Restituiamo il primato alla democrazia

 

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-di MAURIZIO BALLISTRERI-

La globalizzazione dei mercati finanziari, con la debolezza della sovranità degli Stati rispetto a potenti soggetti come banche d’affari, fondi di investimento, agenzie di raiting e organismi tecnocratici internazionali quali il Fondo Monetario, ha prodotto una incredibile concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi grandi speculatori, a danno della gran parte dei cittadini del pianeta, che si è manifestata pubblicamente con l’attacco alla sterlina e alla lira da parte di alcuni raiders, già a partire dall’autunno 1992.

Rino Formica, uno dei più autorevoli politici italiani dei trascorsi anni Ottanta e dirigente di primo piano del Partito socialista, a tal proposito ha affermato “Abbiamo sottovalutato un elemento. La globalizzazione, col crollo degli imperi, ha creato un’instabilità che non è solo il terrorismo armato, ma anche quello finanziario”. La politica economica globale, purtroppo, è sempre più segnata dal primato della finanza e delle banche, mentre l’Europa si trova stretta nella camicia di Nesso dell’austerity e della deflazione.

Il tema è quello dell’insicurezza della nostra società “liquida”, descritta dal sociologo Zygmunt Baumann, che a livello internazionale appare stretta tra guerra in Medio Oriente, terrorismo islamico, crisi finanziaria e sociale, con i drammi in Italia di chi ha perso i propri risparmi nella “oscura” vicenda delle banche salvate dal governo (con nuovi interventi alle porte!), degli esodati ancora senza pensione (con l’”oscena” proposta di collateralizzare le pensioni degli italiani!), dei disoccupati e delle famiglie che soffrono l’insufficienza del reddito.

E proprio il tema della politica e della sua crisi, inteso come il primato della rappresentanza nelle istituzioni e a livello collettivo, si presenta come decisivo nella determinazione dell’insicurezza diffusa. Infatti, la progressiva marginalità delle funzioni di rappresentanza, relegate solo a compiti di buona amministrazione, ha stimolato esclusione e diseguaglianza in nome dell’integrazione spontanea fra mercato e Stato, con la primazia del primo e la molecolarizzazione della società, con la formazione di oligarchie espressive di élites economiche, dell’informazione, del potere giudiziario che hanno relegato i decisori politici ad una funzione subalterna, da remunerare magari per i servigi resi con incarichi di prestigio: da ultimo l’ex presidente della Commissione europea Barroso, rigido esecutore delle politiche del IV Reich di Frau Merkel funzionali alle “esigenze dei mercati”, nominato presidente della più importante banca d’affari del mondo, Goldman Sachs.
La conseguenza è stata la disarticolazione della sfera politica in svariate dimensioni decentrate e residue di una postmodernità che regredisce al premoderno, senza legami identitari e di senso, frantumata in microcosmi sociali, protetti e sovente autoreferenziali. E così, gli italiani (ma il problema riguarda più in generale tutti i cittadini dei paesi che, un tempo, si definivano di democrazia occidentale) devono fare i conti con le drammatiche conseguenze sociali prodotte dalla più devastante crisi economica non solo del XXI secolo ma anche rispetto al “Grande crollo” del 1929, aperta dalla cosiddetta “fine delle ideologie”, con la fine del sistema dei partiti della Prima Repubblica, il declino del Welfare State e del modello di dialogo sociale organizzato con i sindacati e le associazioni d’impresa demolito in Italia dalla “disintermediazione” di Renzi.
Ma forse Brexit, le nuove elezioni presidenziali in Austria e l’esito del referendum sulla riforma costituzionale in Italia serviranno a cambiare l’attuale prospettiva.

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