Kennedy, tra un anno sapremo tutto. Forse

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-di MAURO MILANO-

Dallas, Texas, cinquantatré anni fa, ore 12:30. Sparano al Presidente degli Stati Uniti d’America. John Fitzgerald Kennedy viene ucciso. Un delitto che ha scioccato il mondo. Un’intera generazione ricorda con esattezza dov’era, cosa stava facendo, in quel momento. Ma qualcuno ha anche detto: “hanno fatto bene”. I nemici di JFK non erano pochi. E dopo tanto tempo c’è ancora la sensazione di non sapere la verità, nei sondaggi la maggioranza del popolo americano si rivela scettica.

Di quel 22 novembre 1963 abbiamo tutto. L’assassinio in diretta, che un signore del posto, Abraham Zapruder, ha ripreso in “Super 8”, come un millennial di oggi con lo smartphone. Abbiamo tutta la telecronaca del famoso Walter Cronkite, volto della CBS, abbiamo l’audio degli spari. Ma tante persone non si accontentano della versione ufficiale sull’assassinio. La stessa idea della cospirazione ricorre spesso nel cinema e nella letteratura. C’è una scena di Io e Annie, in cui Woody Allen è talmente angosciato dalla teoria del complotto, che rimugina la cosa anche mentre sta baciando la sua compagna. Viene contestato quasi tutto: l’attentatore è stato solo uno? i colpi solo tre? E chi c’era dietro? La mafia? La CIA o L’FBI? Castro o gli anti-castristi?

La commissione ufficiale, nominata quasi subito dal nuovo Presidente Lindon B. Johnson, guidata da una figura autorevole come il Capo della Corte Suprema Earl Warren, ha lavorato per dieci mesi e ha identificato l’assassino in Lee Harvey Oswald. Secondo la commissione, ha sparato – tre volte – dal deposito dei libri in cui lavorava, che affaccia sul luogo del delitto (oggi l’edificio è dell’amministrazione, con un piano adibito a museo dell’attentato, ndr). Oswald ha un profilo “perfetto”: lupo solitario, squilibrato, filo-castrista, disertore in Unione Sovietica (il mondo del 1964 è immerso nella Guerra Fredda). Si è definito un “capro espiatorio”, ma non è stato mai processato. Non c’è stato il tempo: sparano anche a lui, due giorni dopo, prima del funerale del presidente. L’assassino è Jack Ruby, gestore di un locale frequentato dalla malavita di Dallas. L’attentatore non può parlare perché è morto, come i jihadisti degli ultimi attentati che sconvolgono il mondo di oggi. Ruby dice che voleva risparmiare dolore alla First Lady vedova, ma le speculazioni non tardano.

L’uomo che più si è dedicato a cercare un’altra verità è stato un magistrato di New Orleans, Jim Garrison. Il suo lavoro è stato documentato dal film JFK – Un caso ancora aperto, di Oliver Stone (1991). Garrison ha portato l’omicidio Kennedy in tribunale, l’uomo da lui accusato è stato giudicato tuttavia non colpevole. Tra le emblematiche citazioni del film ce n’è una di un Mister X dei servizi segreti, interpretato da Donald Sutherland: “Questa è la vera domanda: perché? il come e il chi sono solo diversivi per il pubblico”. Se c’è stata la cospirazione, allora, perché c’è stata? Per quale causa? Per quale fine?

Secondo la pista mafiosa, il mandante sarebbe Sam Giancana, boss di Chicago. Una ritorsione contro le nuove misure del Procuratore Generale Robert Kennedy, fratello del Presidente. Il padre di JFK, Joseph, a Chicago avrebbe ottenuto l’appoggio della mafia italo-americana alle Elezioni Presidenziali. Questa versione è estrapolata dalle confessioni del sicario James Files, dal carcere.

La versione di Garrison, invece, vede la complicità degli anti-castristi e di ambienti militari e dei servizi segreti, legati alla lobby delle armi. Kennedy voleva ritirare le truppe dal Vietnam nel secondo mandato, voleva un disimpegno americano nei vari conflitti dell’epoca. E la guerra è anche industria. C’è poi chi ipotizza la vendetta per il programma del 35esimo presidente sui diritti civili. I democratici avevano ottenuto, nel 1960, parecchi voti in Texas, lo stesso vicepresidente e poi presidente Johnson era texano. Il Texas e gli altri Stati del Sud non volevano la fine della segregazione. Non sono state trovate finora, in ogni caso, prove sufficienti che accertino queste versioni.

Negli anni Settanta, c’è una svolta nelle indagini. Il Presidente Ford, già membro della Commissione Warren, nomina un altro organo, l’HSCA. La nuova Commissione trae conclusioni più vicine alla teoria del complotto: per esempio non esclude che ci sia almeno un altro attentatore insieme a Oswald. L’anno scorso, un nuovo documento ha rivelato omissioni da parte del direttore della CIA di allora. La versione Warren sembra più lontana, dunque. Da quasi vent’anni (Presidenza Clinton) è stato dato il via libera alla divulgazione di più sessantamila documenti sul caso Kennedy. Quelli ancora riservati verranno desecretati entro il 26 ottobre 2017, secondo il JFK Records Act del 1992. Tra meno di un anno si potrebbe sapere di più, molto di più. A meno che il Presidente USA in carica non decida di bloccare parte del materiale. Cosa farà Donald Trump?

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