“La rottamazione delle ‘cartelle’ è un condono”

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Non è la prima volta che il governo Renzi non riesce a strappare il consenso alla sua legge di bilancio da parte dell’ufficio parlamentare di bilancio. Ma questa volta la sostanziale bocciatura è arrivata nel giorno in cui una durissima bordata al premier arrivava dal presidente della commissione europea, Jean Claude Junker, uno che, bisogna ammetterlo, da leader del piccolo Lussemburgo non si è fatto certo problemi ad accettare norme fiscali “concorrenziali” nei confronti degli altri Paesi dell’Unione; e, soprattutto, un “uomo di fiducia” di Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble. Quello che pubblichiamo è il terzo paragrafo del secondo capitolo della relazione presentata dal presidente dell’organismo, Giuseppe Pisauro, in occasione dell’audizione presso le commissioni bilancio di Camera e Senato. Titolo del paragrafo: “Alcune valutazioni sul contenuto della manovra di bilancio” e la parte più significativa è quella relativa alla cosiddetta soppressione di Equitalia e alla “rottamazione” delle cartelle esattoriali di chi non ha ancora provveduto a pagare.

-di GIUSEPPE PISAURO*-
La legge di bilancio e il decreto fiscale si caratterizzano per la presenza di alcuni interventi di ampia portata e molte misure frammentarie destinate a finalità diverse difficilmente riferibili a un disegno organico di politica economica. In alcuni casi, tali interventi sembrano muoversi in controtendenza rispetto a quelle degli scorsi anni.

Le quantificazioni riportate nelle relazioni tecniche della legge di bilancio e del decreto fiscale sembrano in generale condivisibili, sebbene possano essere evidenziati alcuni profili critici7.

Il contrasto all’evasione fiscale. Con riferimento alle misure di contrasto all’evasione fiscale, l’introduzione delle comunicazioni trimestrali da parte dei soggetti IVA dei dati analitici di tutte le fatture emesse e di quelle ricevute e dei dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche dell’imposta – sebbene costituisca una riproposizione dello spesometro introdotto nel 2010 e successivamente depotenziato perché considerato troppo oneroso per le imprese – va nella giusta direzione di mirare a ridurre l’evasione senza consenso nell’ambito delle transazioni business to business.Tuttavia, vi sono elementi di incertezza connessi con la possibilità che tale misura incentivi i soggetti IVA a puntare più intensivamente verso forme di evasione con consenso (cioè quelle in cui esiste un accordo tra acquirente e venditore) e ampli l’evasione nelle cessioni con il consumatore finale. Quest’ultima forma di evasione non è ancora adeguatamente affrontata. Sarebbe auspicabile l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica e quello di comunicazione dei corrispettivi (scontrini) per i soggetti non tenuti all’emissione della fattura (commercianti, ristoratori, ecc.), anche se questo comporterebbe nuovi oneri di adempimento per soggetti di dimensione ridotta.

Lo scioglimento delle società del gruppo Equitalia e la creazione dell’ente pubblico economico Agenzia delle entrate – Riscossione permetterà di unificare in capo a un unico soggetto l’attività di accertamento e quella della riscossione, allineando il modello italiano a quello dei principali paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna), rispondendo così anche alle osservazioni dei principali organismi internazionali. Saranno consentite economie di scala, comunicazioni più tempestive e il ricorso a un’unica base informativa. Rimangono tuttavia da affrontare i problemi che attualmente affliggono la fase della riscossione delle imposte (inefficienza, caratteristiche attuali dell’operato degli agenti della riscossione, contrazione recente del gettito recuperato) non specificamente legate a Equitalia di per sé ma piuttosto alle norme che ne regolano l’azione.

La cosiddetta rottamazione dei ruoli accumulati negli anni 2000-2015 consentirà ai contribuenti di estinguere il debito di imposta mediante il pagamento della parte di capitale e interessi legali, dell’aggio dell’agente della riscossione e del rimborso spese per le notifiche ricevute. Non saranno invece dovuti le sanzioni e gli interessi di mora nonché le sanzioni e le somme aggiuntive sui crediti previdenziali. Il provvedimento, riconoscendo l’estinzione di sanzioni e interessi di mora, si configura come un condono, che finisce comunque per premiare i contribuenti meno meritevoli e per questa via può contribuire a indebolire il senso di obbedienza fiscale della platea dei contribuenti.

