Ecco il paese reale: licenziamenti +11%

poletti-agf-k68h-672x351ilsole24ore-web

Mentre l’Italia della politica si divide sulla durata governo e sulle elezioni promettendo grandi mobilitazioni per costringere Paolo Gentiloni a fare in fretta le valigie (Beppe Grillo ha annunciato una manifestazione entro il prossimo 24 gennaio), il Paese reale deve fare i conti con problemi decisamente più urgenti. I licenziamenti, ad esempio, che crescono. Un brutto segnale che ha da tempo cominciato a manifestarsi (la coda avvelenata del Jobs Act? Il ministero al momento non conferma ma gli indizi spingono a ritenere che questa impennata sia da mettere in relazione alle norme varate e così tanto esaltate). Secondo le rilevazioni del ministero del lavoro nel terzo trimestre del 2016 i licenziamenti individuali e collettivi sono stati 227.358 con un aumento del 10,8% (+22.213) sullo stesso periodo del 2015. Le dimissioni diminuiscono del 17,2% e si attestano a quota 302.335. Il dato risente probabilmente anche delle nuove norme sulle dimissioni on line.

Insomma, i numeri ministeriali confermano quel che si sapeva da tempo: senza decontribuzione tutto il castello costruito intorno al Jobs Act viene meno perché sono i benefici finanziari che nel 2015 hanno spinto le assunzioni non le nuove norme (e meno ancora gli investimenti visto che ben pochi dei risparmi contributivi ottenuti dagli imprenditori sono stati indirizzati verso quel traguardo). E così contemporaneamente aumentano i licenziamenti e diminuiscono le nuove attivazioni. Il report del ministero del lavoro lo dice con chiarezza: nel terzo trimestre 2016  le nuove assunzioni stabili a tempo indeterminato sono state 406.691, in calo del 18,7% sullo stesso periodo del 2015 e inferiori alle cessazioni di contratti stabili (483.162) nel periodo. 

I dati trimestrali del ministero del Lavoro che rispetto a quelli diffusi mensilmente dall’Inps contengono anche quelli su operai agricoli, colf e pubblica amministrazione e tengono conto anche delle collaborazioni registrano anche 117.577 trasformazioni in contratti a tempo indeterminato (quindi le attivazioni complessive di contratti stabili sono 517.268). Si rileva un calo del 5,4% del numero di attivazioni complessive (a 2,38 milioni) con le riduzioni più sostenute nelle Regioni del Centro-Sud a fronte di 2,32 milioni di cessazioni totali (-3,2%). Le attivazioni a tempo determinato rappresentano oltre i due terzi del totale (71,3% pari a 1,7 milioni) dei contratti avviati nel periodo. Gli avviamenti a tempo indeterminato rappresentano poco più del 17% del volume totale di attivazioni, (2,8 punti percentuali in meno del terzo trimestre 2015). I lavoratori interessati alle nuove attivazioni sono 1,86 milioni. Il 30,5% dei rapporti di lavoro cessati (oltre 708.000 su 2,32 milioni) ha avuto durata inferiore a un mese mentre il 17,7% ha avuto una durata superiore a un anno. Per quanto attiene i motivi di risoluzione, si riducono del 17,2% le dimissioni e aumentano del 10,8% i licenziamenti arrivando a quota 227.358.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi