E ora Erdogan è il padre-padrone della Turchia

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Recep Tayyip Erdogan ha quasi ultimato il suo contro-golpe. Il Parlamento ha infatti approvato la riforma costituzionale da lui voluta che trasforma la Turchia, già in stato di emergenza da sei mesi, in una Repubblica presidenziale. Insomma, Erdogan sarà ufficialmente il padre-padrone del Paese, completamente titolare del destino dei suoi concittadini. È la parabola di una democrazia che si trasforma in democradura, che resta tale solo nella forma superficiale delle consultazioni elettorali periodiche che in una situazione come quella che si verrà a creare potrebbe garantire maggioranze sempre più oceaniche a Erdogan. Il potere del presidente della Repubblica che non ha mostrato particolare rispetto per le garanzie personali e per le Carte sui diritti dell’uomo nella repressione del golpe, con una ondata d’arresti che è parsa in una certa misura arbitraria, sarà smisurato. Il Parlamento avrà tre mesi di tempo per approvare lo stato d’emergenza e in quel lasso temporale potrà disporre la leva di massa. Contemporaneamente il presidente potrà decidere la sospensione dei diritti civili e delle libertà personali, tutti principi che sono alla base di uno stato democratico. Ora la parola passa alle urne: la riforma dovrà essere sottoposta a referendum. Ma è evidente che alle porte dell’Europa rischia di nascere un sistema lontano da quelli che per noi sono standard minimi di democrazia. Un Paese che chiede di entrare in Europa spesso facendo la voce grossa, che nel frattempo intrattiene rapporti molto più che amichevoli con Putin (ma come si dice similis cum similibus) e al quale versiamo una sorta di miliardaria “parcella” per non farci inondare di migranti. Ma Bruxelles, come nelle migliori tradizioni, tace.

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