La valutazione di impatto finanziario riportata nella relazione tecnica è resa complessa dal fatto che non siano fornite informazioni puntuali sull’ammontare di ruoli inesigibili8 (tanto maggiori quanto più distanti nel tempo) e dall’alea connessa alle scelte di adesione dei contribuenti che riflettono calcoli di convenienza economica. Infatti, i contribuenti, seppure vedranno scontati gli importi dovuti per l’ammontare delle sanzioni e degli interessi, dovranno effettuare il pagamento in un periodo temporale estremamente ridotto rispetto a i piani di rateizzazione attualmente consentiti.

Un elemento di iniquità emerge poi dal fatto che sono escluse dalla definizione agevolata le multe e i tributi locali dei Comuni che non usufruiscono del servizio di Equitalia come agente della riscossione (nel 2015 circa il 55 per cento del totale).

Per quanto riguarda la riapertura dei termini per aderire alla procedura di collaborazione volontaria (voluntarydisclosure), la previsione di una clausola di salvaguardia a valere sulle spese dei ministeri riduce, come evidenziato nel capitolo 2, i rischi connessi con la valutazione riportata nella relazione tecnica della legge di bilancio. Tuttavia, è opportuno tenere presente che le maggiori entrate attese rappresentano poco più del 40 per cento di quelle già raccolte con la prima edizione della misura e potrebbero rivelarsi elevate se si considera che non potranno aderire alla nuova voluntary disclosure coloro che abbiano fatto ricorso alla precedente edizione e che i criteri di adesione non si discostano sostanzialmente da quelli applicati precedentemente. In senso opposto, tuttavia, opera, accanto al rafforzamento delle strategie antievasione a livello internazionale, l’entrata in funzione nel prossimo anno dei Common Reporting Standard (CRS), che consentirà alle Amministrazioni fiscali di ricevere dalle istituzioni finanziarie informazioni sui conti detenuti presso di esse e lo scambio automatico di tali informazioni tra Amministrazioni di oltre cento paesi.

Misure in materia pensionistica. In questo ambito sono previste numerose norme che incideranno sui trattamenti dei futuri pensionati senza alterare il disegno generale dell’attuale sistema pensionistico e la sua sostenibilità nel lungo periodo. Tuttavia, alcuni interventi più che raggiungere finalità di tipo pensionistico hanno caratteristiche settoriale e con finalità di tipo assistenziale. Si fa riferimento, in particolare, al potenziamento della quattordicesima, all’APE sociale, al pensionamento anticipato di lavoratori precoci e di coloro che svolgono attività usuranti. Per tali misure non sembra emergere un disegno organico e non sembrano rispondere a finalità di razionalizzazione e di equità; andrebbero valutate in relazione alla legge delega sul reddito di inclusione sulla quale è in corso la discussione parlamentare.

Per quanto riguarda l’impatto finanziario, rischi di valutazione emergono per l’APE in relazione al credito d’imposta riconosciuto a chi vi aderisce, commisurato all’ammontare degli interessi bancari e al premio assicurativo dovuti sull’anticipo ricevuto. In particolare, la legge di bilancio e la relazione tecnica non specificano le informazioni

necessarie per valutare il grado di adesione all’anticipo ipotizzato, quali la misura del tasso di interesse, del premio assicurativo e degli altri oneri di gestione. Se dovessero essere confermate le ipotesi dei documenti di lavoro governativi (tasso di interesse bancario del 2,5 per cento e premio assicurativo up-front del 29 per cento del capitale preso a prestito), le condizioni di onerosità dovrebbero mantenere a livelli modesti la platea degli effettivi aderenti.

La misura presenta due elementi di rigidità che potrebbero essere affrontati in sede di discussione parlamentare: 1) il ripagamento del prestito decorre necessariamente dal compimento dei requisiti per il normale pensionamento di vecchiaia, implicando che nei casi in cui tra la data di accesso all’APE e quella del pensionamento di vecchiaia si perfezionino anche i requisiti per il pensionamento anticipato, il rimborso del prestito non possa attivarsi subito; 2) il versamento in un’unica soluzione della contribuzione volontaria del datore di lavoro a favore del dipendente che sceglie l’APE, anziché mediante, ad esempio, più favorevoli versamenti mensili.

