Fuoriusciti Pd: nel nome prevale una fobia

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-di ANTONIO MAGLIE-

Dato che la rivista della Fondazione Nenni si chiama “L’articolo1” ci sentiamo in dovere di intervenire sul nome della nuova formazione che hanno costruito i fuoriusciti del Pd (meglio non definirli “scissionisti” visto che in quella maniera veniva indicata l’organizzazione camorristica guidata da Raffaele Amato e separatasi nel 2004 dal clan Di Lauro: Roberto Speranza, Enrico Rossi e Arturo Scotto avrebbero buoni motivi per adombrarsi).

Il nome, appunto: “Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti”. A parte la difficoltà dell’eventuale acronimo, A1MDP che sembra quasi il codice di un nuovo motore o dell’ultimo modello di televisione ultra-hd, bisogna dire che solleva qualche dubbio e qualche perplessità questo affollato biglietto da visita. Soprattutto svela una sorta di fobia nei confronti di un aggettivo.

Tutto bene per l’articolo 1: quasi il titolo di un programma da riempire di contenuti, partendo da un quesito che a sinistra da tempo non ci si pone più, cioè come realizzare nel concreto quella “Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Per ora, l’abbiamo fondata stabilmente sul non lavoro o sul lavoro sottopagato o sull’indifferenza nei confronti del lavoro o sull’idea che all’interno dei costi di produzione l’unico realmente flessibile (anzi, comprimibile) sia proprio quello legato al lavoro (pensiamo alla Apple: nel prezzo di vendita all’ingrosso di un iPhone la remunerazione per l’attività svolta dai lavoratori incide nella misura dell’otto per cento).

Per carità, nessuno di noi pensa da tempo che il salario sia una variabile indipendente. Ma il fatto è che nel tempo è stato rovesciato il concetto illustrato a metà degli anni Settanta da Riccardo Lombardi quando affermava che era necessario mettere al servizio del lavoro tutte le variabili economiche; oggi, al contrario è il lavoro che viene messo al servizio di tutte le variabili economiche e questo, va detto con estrema sincerità, non solo sotto il governo Renzi perché, poi, qualcuno (anche tra i fuoriusciti) ha consentito la nascita e la permanenza a palazzo Chigi dell’esecutivo presieduto da Mario Monti.

Il resto, però, un po’ stona. Democratici e progressisti. Va bene il primo aggettivo; ma il secondo per una forza di sinistra appare un po’ vago, generico e, in qualche maniera, anche equivoco. In fondo basterebbe poco per qualificarsi in maniera più chiara, per indicare in estrema sintesi il ritorno alle idealità originarie. Basterebbe, cioè, adottare un aggettivo che è presente nel nome del gruppo parlamentare europeo a cui Speranza e Rossi fanno riferimento: S&D, socialisti e democratici.

antoniomaglie

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