-di ANTONIO MAGLIE-
In questi giorni circola un appello sottoscritto da alcuni intellettuali europei e promosso da un gruppo di politici in servizio permanente effettivo o temporaneamente in stand by. Riguarda l’Europa in particolare, ma più in generale la crisi della politica minacciata da quelli che con definizione troppo generica vengono chiamati partiti populisti, una genericità che finisce per fornire chiavi interpretative piuttosto distorte. Non a caso nel documento a un certo punto si legge una frase in qualche misura sorprendente: “Ovunque sono minacciati i partiti moderati”. La sorpresa nasce dalle storie politiche di alcuni dei promotori: Sandro Gozi, democratico di stretto e inossidabile rito renziano, Felipe Gonzalez, socialista di rito pragmatico, Roberto Saviano e Daniel Cohn-Bendit la cui storia giovanile ha veramente poco a che vedere con quello che si intendeva e si intende ancor oggi per “moderatismo”.
Quella frase corrisponde quasi a una voce dal “sen fuggita” e spiega, seppur in forma inavvertitamente capovolta, quel che sta avvenendo nel mondo, in Europa, alla destra che un tempo veniva definita “per bene” e alla sinistra non rivoluzionaria ma sinceramente e radicalmente riformatrice. Una spiegazione indiretta e, probabilmente, non condivisa dagli estensori dell’appello. Perché i problemi sono quasi tutti lì: in una crisi dei partiti tradizionali ormai indistinguibili non tanto nella collocazione parlamentare, che non è cambiata, ma nella definizione ideale o (il sostantivo non suoni come una bestemmia) ideologica.
Il cittadino-elettore sceglie ciò che si distingue, ciò che si caratterizza: negli Stati Uniti hanno scelto Trump perché portatore di un messaggio sicuramente populista ma allo stesso tempo chiaro e caratterizzato che faceva leva sulle insoddisfazioni, le rabbie e le paure che non possono essere semplicisticamente derubricate sotto la voce populismo. Questo è il grande, pessimo vizio, di una sinistra elitaria che da tempo sembra aver dimenticato qual è storicamente il suo “socio di riferimento” (i ceti popolari), la sinistra nelle sue varie versioni “cashmirizzate”, “terrazzate”, “salottierizzate”.
Ed è anche il vizio di un altro tipo di sinistra: quella che è rimasta tale nella maschera pubblica ma nel frattempo si è fatta egemonizzare dai poteri forti economici nazionali e sovranazionali. Da un lato la sinistra che diceva di parlare a nome del popolo da cui poi fuggiva trovandolo in troppi aspetti lontano dal politicamente educato e corretto (“Brutti, sporchi e cattivi” di Manfredi potrebbe essere un film di culto), fedele al vecchio tic spocchiosamente didattico che assegna a una minoranza di eletti il compito di provvedere al riscatto sociale, spirituale e culturale del volgo, dei “servi della gleba”. Dall’altro, la sinistra che ha soddisfatto la propria brama di potere e di vanità negli incontri a Cernobbio o nei summit di Davos cioè associando se stessa ai luoghi e alle persone che perseguivano strategie esattamente contrarie agli interessi di quelli che dovevano essere i blocchi sociali ed elettorali di riferimento; puntare il dito oggi in questi appelli contro la distribuzione diseguale del reddito dopo aver tenuto bordone a coloro che hanno creato le condizioni perché questo accadesse è esercizio a dir poco ipocrita. Non si può essere “amici” di banchieri, finanzieri e speculatori e poi lamentarsi per il fatto che al “moderatismo” il “popolo”preferisca i messaggi volgarmente semplici e semplicistici di Trump o di Marine Le Pen o di Salvini perché se da un lato è certo, come dice Zigmunt Bauman, che questa offerta politica è medicina peggiore del male che vuole curare, dall’altro è evidente che quella proposta viene premiata perché identificabile trovando alimento in impoverimenti materiali, preoccupazioni personali e paure quasi ancestrali.