Per quanto riguarda invece l’APE sociale – che, a differenza dell’APE, non si appoggia al sistema bancario – e le misure che riguardano il pensionamento anticipato per i lavoratori precoci e le agevolazioni per quelli che prestano attività usuranti sono previsti tetti annuali diretti o indiretti (mediante utilizzo del fondo istituito con la L. 247/2007) di spesa. Viene specificato che dai primi due provvedimenti non nascerebbe, secondo la relazione tecnica, un diritto soggettivo ma piuttosto un beneficio condizionato a un limite di spesa massima programmato e garantito da un meccanismo di salvaguardia che prevede eventualmente il posticipo della decorrenza del trattamento. Sebbene le risorse aggiuntive siano allineate alle esigenze stimate dalla relazione tecnica, potrebbero verificarsi trattamenti diseguali per cittadini che condividono le medesime condizioni di eligibilità. Si tratta di un aspetto di debolezza già riscontrato nell’ambito delle norme relative alla salvaguardia degli esodati, anche se fino a ora non ha dato luogo a razionamenti perché il finanziamento del programma è risultato sempre capiente, anche grazie a spostamenti di risorse tra categorie di salvaguardandi.

È rilevabile inoltre una possibile sovrapposizione tra i destinatari dell’APE sociale e quelli dell’ottava salvaguardia. Il disegno di uno strumento unico avrebbe potuto aumentarne l’efficienza e la trasparenza.

La stima ufficiale degli effetti della rendita integrativa temporanea anticipata (RITA) è di difficile valutabilità poiché la relazione tecnica omette ipotesi importanti come, ad esempio, la quota del montante che i richiedenti decidono di trasformare in rendita anticipata. Il disaccoppiamento dei requisiti di accesso alle prestazioni tra pilastro pubblico e pilastri privati derivante da questa misura è un elemento positivo che, aumentando sia la specializzazione funzionale dei pilastri sia le possibilità di scelta del lavoratore, favorisce uno sviluppo organico e bilanciato dei vari strumenti di preparazione dei redditi per la quiescenza. Tuttavia, va rilevato che la RITA costituisce una misura temporanea e sperimentale (valida per un biennio), accessibile solo ai

lavoratori eligibili per l’APE e non alla generalità degli iscritti a forme di previdenza complementare.

Relativamente all’abolizione della penalizzazione per pensioni anticipate, considerata la bassa soglia anagrafica di riferimento (62 anni) e preso atto che finalità equitative sono già perseguite dalle norme sull’APE sociale, sui lavoratori precoci e su quelli con attività usuranti, oltreché dall’ottava salvaguardia, è difficile giustificare tale misura sul piano della flessibilità nelle scelte di pensionamento, del sostegno della produttività, della tutela della casistica soggettiva dei lavoratori più bisognosi, della staffetta generazionale sul mercato del lavoro. Inoltre il provvedimento si inserisce in una manovra di bilancio che già contempla, a favore delle fasce di età prossime al pensionamento, numerosi interventi aventi peraltro una maggiore capacità di targeting rispetto alla rimozione delle penalità9.

In sostanza, la norma rischia di apparire un passo indietro lungo il percorso di riforma del sistema pensionistico, finendo per veicolare un messaggio di policy contraddittorio rispetto agli obiettivi di riqualificazione interna della spesa sociale, incentivazione al prolungamento delle carriere lavorative, riequilibrio tra generazioni.

L’ottava salvaguardia nasce, rispetto alla settima, con una contraddizione aggiuntiva. La contraddizione risiede nella compresenza, nello stesso testo di legge, da un lato, di misure di riduzione dei requisiti di pensionamento (APE, APE sociale, lavori usuranti e lavoratori precoci), che rivelano uno sforzo seppure migliorabile di targeting e che, come per i precoci e i lavoratori con attività usuranti, hanno carattere strutturale o aspirano a un ridisegno strutturale delle regole e, dall’altro lato, della nuova salvaguardia con caratteristiche di intervento privo di targeting e non strutturale. Una maggiore razionalizzazione degli interventi, attraverso la concentrazione di risorse sulle misure maggiormente condizionate alla prova dei mezzi, avrebbe accentuato l’efficienza e l’efficacia di queste misure e aumentato la trasparenza dell’obiettivo di polita economica.

