Legge e autonomia per regolare il sindacato

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-di GIOVANNI FRAZZICA-

Uno dei temi più dibattuti dalla dottrina giuslavoristica italiana, come dagli stessi attori delle relazioni industriali, nonché controversi è quello della regolazione del sindacato e dell’eventuale attuazione dell’art. 39 della Costituzione. Su di esso è stato di recente pubblicato per i tipi di Giuffré Editore il volume “Sindacato: autonomia e legge” di Maurizio Ballistreri, docente di diritto del lavoro nell’Università di Messina.

L’opera trae spunto dalla circostanza che la dottrina giuslavoristica è impegnata da tempo ad indicare un nuovo quadro regolativo delle relazioni sindacali in Italia, anche nella prospettiva di un intervento legislativo in materia di rappresentanza e rappresentatività sindacali e contrattazione collettiva. E’ una tematica che, dopo decenni di rimozione se non anche di pregiudiziale rifiuto delle previsioni costituzionali in materia, ha acquistato nuova attualità, sulla quale, invero, la scienza lavoristica italiana non ha mai cessato di interrogarsi, pure in una prospettiva comparata.

L’autore nell’opera parte dall’analisi della crisi dei sindacati dei lavoratori, legati al modello produttivo taylorista-fordista, alla sovranità statuale sulle scelte economiche e sociali e al welfare state, in conseguenza dell’affermazione del capitalismo globalizzato e finanziarizzato, con la messa in questione del loro ruolo di corpi intermedi della società e di fondamentali presidi di democrazia, espressione di visioni politiche e culturali del ‘900, dalla dottrina sociale e dal personalismo cattolici come dai modelli di derivazione weimariana delle socialdemocrazie europee

E Ballistreri, memore della lezione del grande giuslavorista anglo-tedesco Otto Khan Freund e dei suoi moniti sull’uso del metodo comparato, verifica analogie e differenze con l’attuale modello francese in materia, senza indicare la bontà di un innesto sic et simpliciter nel nostro ordinamento del lavoro, stante le diverse specificità nazionali.

Il volume ricostruisce in modo approfondito il dibattito dottrinale in Italia sul rapporto tra legge e autonomia collettiva, quali fonti regolamentatrici del sindacato, a partire dal periodo dello Stato liberale, seguito dal corporativismo fascista e dalla transizione sindacale verso la Costituzione repubblicana.

Ballistreri, poi, focalizza la previsione della Costituzione sulla regolazione del sindacato, frutto di un acceso confronto politico e culturale in sede di Assemblea costituente, con l’art. 39 che prevede espressamente assieme al principio-precetto della libertà e del pluralismo sindacali anche la regolazione per legge di queste materie, la cui inattuazione per quasi 70 anni è dipesa dalla preferenza accordata ai sindacati al ricorso alla fonte legale dell’autonomia collettiva e, quindi, all’utilizzazione di strumenti pattizi con le associazioni datoriali. E qui, l’autore richiama l’uso della contrattazione collettiva di diritto comune e il ruolo di supplenza della Corte costituzionale e della Cassazione per disciplinare il fenomeno sindacale, con la creazione di un sistema sindacale “di fatto”, che ha consentito a Gino Giugni, al cui insegnamento Ballistreri è legato, e ad una parte significativa della dottrina giuslavoristica italiana di elaborare la teoria dell’”ordinamento intersindacale”. Una teoria che ha, successivamente, con la “creatura” giuridica di Giugni, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, di importare in Italia la complessa strumentazione della legislazione promozionale del sindacato, elaborata dalla “Scuola di Oxford”.

E poi l’autore arriva ai giorni nostri, dove, anche alla luce degli accordi “separati”, in particolare alla Fiat, la regolazione per via contrattuale degli istituti della rappresentanza e della contrattazione collettiva mostra evidenti limiti, prova ne sia che il Testo Unico del 10 gennaio 2014 su tali materie tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria non ha trovato concreta applicazione.

In questo scenario di incertezze, in cui a livello politico si è anche incentivata la cosiddetta “disintermediazione”, il superamento, cioè, del dialogo sociale dopo gli anni della concertazione in cui sindacati dei lavoratori e associazioni dei datori di lavoro hanno concorso a determinare la politica economica del Paese, con un modello definito di “necorporativismo dell’emergenza”, Ballistreri richiama gli studi scientifici e le varie tendenze di politica del diritto, le quali ritengono che l’eventuale “legge sindacale” in Italia debba ispirarsi al modello adottato storicamente in Francia. Tale modello sul versante degli istituti della rappresentatività e della contrattazione è segnato da un notevole interventismo della legge, diverso, quindi, dal modello italiano tradizionalmente alieno da “incursioni” eteronome nella contrattazione collettiva, in grado di dare certezze sul terreno del rapporto tra rappresentatività reale ed efficacia generalizzata dei contratti collettivi. Il volume di Ballistreri, caratterizzato da solida dottrina, da un’indagine scientifica approfondita e da una capacità di analisi oltre i confini nazionali, frutto di un impegno accademico anche in diverse università europee (Extremadura e Santiago di Compostela in Spagna; Sorbonne-Pantheon a Parigi, Università Economica di Cracovia, Atenei di Kiew e di Zagabria), mostra come non sia più un tabù parlare di un intervento eteronomo di legge nei confronti degli istituti della rappresentanza, della rappresentatività e dell’efficacia dei contratti, rispetto all’autonomia collettiva, in una logica di dialogo e di incontro tra le due fonti proprio sul modello storicamente affermatosi in Francia, riscontrando in questo salto evolutivo tutta l’attualità delle teorie dell’istituzione come organizzazione sociale. Si tratta, indubbiamente, di un importante contributo ad una nuova prospettiva sindacale in cui, finalmente, ci siano certezze sulle regole della rappresentanza e della rappresentatività, superando la logica esclusiva del reciproco riconoscimento tra alcuni dei protagonisti delle relazioni industriali per favorire l’inclusione di nuovi soggetti rappresentativi, misurando la consistenza in azienda ai fini dell’attribuzione dei diritti sindacali, valorizzando anche un modello sindacale legato alle dinamiche del territorio e delle comunità in esso insediate. Dal contributo scientifico di Ballistreri, in definitiva, emerge l’esigenza che la disciplina del sindacalismo in Italia, proprio sulla base del dialogo tra legge e autonomia collettiva, ricostruisca il rapporto tra rappresentanza e dinamiche sociali, vivificando quel modello politico e sociale pluralista, secondo cui tra istituzioni e cittadini sia necessario l’inserimento di gradi intermedi di distribuzione del potere che tutelino questi ultimi dalle eventuali forme dispotiche del suo esercizio.

Maurizio Ballistreri: “Sindacato: autonomia e legge”, Giuffrè 2016, pp. XIV-234, euro 25,00

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