M5s e Lega uniti nella lotta. E nella disinformazione

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-di ANTONIO MAGLIE-

In questi giorni di manovre quirinalizie e post-quirinalizie è risuonato numerose volte un sostantivo: legittimità. A evocarlo in continuazione sono stati i rappresentanti della Lega Nord e quelli del Movimento 5 stelle. E così si è parlato di Parlamento illegittimo relativamente alla realizzazione di una nuova legge elettorale; di un governo Gentiloni illegittimo perché non riconosciuto in qualche maniera dal popolo. Tutte le opinioni sono notoriamente rispettabili solo che in questo caso bisognerebbe attenersi a quel che racconta l’unico nostro vangelo laico, cioè la Costituzione che è stata confermata a furor di popolo lo scorso 4 dicembre. E da questo punto di vista il riferimento seriale alla legittimità o illegittimità appare poco fondato; prezioso, se si vuole, nella propaganda politica solitamente disinformata e disinformante, ma scarsamente produttivo se si cerca di valutare la situazione da un punto di vista obiettivo senza entrare nel merito della valutazione del governo prossimo venturo ma solo attenendosi a quello che la Carta dice.

E se determinate forzature possono essere comprensibili nel momento in cui spuntano sulle labbra di Matteo Salvini che non ha votato “no” per difendere la Costituzione (la cambierebbe volentieri e semmai in senso decisamente autoritario) ma solo per mandare a casa l’altro Matteo, Renzi, appaiono meno accettabili quando a sostenerle sono esponenti di un partito che hanno dato un connotato ideale e ideologico alla propria battaglia, cioè il Movimento 5 stelle, battendo le piazze d’Italia per sostenere la validità della Costituzione. E, allora, delle due l’una: o quella difesa di principio era un inganno che puntava semplicemente a nobilitare l’obiettivo schiettamente e anche legittimamente politico o i dirigenti di quella forza politica hanno una conoscenza superficiale della legge fondamentale che hanno contribuito in misura notevole a confermare.

Prendiamo Luigi Di Maio. A suo parere bisognerebbe andare al voto con l’Italicum che uscirà dalla sentenza della Consulta per provvedere solo in una fase successiva alla elaborazione della nuova legge elettorale con un Parlamento eletto dal popolo. E perché il Parlamento di cui lui fa parte in veste per giunta di vice-presidente dell’assemblea di Montecitorio non è figlio di una consultazione popolare? Chi è che ha deciso (Grillo e Casaleggio a parte) di spedire lui e i suoi numerosi colleghi su quegli scranni? C’era o non c’era il suo nome e quello dei suoi compagni di avventura politica nelle liste sulla cui base 35 milioni 270 mila 926 italiani manifestarono le loro preferenze gratificando il Movimento 5 stelle con un confortante 25,56 per cento? Poniamo queste domande perché non vorremmo esserci persi qualcosa. E dato che al momento il presidente della Repubblica “sentiti i loro presidenti” non ha deciso di “sciogliere le camere” (articolo 88 della Costituzione, secondo comma), allora siamo indotti a pensare che sia ancora funzionante un Parlamento regolarmente eletto il 24 febbraio del 2013. Dunque, assemblee che possono tranquillamente legiferare. Possono farlo anche se sono state elette sulla base di una legge nel frattempo dichiarata incostituzionale perché è stata la stessa Consulta a sottolineare che la sua decisione non produceva alcuna menomazione nei poteri del Parlamento in carica.

Un’altra questione sollevata da Di Maio riguarda la “legittimità” del governo. Ebbene la legittimità non la decide né Grillo né il collegio dei probiviri del Movimento 5 stelle; la legittimità è determinata dalla legge e, ancora una volta, dalla Costituzione. Può essere politicamente disdicevole (e in effetti lo è) il fatto che esponenti non eletti come Matteo Renzi o Mario Monti vengano chiamati a guidare un esecutivo (ma da nessuna parte nel nostro ordinamento è rinvenibile una norma, un comma, un codicillo che lo vieti).

Ma va anche chiarito che nel nostro Paese non è stata ancora introdotta l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Qualcuno può anche volerla e qualche altro (Berlusconi) può essersi illuso che le cose stiano in questa maniera perché attraverso una legge ordinaria è stata consentita l’iscrizione nella scheda del nome del leader candidato alla guida dell’esecutivo (uno dei tanti papocchi della nostra non attentissima classe politica). Ma la costituzione si pone al di sopra di una norma ordinaria e nella Carta (la stessa che Di Maio, Di Battista, Grillo hanno difeso sulle piazze) al secondo comma dell’articolo 92 si legge: “Il Presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. Norma che va evidentemente interpretata anche sulla base del secondo comma dell’articolo 1 in cui si afferma: “La sovranità popolare appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Dunque Mattarella non è fuori dalla Costituzione perché tra le “forme” in cui si esercita la sovranità popolare non rientra quella di nominare il presidente del consiglio che, al contrario, rientra chiaramente nei poteri del Capo dello Stato. Gentiloni può piacere e può non piacere ma non è un usurpatore, non è figlio di un colpo di stato, non è stato imposto con la forza dei carri armati. Il Movimento 5 stelle si candida notoriamente a governare ma la prima legittimazione di un soggetto governante si basa proprio sull’accettazione delle regole, anche quando siano, dal punto di vista degli interessi di parte, palesemente sfavorevoli. Si criticano, si contestano, si cambiano ma sino a quando sono in vigore, si accettano e si rispettano.

antoniomaglie

One thought on “M5s e Lega uniti nella lotta. E nella disinformazione

  1. Paolo sono fortemente spaventata da chi vota e continua a bere le fandonie di questi due leader di partiti. …quelli che non capisco cosa si aspettavano dalla vittoria del no….era un referendum mica delle politiche. …non conoscono le leggi, la costituzione e la politica

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