Per quanto riguarda la quattordicesima, ossia l’integrazione dell’assegno pensionistico per pensionati ultrasessantaquattrenni con reddito inferiore a una volta e mezza il trattamento minimo, la legge di bilancio per il 2017 amplia la platea dei destinatari e aumenta gli importi. I benefici risultano prevalentemente destinati a soggetti con redditi medio bassi: circa il 50 per cento del complesso delle risorse è distribuito sul terzo più povero della popolazione (fig. 2.1). La specifica natura dell’istituto tuttavia ne condiziona la portata redistributiva: al 10 per cento delle famiglie più povere infatti affluisce meno del 5 per cento del beneficio complessivo. Inoltre, poiché l’istituto è condizionato esclusivamente al reddito personale, possono ricevere la quattordicesima anche i pensionati che, per effetto della presenza di altri familiari con redditi elevati, si collocano nei decili più ricchi della popolazione.

Misure sul lavoro. – Per quanto riguarda le misure sul lavoro, la finalità della riduzione dell’aliquota contributiva per gli iscritti alla gestione separata, in un frangente ancora difficile per l’attività economica, è probabilmente quella di dare sostegno economico ai lavoratori professionisti non appartenenti agli Ordini, in controtendenza rispetto a quanto fatto negli anni scorsi per equiparare gradualmente l’aliquota contributiva a quella gravante sul lavoro dipendente. Non vanno, tuttavia, sottovalutate le conseguenze previdenziali della più bassa aliquota, che in futuro potrebbe tradursi in assegni pensionistici di importo insufficiente. Va pure rilevato che la riduzione degli oneri contributivi rende il lavoro professionale con partita IVA più conveniente, nei rapporti contrattuali con i committenti, del contratto di lavoro dipendente, proprio nel momento in cui il Jobs Act e i connessi decreti attuativi intendono promuovere il ricorso al contratto a tempo indeterminato e a tutele crescenti e, soprattutto, in cui i provvedimenti di decontribuzione tentano di stimolare le assunzioni e le trasformazioni di altre tipologie contrattuali in contratti a tempo indeterminato.

Misure a favore delle imprese. La manovra di bilancio include una serie misure in favore delle imprese (tab. 2.6). Si tratta, per una parte, di misure di incentivo agli investimenti (super e iper ammortamenti, credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo), rispondendo anche quest’anno alla esigenza congiunturale di sostegno e di propulsione, alla ripresa economica dal lato dell’offerta; per l’altra parte, di revisioni di struttura della tassazione del reddito di impresa (IRI, ACE), frammentando ulteriormente i regimi di imposizione, ma nella direzione di una maggiore neutralità di trattamento rispetto alla natura giuridica del contribuenti.

La quantificazione della perdita di gettito dovuta alla proroga e al rafforzamento della maggiorazione degli ammortamenti presenta alcuni rischi di sottostima. In particolare, la relazione tecnica non tiene conto dei dati più recenti pubblicati dall’Istat per gli investimenti che rientrano nel perimetro dell’incentivo fiscale. In particolare, i nuovi dati aggregati pubblicati dall’Istat a settembre 2016, che forniscono gli andamenti degli investimenti per tipologia di bene aggiornati al 2015, registrano un incremento medio del 4,7 per cento. Questo andamento può avere effetti in termini di una riduzione maggiore di gettito rispetto a quella prevista, essendo calcolata su un valore degli investimenti di 87 miliardi (invece degli 80 miliardi indicati nella relazione tecnica). Si tratterebbe comunque di uno scenario stazionario che non sconta la possibilità che si realizzi una ulteriore accelerazione degli investimenti nell’anno in corso e nel prossimo anno. Un secondo aspetto critico riguarda la forte divergenza tra l’ipotesi di spesa per software e basi di dati utilizzata nella relazione tecnica e la spesa di investimento riportata nelle statistiche Istat che è abbastanza stabile negli ultimi anni su un ammontare pari a circa 19 miliardi.

Utilizzando le statistiche Istat più recenti, pur mantenendo una ipotesi di tipo conservativo e ipotizzando che solo il 50 per cento degli investimenti in software possa godere della agevolazione, la perdita di gettito risulterebbe sottostimata quasi del 20 per cento (circa 200 milioni nel 2018 e 400 milioni nel 2019, in termini di cassa).