Il moderatismo se è assuefazione al meno peggio, se è la trasposizione politica della filosofia popolare del meglio un uovo oggi che la gallina domani (dimenticando che la gallina oggi ti consente di avere l’uovo non solo domani ma anche dopodomani e nei giorni a venire), se è furbo mascheramento, non è una qualità, non lo è nella vita e meno ancora nella politica. Questo paese si è cibato generosamente di moderatismo, soprattutto in anni in cui ci sarebbero state le condizioni per osare di più e i risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti: riforme (vere, non quelle di Renzi) mai realizzate o realizzate male, modernizzazione a spizzichi e bocconi e territorialmente a macchia di leopardo, una macchina statale che ha ispirato se stessa al principio non del “primo vivere” ma del “primo sopravvivere” a tutto e a tutti, annusando il vento e saltando sul carro del vincitore al momento giusto, una cultura del bene comune che sembra avere dei sussulti solo nel momento in cui si percepisce la possibilità di privatizzare quel bene, una diffusa mancanza di rispetto per le regole e uno spirito di solidarietà che non arriva nemmeno ad abbracciare il vicino di casa. Il moderatismo è quel vizio che trovava la sua massima esaltazione in una battuta andreottiana: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. La storia, però, lo sta smentendo.
È esattamente contro questo moderatismo che si ribella il “popolo” (per restare sempre alla parola populismo) stanco di essere tradito da partiti troppo simili per essere scelti o farsi scegliere, di personaggi politici che hanno confiscato i sogni dei figli, di furbastri che predicano in un modo e razzolano in un altro per raccattare voti e poi dimenticare i bisogni di quelli che glieli hanno dati, di leader incapaci di buttare il cuore oltre l’ostacolo. È contro la sinistra che si accontenta, “moderata” nel senso che non indica un traguardo ambizioso da raggiungere costi quel che costi negandosi così all’impeto visionario, che il vecchio “socio di riferimento” si ribella.
Gli estensori di quell’appello sono tutte persone degnissime ma hanno il problema di vivere in una torre d’avorio fatta di privilegi. Faticano a capire cosa sia la vita reale, quella di un lavoratore a millecinquecento euro al mese, con bilocale periferia, un mutuo che fatica a onorare ogni mese, la speranza che la bolletta della luce non si sovrapponga al canone condominiale, il litro di latte che passa da un euro e ventinove centesimi a un euro e quarantanove, l’auto scalcagnata vecchia di dieci anni che non sa bene quando potrà cambiare e nel frattempo sul raccordo anulare si augura che non si fermi all’improvviso, un figlio laureato che si arrangia con lavori precari pagati con i voucher e un genitore anziano con l’alzheimer che dovrà assistere in totale solitudine per i prossimi sei, sette, dieci anni perché lo Stato non gli ha creato alcuna rete protettiva non avendo voluto fare i conti con le conseguenze del processo di invecchiamento. Nella loro torre d’avorio non incrociano quel popolo composto da mille volti anonimi (e anche sufficientemente incazzati) che al mattino affolla i vagoni della metropolitana, che rischia l’esaurimento nervoso nel caos del traffico quotidiano, che allunga le file alla Asl per poter ottenere un accertamento diagnostico a cui potrà sottoporsi quando sarà ormai pronto per il trapasso (a meno che, ovviamente, non passi prima dallo studio privato del noto primario che dietro pagamento di parcella “in nero” gli farà poi superare la fila nella struttura pubblica).
E allora fate tutti gli appelli che volete per dare testimonianza della vostra esistenza politica, ma sino a quando non parlerete della persone (cosa che al momento fa solo Papa Francesco) nessuno vi ascolterà e porterete acqua solo al mulino di quei “populisti” che volete combattere con le vostre vecchie politiche fallimentari, remissive e, in molti casi, complici.
