Se la sinistra riuscisse a riscoprire il piacere dell’unità

politici

-di PAOLO RUSSO-

Non è una novità che, nel contesto italiano e in particolar modo dal periodo post-tangentopoli, le scissioni partitiche siano una delle issues di primo piano nel panorama delle politics. E’ evidente che questa questione, in fin dei conti, ha sempre maggiormente toccato le sinistre, più che la destra. Ed è anche l’uso di questo plurale, molto ambito in campo giornalistico, a renderlo evidente.

Tra scissioni, confluizioni, reunion, trasformazioni e coalizioni, i partiti della sinistra parlamentare italiana sono risultati quelli meno coesi. Si pensi alle innumerevoli scissioni del PSI dal ’21 e lungo tutto l’arco della prima repubblica, quelle tra Nenni e Saragat, un costante amore e odio culminato con la candidatura congiunta alle elezioni del ’68, con risultati deludenti che causeranno la fine del giovane PSU. Aveva fatto seguito all’entrata dei socialisti nel governo Moro I del ’63, la scissione dell’ala massimalista del PSI, riunitasi nel PSIUP. Non di meno complessi sono stati i rapporti avutisi tra comunisti e socialisti, dal Fronte popolare delle fatidiche elezioni del 18 aprile 1948, ai fatti d’Ungheria d’Ungheria del ’56.

Nel recente passato, è toccato al vecchio PCI, così come a tanti altri partiti marchiati prima repubblica. Nasce il PDS, il progressismo di sinistra rifiutato dal nuovo partito d’ispirazione marxista, il PRC, da cui, a suo volta, nasce il PdCI. E’ il 1998 e la rottura è dovuta alle divergenze sulla fiducia al primo governo Prodi.

Dopo questo excursus nostalgico ma chiarificatore, guardiamo al presente. Cosa ci propone la sinistra moderna? Niente di nuovo, mi verrebbe da dire. Oggi come allora, è una continua lotta per chi si colloca più a sinistra, non tenendo conto del fatto che, ad oggi, più ti posizioni agli antipodi, meno sei politicamente considerato, perché escludi dal tuo target una fetta di cittadini-elettori non indifferente. Quelli non ideologizzati, o quelli che l’ideologia l’hanno persa. Oggi, giusto per rendere l’idea, abbiamo addirittura un Partito Comunista, guidato dal segretario Marco Rizzo.

Oggi il PD, una mixture tra la vecchia DC e il PCI, risultato tardivo di un compromesso storico a noi già noto, ha la fortuna di aver inglobato le caratteristiche del “partito di massa” dai suoi progenitori, ma anche la sfortuna di vedersi fronteggiato da quelli che potrebbero essere i suoi migliori amici, seduti nella stessa aula ma poco più a sinistra. Oggi il PD affronta una scissione che, a mio parere, non pesa solo politicamente, ma anche moralmente. Non basterà un leader carismatico, almeno momentaneamente, a risollevare una situazione che fa capo ad una tradizione ultrasecolare. Ma una sinistra unita, in Italia, può fare molto di più, può inglobare in sé molti più cittadini con le rispettive esigenze, creare nuove e maggiori responsabilità, che servono per avere quella legittimazione che alla sinistra moderna, in buona parte, manca.

Per quanto si possa essere avversi ad Emiliano, candidato alle prossime primarie del PD, gli va riconosciuto il merito di non aver contribuito all’ennesima dissoluzione della sinistra, tornando negli argini e cercando di far assorbire la piena. Questo, nel bene e nel male, è lo spirito di partito che tanto ci manca, e di cui, ogni tanto, dovremmo anche tener conto.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

One thought on “Se la sinistra riuscisse a riscoprire il piacere dell’unità

  1. Il PD non è un partito di sinistra e nemmeno di centrosinistra. Quella di Articolo 1- MDP non è una scissione NELLA sinistra ma la separazione della sinistra dal PD.

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