L’introduzione dell’IRI mira a rimuovere le disparità di trattamento attualmente riscontrabili tra le imprese individuali in contabilità ordinaria e società di persone, da un lato, e società di capitali, dall’altro, rendendo il sistema fiscale maggiormente neutrale rispetto alla scelta della forma societaria. Al contempo, riducendo la tassazione degli utili reinvestiti, si intende favorire la capitalizzazione delle imprese attraverso il finanziamento mediante capitale proprio. La stima della perdita di gettito collegata all’introduzione del regime IRI è ricavata dalla relazione tecnica a partire dall’attuale platea delle imprese individuali in contabilità ordinaria, oltreché delle società di persone. Tuttavia, nulla vieta che le imprese individuali in contabilità semplificata passino a quella ordinaria e aderiscano all’IRI. Il costo aggiuntivo collegato a questo ampliamento di platea dei soggetti IRI potrebbe attestarsi sui 500-600 milioni di euro.

La revisione del regime di deducibilità dell’ACE ha effetti trasversali rispetto alla natura giuridica delle imprese. In particolare, sono previste alcune modifiche alla disciplina agevolativa dell’ACE sia ai fini della razionalizzazione del sistema (anche alla luce del nuovo regime di imposizione delle imprese previsto nel disegno di legge) sia per adeguarla ulteriormente alle mutate condizioni di mercato.

Utilizzando il modello di simulazione dell’imposta sul reddito delle società di capitali non finanziarie dell’UPB, alimentato dai dati di bilancio della banca dati CERVED, è stata stimata la distribuzione settoriale e dimensionale dell’effetto di puro impatto sul gettito delle società di capitali della interazione tra la riduzione dell’aliquota Ires (dal 27,5 al 24 per cento), già prevista dalla legge di stabilità per il 2016, e le modifiche al funzionamento dell’ACE inserite nel progetto di legge in esame. In termini generali, si può osservare che la riduzione dei 3,5 punti di aliquota Ires determina una diminuzione del debito di imposta del 12,7 per cento che risulta omogeneo per tutte le tipologie di impresa. Entrambe le modifiche al meccanismo ACE (riduzione dell’aliquota del rendimento nozionale e restrizione della base di riferimento dell’agevolazione) riferibili alle società di capitali vanno invece nella direzione di un aumento del prelievo Ires e risultano meno omogeneamente distribuite tra le varie tipologie (tab. 2.7). L’effetto complessivo di questi provvedimenti determina dunque un risparmio di imposta complessivo pari al 10,7 per cento, con valori inferiori nelle imprese dove gli apporti di capitale o l’acquisto di valori mobiliari diversi dalle partecipazioni è stato superiore alla media.

Guardando agli effetti per dimensione di impresa si nota una sostanziale omogeneità del risparmio complessivo netto di imposta che oscilla tra 11 e 11,5 punti percentuali (tab. 2.8). Il risparmio relativamente più elevato è quello delle imprese minori che risultano meno penalizzate dai provvedimenti di riordino ACE perché sono relativamente più indebitate.

Sempre con riferimento alle misure sull’ACE, sul piano qualitativo si deve osservare la rilevanza della deroga prevista allo statuto del contribuente, per cui i soggetti diversi dalla banche e dalle imprese di assicurazione, già con riferimento al periodo di imposta 2016, dovranno escludere dalla variazione in aumento del capitale proprio l’incremento delle consistenze dei titoli e dei valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Si tratta di una norma peggiorativa per i contribuenti emanata quasi a chiusura di esercizio. Inoltre, la deroga comporta anche una concentrazione dell’aggravio tributario in termini di cassa nel 2017, quando si cumulano gli effetti di un maggiore saldo 2016 e nuovo acconto che accoglie anche il metodo previsionale delle norme in vigore dal 2017.

Misure a sostegno della famiglia. Per quanto riguarda la famiglia, la legge di bilancio prevede alcuni interventi di modesta entità, frammentari e non selettivi dal punto di vista dei mezzi. Tali misure andrebbero valutate alla luce dei provvedimenti in corso di esame parlamentare in materia di sostegno alla famiglia. Andrebbero ad affiancare e talvolta a sommarsi a misure già esistenti sottraendo risorse al raggiungimento di finalità non ancora assolte.

