Scuola si riparte: vecchi problemi e “nuovi” italiani

 

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-di VALENTINA BOMBARDIERI-

È tempo di ritorno a scuola. Dall’ormai trascorso 5 settembre fino a giovedì 15 suonerà di nuovo la tanto poco desiderata campanella. I primi a cominciare sono stati gli studenti di Bolzano e provincia. Oggi tocca a Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, Lombardia, Umbria, Piemonte, Valle d’Aosta e Veneto. In Calabria, Basilicata, Sicilia, Liguria e Sardegna le lezioni partiranno nella mattinata del 14/09. Il 15 settembre toccherà invece alle ultime regioni d’Italia: Toscana, Lazio, Campania, Emilia Romagna, Puglia e Marche. Bisognerà aspettare fino al 1 Novembre e all’8 Dicembre per tornare in vacanza, prima delle vacanze natalizie per le quali ogni regione deciderà autonomamente. Dal 6 gennaio 2017, e nonostante la sospensione del Carnevale, gli studenti saranno chiamati a 3 mesi non stop prima delle vacanze di Pasqua (16-17 Aprile), prevista una pausa tra i 7 ed i 10 giorni. Poi 25 Aprile (Liberazione), 1 Maggio (Lavoro) e 2 Giugno (Repubblica). L’anno scolastico terminerà, a seconda delle varie regioni, tra il 7 e il 10 di giugno 2017.
Ricomincia la “buona scuola” del Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Che ai blocchi di partenza non sembra avere quasi nulla di buono. Al Nord si parla di migliaia di cattedre vacanti, al Sud invece non è rimasto neanche un posto in seguito del pasticcio del Ministero sui trasferimenti. Un Paese diviso (come sempre, d’altronde e come in tutti i campi) in due. Il grandioso concorsone annunciato da Renzi procede a rilento. Il bilancio è magro: rispetto ai 63.712 posti e considerando i 4.822 già coperti dalle graduatorie di merito approvate, il tasso effettivo di copertura è pari al 7,6%. Un posto su tre non verrà mai assegnato perché il numero di vincitori è inferiore a fissato nel bando. Mancano oltre 100 mila supplenti, dalla scuola primaria alle superiori. Di questi 35 mila sono insegnati di sostegno.

E se Agnese Landini ha avuto la fortuna di vincere il concorsone (mica di essere la moglie del Presidente del Consiglio) e di essere assegnata al liceo sotto casa (guarda un po’ il destino), il resto dell’Italia assiste alla costruzione di un esercito di insegnati itineranti con la valigia. Gli uffici scolastici provinciali sono alle prese con le assegnazioni provvisorie (gli incarichi provvisori di un anno fuori dalla propria regione, n.d.r.). Migliaia di docenti meridionali verranno spediti al Nord sperando di limitare i disagi delle cattedre vuote. Le domande inoltrate per le Assegnazioni interprovinciali sono 46mila, il grosso delle quali di docenti residenti al Sud. Ad anno scolastico cominciato o che sta per cominciare le operazioni per le supplenze sono ancora in alto mare. Perché di supplenze si tratta, di assunzioni di insegnanti di ruolo ormai non se ne parla più.

“La gestione dirigista e confusionaria del Miur sta generando un clima di diffidenza e di rabbia che sta contaminando l’inizio dell’anno scolastico”, sostiene Pino Turi segretario della Uil Scuola. E come se non bastasse a questo caos bisogna aggiungere quello sui dirigenti. Quasi mille e 500 le scuole assegnate nei giorni scorsi in reggenza a un preside che già ne gestisce un’altra, circa il 18%.
Nel frattempo il ministro Stefania Giannini, ha firmato il decreto che finanzia l’ampliamento dell’offerta formativa e l’autonomia scolastica (ex legge 440) per l’anno scolastico 2016/2017. Sono 80 i milioni a disposizione delle scuole, che si sommano ai 10 milioni già stanziati con il progetto” La Scuola al Centro” per finanziare i programmi di apertura estiva degli istituti di quattro città: Milano, Roma, Napoli, Palermo. Un milione di questi 80 servirà a realizzare progetti di accoglienza, di sostegno linguistico e psicologico rivolti a minori non accompagnati con cittadinanza non italiana e ad alunni stranieri. Perché sicuramente i docenti si troveranno ad affrontare un altro problema. Un mondo che cambia e si inserisce in un sistema che non è pronto ad accoglierlo.
Secondo il rapporto della Fondazione Ismu e del Miur un alunno su dieci nelle scuole italiane è figlio di immigrati. In un caso su due è nato in Italia. Rispetto a 5 anni fa i numeri sono saliti del 20%, portando a 814 mila gli studenti stranieri. Ragazzi e bambini che fanno da ponte tra due civiltà. Studiano e imparano l’italiano per poi insegnarlo ai genitori.

Il primato della città con il maggior numero di studenti immigrati spetta a Milano: 201 mila e 157 scuole a maggioranza di alunni stranieri. Seguita da Emilia Romagna e Veneto (oltre 90mila ), Lazio e Piemonte (oltre 70mila). Solo in due regioni gli alunni stranieri sono diminuiti fra il 2013/14 e il 2014/15 (-3,6 per cento in Valle d’Aosta, -0,1 per cento in Veneto).
La lunga crisi economica negli scorsi anni ha rallentato i flussi migratori. La distribuzione nei diversi cicli mostra una consistente diminuzione degli stranieri nelle elementari, (erano il 42,8 dieci anni fa, ora sono il 35,8 per cento), a fronte di un aumento significativo nelle secondarie (dal 14% al 23%). Non c’è stato molto ricambio. Gli stranieri iscritti alle scuole primarie sono 291.782 (uno su dieci), 187.357 alla secondaria di secondo grado (7 per cento), 167.068 alle secondarie di primo grado (9,6%) e infine 167.980 i bambini nelle scuole dell’infanzia (10,2 per cento).

Sono bambini e ragazzi di origine romena, albanese, marocchina, cinese e filippina. Prevalenti i rumeni (157mila), seguiti da albanesi (108.331) e marocchini (101.584); cinesi (41.707) e filippini (26.132) occupano gli ultimi posti della classifica. Negli asili e nelle elementari i paesi “emergenti” – corrispondenti a giovani coppie che vengono in Italia e qui mettono su famiglia – sono Bangladesh (27,1 per cento), Marocco (25,8) ed Egitto (23,8). Alle elementari si aggiungono Pakistan (40,1 per cento) e India (39,5). Nelle secondarie di primo grado gli studenti più numerosi sono originari della Cina (24,7 per cento), della Macedonia (24,4 per cento) e delle Filippine (24,1 per cento). Infine nella secondaria di secondo grado – in particolare negli istituti tecnici e professionali – sono particolarmente numerosi gli studenti dell’Europa orientale (ucraini 39,4 per cento e moldavi 38 per cento) e i latinoamericani (peruviani ed ecuadoriani al 34 per cento). Cresce il numero dei Rom. Sono 12.437 nell’ultimo anno, 780 in più rispetto all’anno precedente. Sintomo di una integrazione che migliora e prosegue.
Si tratta di dati che in qualche misura raccontano la stratificazione dei processi immigratori che hanno investito l’Italia negli ultimi venticinque anni perché non è certo casuale che nelle secondarie di primo grado le presenze più massicce siano quelle di albanesi e filippini: furono i primi a scegliere l’Italia come stazione d’arrivo e in questi casi si può in linea di massima parlare di seconda generazione, ragazzi cresciuti qui, che hanno del paese di origine solo un lontano ricordo semmai alimentato nel corso delle vacanze estive.

Valentina Bombardieri

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