Premesso che stavi anche scrivendo cose interessanti sulla sinistra che spesso smette di fare la sinistra.. la tua conclusione è da emerito deficiente!!! Prima di tutto perché non hai letto nemmeno l’appello di cui parli quindi che critichi a fare una cosa che non conosci nemmeno il testo?? Ti sei fermato alla parola ‘moderati’ ma se leggi il resto si propone la redistribuzione del reddito e la lotta alle disuguaglianze come punto fondamentale per ricostruire l’Europa ! Quindi è una posizione molto radicale proprio come da te auspicata.. si può fare di meglio? Certo ma intanto è un passo avanti! se poi per te vivere come Saviano sotto scorta da almeno 15 anni con continue minacce di morte da parte di camorra e mafia significa vivere in una torre d’avorio ti auguro di cuore di fare la stessa esperienza!!! Parlo di lui perché è il nome più illustre e proprio lui ha sempre preso le difese dei quartieri più abbandonati e di periferia di Napoli , ha sempre denunciato il malessere economico e ci ha anche abitato per tanto tempo , quindi sciacquati la bocca prima di accusarlo di essere lontano dalla povera gente !!! Perché la stessa cosa altrimenti si può dire di te che sei un privilegiato scrittore radical chic stipendiato dalla Fondazione Nenni .. vergognati un po che è meglio
Caro socialista (il)liberale, le opinioni sono libere, si possono condividere o non condividere. Per quanto mi riguarda, l’appello che a te è piaciuto tanto, a me ha dato l’impressione di una riproposizione retorica di “titoli” che ormai tutti ripetono a memoria come si fa con la poesia di Natale (il periodo mi pare quello giusto). Inoltre, quando si ritiene di dover criticare le persone a livello personale, sarebbe buona norma informarsi. Non sono uno scrittore privilegiato radical chic stipendiato dalla Fondazione Nenni per un semplice motivo: la mia collaborazione è completamente gratuita e se vuoi verificare di persona passa dalla nostra sede. Poi ognuno ha il suo stile e il tuo non ha bisogno di commenti.
P.s. I puntini di sospensione son sempre tre
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Caro Antonio,
il tuo articolo per me coglie nel segno e ti ringrazio. L’elenco degli elementi di grande frustrazione e di sofferenza del lavoratore con 1500 euro al mese è assolutamente veritiero. Questo lavoratore è abbastanza arrabbiato per esempio quando sente che nelle audizioni al senato si parla del benessere del conigli in allevamento, oppure che bisognerà obbligatoriamente utilizzare termini quale sindaca, presidente etc, oppure quando si continua ad utilizzare strumentalmente il “femminicidio” per finanziare i soliti gruppi sessisti-femministi dai quali viene continuamente offeso e svalorizzato, quando sente che ancora una volta per le pensioni vengono dedicato miliardi mentre per i suoi figli disoccupati, che sono il nostro futuro ma che gravano ancora sulle sue spalle, l’attenzione è scarsissima, più in generale quando si trasformano desideri di ricche e potenti minoranze in diritti, dimenticandosi dei milioni di poveri e di esclusi, quando nel tentativo di essere farsi vedere buoni si mette tutto e tutti sullo stesso piano, quando si accettano contratti che costringono a lavorare di domenica a scapito della famiglia, ovviamente in nome della libertà, quando le elites pretendono di educare il popolo (e adesso anche dei bambini a scuola) anziché servirlo.
La sensazione del lavoratore medio è che le elites abbiano in mete solo le minoranze, in quanto tese ad affermare e legittimare se stesse e le proprie esigenze. Il lavoratore si sente quindi chiuso in una trappola e sarà inevitabile una reazione.
