L’Italia delle famiglie in cui nessuno lavora

È la fotografia di un’Italia in sofferenza, sostanzialmente indifferente a una politica che ha trascorso il 2016 a dividersi sulla riforma costituzionale ma non ha avuto il tempo di dedicarsi a un milione e ottantacinquemila famiglie in cui nessuno ha lavora, pur essendo tutti inequivocabilmente abili e pur cercandolo. Sarebbe stato un utile banco di prova per Matteo Renzi, una straordinaria occasione per dimostrare la sua propagandata capacità di cambiare le cose. Ma quelle famiglie non hanno trovato posto nella sua agenda, nemmeno nei suoi tweet, nemmeno nelle sue risposte in diretta web. Un’Italia che è sfuggita alla sua narrazione, troppo impegnata a corteggiare quelli che a suo parere il lavoro dovrebbero crearlo ma non lo hanno, nonostante gli aiutini contributivi, creato nella misura sperata e, soprattutto, nella misura necessaria. È l’immagine di un fallimento che più di altri pesa sulle spalle del centro-sinistra e della sinistra che trova nel lavoro, nella capacità di costruire le condizioni per crearlo la sua ideologica ragion d’essere.

Un atto d’accusa in piena regola nei confronti di un mondo politico troppo interessato al nulla per accorgersi che il Mezzogiorno è in ginocchio perché oltre la metà (587 mila per la precisione) di quelle famiglie prive di una fonte di reddito da lavoro vivono al Sud, laddove diventa troppo facile per le mafie reclutare manovalanza affondando le mani nella disperazione. Un dato su cui bisognerebbe riflettere, in questi giorni in cui si parla di memoria e si ricordano le vittime delle organizzazioni criminali. La prima molla del riscatto è quella lavorativa, la dignità di un reddito prodotto onestamente: il miglior modo per ricordare quelle vittime sarebbe proprio quello di costruire politiche in grado di dare risposte positive a questo bisogno. Da un anno all’altro ci dice l’Istat, nulla è cambiato perché le famiglie in queste condizioni sono diminuite dal 2015 al 2016 appena dello 0,7 per cento. E poi ci sono le madri sole con figli: 192 mila famiglie si trovano in queste condizioni. E poi 970 mila famiglie in cui lavora solo la moglie mentre l’uomo paga il pedaggio della crisi. Numeri che interrogano la sinistra sulla sua identità: quella fatta di cose concrete, non di dichiarazioni retoriche.

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