e che scatenerebbe le ire “elettorali”  degli oppositori. Ma non pare accettabile che mentre si esprime in modo categorico il rifiuto di questa ipotesi che andrebbe comunque approfondita, si lascia navigare nel mare dei media la eventualità dello…spezzatino, oppure si risponde sull’ipotetico interesse di una compagnia straniera, l’ennesima,  con un …lamentoso “magari”.

  Questo sarebbe l’atteggiamento responsabile che servirebbe in un momento drammatico, questo è quello che un Governo dimostra di poter fare?  Si puo’ arguire che comunque un ombrello assistenziale ci sarà per i dipendenti. Meno male,  ma non basta. Perchè il segnale che si dà con la vicenda Alitalia è devastante in quanto sa di ritirata senza condizioni.  E non si venga a dire che l’Europa potrebbe mettere il veto. In realtà in Europa si manda un segnale ancora peggiore che potrebbe suonare pressapoco cosi’: “…spolpateci per favore, noi non sappiamo che fare…”.

Questa vicenda suona anche come  un campanello d’allarme anche per le parti sociali.  La Confindustria non puo’ ignorare che fra grandi aziende come Fca che se ne vanno, altre che spariscono come Alitalia, altre che valutano gli aspetti sindacali come terreno di imegno esclusivamente  aziendale, mentre le categorie vanno per conto loro (e, per fortuna, con senso di realismo rinnovano i contratti) la sua rappresentativita’ rischia di declinare inesorabilmente. Ma anche per i sindacati Alitalia diventa una amara resa dei conti.  Forse esagera Oscar Giannino quando descrive una tale …evoluzione dello strumento del referendum: prima era un modo per regolare i dissensi fra sindacati, ora con Alitalia  finisce per far emergere i dissensi fra lavoratori e rappresentanza sindacale. Esagera ma resta pur un campanello d’allarme.

Le colpe degli interlocutori del sindacato sono enormi, non paragonabili con i possibili errori dei sindacati che devono per giunta compiere scelte dolorose quando si tratta di decidere sul destino di lavoratori e famiglie.  Eppure una riflessione anche critica forse andrebbe fatta. Il terzo protagonista poteva e doveva essere lo schieramento dei partiti. Evanescente. Ma non è una notizia. Eppure prima di mollare la presa su Alitalia sarebbe il caso di pensarci bene. Di proporre alternative.  Di pensare all’interesse generale.  Non lo meritano i dirigenti che hanno sfasciato Alitalia,  i politici che li hanno benedetti,  quei settori dei media che li hanno incensati ,  ma ne hanno diritto il futuro del Paese e l’angoscia dei lavoratori. Nessuno può cavarsela dicendo che non c’è più nulla da fare, che conta solo il mercato.  Troppo facile.

 

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

One thought on “Alitalia e il no del governo alla nazionalizzazione

  1. Analisi condivisa. Non si possono liquidare settori strategici dell’economia e dei servizi fondamentali in uno Stato, autonomo e inserito in contesti geo-politici e geo-economici , quasi immodificabili con trattati e patti interni ed esterni ,che condizionano assetti e fanno rischiare possibili emarginazioni e isolamenti del Paese. pericolosi per lo stato sociale e il suo possibile sviluppo.

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