Il singolare patto generazionale della Fondazione Visentini

La Fondazione Visentini ha scelto la Luiss per presentare il suo rapporto sul divario intergenerazionale. Dopo aver sottolineato che i giovani in Italia diventano autonomi in media a quarant’anni, viene proposto di tassare un po’ di più gli anziani e un patto di tre anni fra due milioni e mezzo di pensionati (evidentemente i titolari di assegni generosi) e altrettanti Neet, cioè i giovani che non lavorano e non studiano, per contribuire al loro sviluppo. Siamo in presenza di una stranissima idea di solidarietà che non sembra prendere in considerazione altri soggetti della società che pure dovrebbero partecipare alla stipula di questo patto, almeno quanto gli anziani. In politica normalmente si tagliano le ali estreme; qui si coinvolgono solo le due estreme.

A parte il fatto che da anni le pensioni sono bloccate, che quando si parla di pensioni più alte non si specifica mai la congruità, che il sistema pensionistico è stato utilizzato come un bancomat (fa fede la riforma Fornero che per soddisfare le necessità di cassa dello stato scelse la via più rapida e semplice allungando di un quinquennio l’età pensionabile con le conseguenze aggiuntive sul mercato del lavoro che tutti conosciamo), vorremmo capire se a questo patto in qualche maniera potrebbero essere chiamati a contribuire i tanti che evadono il fisco o che lo eludono. Sarebbe bello anche capire se sono esenti quegli imprenditori che hanno goduto dell’intervento a pioggia deciso dal governo Renzi relativamente alla decontribuzione che ha prodotto risultati temporanei sull’occupazione; sarebbe opportuno chiarire il ruolo che dovrebbe svolgere il governo che pure qualcosina può fare ad esempio con una vera riforma della scuola e dell’università e con investimenti realmente capaci di incidere sull’occupazione (e quindi sull’autonomia economica ed esistenziale dei giovani); se questo patto si debba poggiare su una seria riforma fiscale che, agendo su tutte le leve, ripristini una progressività che è stata profondamente sabotata agevolando la polarizzazione della ricchezza.

Sarebbe anche utile far presente agli estensori di una proposta che vorrebbe migliorare la coesione (ma che sembra al contrario affondare le sue radici in una logica di antica contrapposizione e di alimentazione di una sorta di revanscismo generazionale molto cara a diverse forze politiche) che in presenza di un welfare sempre più scarnificato e, quindi, di una solidarietà collettiva nei confronti dei giovani ridotta al lumicino, è stato il welfare familiare, alimentato in notevole misura dai pensionati, a garantire a molti giovani una decente condizione di vita. E, infine, vorremmo sapere se chi ha messo a punto lo studio ha tenuto presente che l’Italia in Europa è uno dei pochi paesi che fa pagare ai pensionati le medesime imposte delle persone ancora in attività, contrariamente a quanto avviene altrove dove ci sono meno Neet e i pensionati godono, comunque, di una fiscalità di vantaggio. Fermo restando che le sperequazioni pensionistiche andrebbero seriamente combattute. Per farlo, però, occorre avere un quadro di riferimento più chiaro e decisamente più articolato di quello che viene proposto attraverso questa singolare idea.

fondazione nenni

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