Caro Stefano, ti ringrazio ma sinceramente non ritengo di aver scritto nulla di particolarmente inedito (Flaiano sosteneva che la stampa non era il regno dell’inedito). Ho solo provato a dare voce a una insoddisfazione personale che mi assilla da molti anni. Vedo la sinistra dilaniarsi su questioni di forma e disattendere al contempo la sostanza. Solo chi vive fuori dal mondo o in una stanza ovattata, non si ritrova accanto qualcuno che dalla crisi, dalla distruzione di posti di lavoro determinata dalla Terza Rivoluzione Industriale, è stato messo in mezzo a una strada o qualche parente che cumulando gli affanni della crisi con qualche difficoltà personale si è ritrovato oltre i sessant’anni a dover vendere la casa acquistata con grandi sacrifici; o il giovane, semmai di grande qualità, che si arrangia facendo lavori umili perché in questo Paese il merito non ha alcun valore ma continuano a contare sempre (e addirittura molto più che nel passato) le amicizie, le fedeltà, le obbedienze. Quando otto anni fa è esplosa la crisi ho sinceramente pensato che fosse scoccata l’ora di una visione di sinistra, una visione capace di mettere insieme equità e solidarietà. Poi ho sentito solo uno dire che in questo Paese fa più notizia la perdita di un mezzo punto di borsa piuttosto che la morte di un senzatetto all’angolo di una strada delle nostre città. Quell’unica persona ha capito che la terza rivoluzione industriale ha prodotto una rivoluzione antropologica. E quella rivoluzione antropologica sta producendo un uomo perfettamente organico, dal punto di vista culturale, al sistema. Poi leggo questo appello, colmo di vecchie e superficiali litanie, utilizzate semplicemente per segnalare una presenza. Ma da Gonzalez, ad esempio, vorrei sapere come mai il Psoe oggi vivacchia e rimedia cinque sconfitte consecutive. Da Hollande perché mai Macron per provare a diventare presidente deve dire di non aver avuto nulla a che fare con il mondo del Psf. Perché mai in Germania gli ultimi sondaggi danno la Spd al 22 per cento dopo aver toccato il 20 per cento. La sinistra, quella che agli inizi del secolo scorso e ancora a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta nel nostro Paese aveva un rapporto con le persone in carne e ossa, adesso è acquartierata nei suoi sicuri e riscaldati circoli, sempre più isolata e autoreferenziale. Mi piacerebbe che all’improvviso spuntasse qualcuno e ripetesse come Martin Luther King “ho fatto un sogno”.
Di lavoratori ce ne sono anche (è il mio caso) a mille euro al mese… quando il lavoro c’è. In quanto allo scritto è pienamente condivisibile. Faremo la fine dell’ America dove i dem. per inseguire Clinton anziché Sanders si sono ritrovati Trump. La sinistra, se c’è si svegli. Bello il riferimento a Papa Francesco. Cordiali saluti. Un socialista cattolico.
Il riferimento al “quando il lavoro c’è” è opportuno e attualissimo. Si immagina che sia sufficiente un po’ di “manutenzione” giuslavoristica mentre non ci sono scorciatoie per creare lavoro ma solo una strada maestra: stimolare gli investimenti, scelta evidentemente in contrasto con le politiche di austerità. Il riferimento a Papa Francesco è obbligatorio per due motivi. Perché lui incontestabilmente è l’unico che ha proposto in maniera meditata attraverso l’Enciclica Laudato si’ una riflessione sulla riorganizzazione economico-sociale di un mondo che ha pagato alla globalizzazione selvaggia un prezzo altissimo non solo dal punto di vista dell’impoverimento delle persone, ma anche da quello dell’impoverimento della Terra (sarebbe stato bello se la sinistra avesse avuto la lungimiranza e la forza culturale per compiere una analoga riflessione). E poi perché la sua forte spinta innovativa all’interno di una Chiesa che per troppo tempo è rimasta immobile anche nei suoi difetti, mi ricordano (e qui entra in ballo un po’ di nostalgia per il tempo che passa) Giovanni XXIII, protagonista di un pontificato straordinario e troppo breve.
Grazie anche per questa risposta. Di nuovo saluti.