Tensione Egitto – Israele. Sul tatami

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-di MARCO ZEPPIERI-

Islam El Shehaby chi è costui e perché è entrato nella storia delle Olimpiadi di Rio 2016?

E’ un judoca della nazionale egiziana che la scorsa settimana è andato in prima pagina sui giornali non per una impresa sportiva, come ci si poteva aspettare, ma per una “impresa” politica.

I fatti. Al termine dell’incontro che lo vedeva opposto all’israeliano Or Sasson si è rifiutato di stringere la mano all’avversario, inoltre richiamato dal giudice sul tatami per il saluto rituale, ha piegato leggermente la testa, mentre l’etichetta richiederebbe un inchino.

Un’ignominia misurarsi su un campo di gara con un israeliano. Già nei giorni scorsi, i social egiziani si sono scatenati chiedendo a gran voce ad Islam El Shehaby di non combattere.

Il disonore sarebbe stato troppo grande per un integralista egiziano.

L’incontro è avvenuto, per la cronaca la vittoria è andata all’israeliano, ma questo ha un significato irrilevante.

E’ il rifiuto a stringere la mano ad un uomo che rimarrà nella storia, è l’onta del rifiuto che resterà.

La storia, quella con la esse maiuscola ci riporta al settembre del 1978 quando il presidente Usa Jimmy Carter riesce a portare nel Maryland (Camp David) il presidente egiziano Sadat e il premier israeliano Begin. Sei mesi dopo, nel marzo del 1979, il trattato di pace tra Egitto e Israele viene firmato mettendo fine a una guerra che durava da trentuno anni.

Due anni dopo Sadat, proprio per questa firma, verrà assassinato da un estremista arabo.

Da allora si è vissuti in un equilibrio fatto più di incertezze che di certezze, un equilibrio che non può e non deve essere spezzato da nessuno, tanto più da un atleta che dello spirito olimpico deve farne una ragione di vita e di virtù.

 

 

 

 

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