Lo show di Trump: “Con me ordine, niente musulmani e messicani”

trump disc

-di ANGELO GENTILE-

Americanismo al posto del globalismo, chiusura totale delle frontiere agli immigrati che vengono da paesi coinvolti nel terrorismo, la creazione di un muro con il Messico per impedire l’accesso degli irregolari e, ovviamente, stilettate a Obama, a Hillary Clinton (che ha risposto: “costruiremo un muro tra l’America e Trump”). E strizzatine d’occhio al “paese remoto” fatto di media e piccola borghesia impoverita dalla crisi. Perché accettando la nomination repubblica alla Casa Bianca, Donald Trump ha sottolineato: “Ci sono uomini e donne dimenticati in questo Paese. Persone che lavorano duro ma che non hanno più una voce. Io sono la vostra voce”. La sua è la voce dell’America più profonda, che vaga alla ricerca di certezze economiche (di quelle sociali sembra quasi poter fare a meno) che si trasformano soprattutto in un alleggerimento dell’imposizione (e Trump che conosce bene queste pulsioni non si lascia sfuggire l’Impegno per “un profondo sollievo e tasse enormemente semplificate per tutti”); che chiede “ordine” soprattutto dopo gli ultimi attentati contro le forze di polizia, crimini vergognosi che, però, non dovrebbero far dimenticare che in uno Stato di diritto le forze dell’ordine devono essere garanti di tutti, anche di chi fermano per strada perché sospettati di infrangere la legge, anche dei neri che, al contrario, spesso vengono trattati con una certa disinvoltura che sfocia nella violenza.

Lo show di Trump è andato in onda; il prossimo sarà messo in scena dalla Clinton che nel frattempo sta utilizzando alcuni commenti televisivi del 2004 della star di Apprentice nei quali si definiva Hillary una buona candidata alla Casa Bianca. Ha battuto il tasto sui temi preferiti: “Ho un messaggio per voi: il crimine e la violenza che oggi affliggono il nostro Paese finiranno presto. Se sarò eletto a partire dal primo gennaio 2017 restituirò sicurezza all’America”. L’uomo che promette di avere attenzione per coloro che sono stati “trascurati, ignorati e abbandonati” non ha mancato di sottolineare quella che a suo parere è la differenza tra lui e la Clinton: “La più importante tra noi e i nostri avversari è che il nostro piano metterà l’America al primo posto. Americanismo, non globalismo, sarà il nostro credo”. Poi ha attaccato più frontalmente la Clinton proprio sul versante della violenza contro le forze di polizia e del terrorismo: “Chi non comprende il pericolo degli attacchi alla polizia e del terrorismo non è adatto a guidare il Paese”. Qualche ora prima Barak Obama aveva partecipato alla chiusura del Ramadam sottolineando: “Sono giorni difficili per i musulmani americani”. Atteggiamenti e parole che scavano un abisso tra le due Americhe che si conteranno in autunno nelle urne.

Ma non contento, ha continuato a “picchiare” sui presunti limiti della sua avversaria: “L’eredità di Hillary Cinton è morte, distruzione, terrorismo e debolezza. Ma l’eredità di Hillary Clinton non deve essere l’eredità dell’America. I problemi che abbiamo oggi sono povertà e violenza nel nostro Paese e guerra e distruzione all’estero, e dureranno finché affideremo la loro soluzione alle persone che li hanno creati. Per questo c’è bisogno di un cambio di leadership”. Conseguenza inevitabile: “In questa corsa alla Casa Bianca io sono il candidato dell’ordine e della legalità” e a Obama Trump imputa la colpa di “aver usato, con la sua retorica irresponsabile, il pulpito della presidenza per dividere il Paese sul fronte della razza e del colore, rendendo l’America più pericolosa”. Quindi i “messaggi forti in linea con tutta la sua campagna elettorale: “Gli Stati Uniti devono immediatamente sospendere l’immigrazione da tutti i Paesi che sono coinvolti con il terrorismo fino a che non sia realizzato un meccanismo di controllo efficace. Non li vogliamo nel nostro Paese”. Infine la chiusura ai latinos: “Fermeremo l’immigrazione illegale. Costruiremo il muro” lungo il confine con il Messico.

La chiusura della Convention repubblicana è stata anche caratterizzata dagli ultimi fronti polemici aperti da Trump. In particolare ha suscitato scalpore quella sua intervista al New York Times in cui affermava che in caso di attacco russo a un paese europeo della Nato, la partecipazione americana alla difesa non sarebbe stata automatica. Parole che hanno indotto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a replicare che “la solidarietà tra gli alleati è un valore fondamentale per la Nato”. Aggiungendo: “Non voglio intromettermi nella campagna elettorale americana, ma quello che posso fare è sottolineare ciò che conta per la Nato. La solidarietà è buona per la sicurezza dell’Europa e per quella degli Usa. Ci difendiamo gli uni con gli altri”. A sottolineare la diversità di opinione tra l’uomo che vuole andare alla Casa Bianca e l’inquilino attuale ha provveduto il portavoce di Obama, Josh Earnest affermando che l’impegno nei confronti degli alleati della Nato è “una promessa inviolabile”.

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