Misure in ambito sanitario. Con la legge di bilancio il finanziamento della sanità per il 2017 è stato confermato approssimativamente al livello stabilito con l’intesa Stato- Regioni dell’11 febbraio scorso (113 miliardi), mentre quello per il 2018 è stato ridotto di 1 miliardo rispetto all’Intesa e quello per il 2019 è stato per la prima volta definito in 115 miliardi. Questo ammontare implica, stando alla relazione tecnica, una minore spesa di 3 miliardi, calcolata come differenza rispetto all’importo previsto nel bilancio dello Stato10. In rapporto al PIL, ipotizzando che la manovra si traduca per intero in minori esborsi e applicandola alla previsione tendenziale riportata nella NADEF 2016, si osserva una stabilità della spesa sanitaria nel 2017 e una sua diminuzione dal 6,8 al 6,4 per cento nel periodo di previsione che si chiude al 2019. Sul piano finanziario va rilevato, tuttavia, che la legge di bilancio ammette una ulteriore possibile riduzione del finanziamento delle Regioni a statuto ordinario (RSO) per la sanità già dal 2017, per compensare eventualmente il mancato contributo previsto dalla legge di stabilità per il 2016 e atteso dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome, nel caso in cui questo non venga concordato singolarmente con tali enti entro il 31 gennaio 2017: l’ammontare di questo importo potrebbe superare i 400 milioni.

La relazione tecnica non spiega in dettaglio le conseguenze delle diverse misure e si limita ad affermare che la revisione dei tetti della farmacuetica e lo spostamento della distribuzione diretta nell’aggregato dell’ospedaliera avrebbero effetto netto nullo, mentre sembra suggerire che i fondi innovativi potrebbero dare luogo a maggiori oneri, i quali sarebbero compensati dalle altre misure di risparmio, compresa la regolazione del mercato dei farmaci biosimilari. È plausibile che la revisione del meccanismo dei tetti risulti quasi neutra per il bilancio della sanità, ma resterebbe l’onere di circa 500 milioni per il SSN dovuto alla conferma e incremento dei fondi per gli innovativi.

In definitiva, la legge di bilancio per il 2017 potrebbe implicare alcune maggiori spese, soprattutto per le RSO, che andrebbero coperte con ulteriori risparmi rispetto a quelli previsti dalla relazione tecnica.

Misure in materia di finanza locale. Le misure del disegno di legge di bilancio per le Amministrazioni territoriali appaiono finalizzate a sostenere la capacità di spesa degli enti, sia di parte corrente, sia di parte capitale. Con riferimento al nuovo fondo “solo in termini di saldo netto da finanziare” che assegna risorse agli enti territoriali con obbligo di esposizione di corrispondenti avanzi di competenza, potrebbero determinarsi effetti negativi sul fabbisogno e sul debito nella misura in cui tali effetti non risultino già scontati nei tendenziali. Inoltre, la richiesta di esposizione di avanzi sembrerebbe avere l’obiettivo di non fare aumentare degli impegni nei bilanci degli enti beneficiari, ma potrebbe creare il presupposto di una pressione futura sulla finanza pubblica legata alla disponibilità degli avanzi stessi. La mancata esplicitazione della finalità della disposizione non consente di valutare in modo più preciso i potenziali rischi per la finanza pubblica

Con riferimento alla definizione di un sistema di premi e sanzioni, risulta particolarmente significativa la misura premiale rappresentata dall’innalzamento dal 25 al 75 per cento del turn over del personale, applicabile agli enti che sfruttino pressoché integralmente gli spazi di spesa consentiti dal vincolo del pareggio. Tale misura è finalizzata a limitare i fenomeni di overshooting e a premiare gli enti con migliori capacità di programmazione, ma potrebbe orientare in senso scarsamente cautelativo la programmazione di bilancio. Un fattore aggiuntivo di rischio per i conti pubblici potrebbe scaturire dalla possibilità che si traduca in aumento della capacità di spesa l’attribuzione di risorse alla Regione Sicilia, in seguito all’attuazione di accordi definiti nella scorsa estate, relativi all’ampliamento della base di riferimento per la compartecipazione regionale all’Irpef.

* Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio; dal terzo paragrafo del secondo capitolo della relazione presentata nel corso dell’audizione parlamentare presso le commissioni bilancio di Camera e Senato

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