Brodolini, 47 anni fa moriva il ministro dei lavoratori

 

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-di ANGELO GENTILE-

Il suo ricordo sottolinea la diversità dei tempi. Da una parte quelli attuali, in cui i ministri del lavoro o del welfare che dir si voglia, vengono reclutati nel mondo delle imprese (da lì, in fondo, viene anche Giuliano Poletti) manifestando anche per questo una certa difficoltà ad entrare in sintonia con i lavoratori; dall’altra quelli ormai consegnati alla storia, roba da archeologia, quando da un lato la combattività sindacale e dall’altro un quadro politico (il centro-sinistra) che in alcune sue espressioni (il Psi) aveva i suoi riferimenti nel mondo operaio, inducevano a sottolineare che all’interno del rapporto di lavoro il contraente debole era il lavoratore con la conseguenza che il ministro delegato a trattare quelle materie manifestava verso la parte più “indifesa” maggiore attenzione. La sera di San Silvestro del 1968 quella scelta di campo Giacomo Brodolini la manifestò senza tentennamenti.


Erano giorni turbolenti, anni turbolenti. A Roma l’Apollon era una azienda tipografica. I proprietari avrebbero voluto chiudere tutto e vendere l’area ai “palazzinari” dell’epoca intenzionati a realizzare un bel po’ di appartamenti (il mattone tirava e i palazzi spuntavano come funghi, senza criterio e nella totale mancanza di regole urbanistiche). Cominciò così una lunga battaglia per la difesa del posto di lavoro e l’azienda tipografica insieme alla Fatme divenne uno dei simboli romani delle lotte operaie. I lavoratori la fabbrica l’occuparono; da un punto di vista sociale la vicenda assunse caratteri così clamorosi che Ugo Gregoretti decise di girare anche un film. A San Silvestro il ministro del lavoro, Giacomo Brodolini si presentò ai cancelli dell’azienda occupata. E pronunciò una frase che non assunse il significato di un manifesto politico: “Da una parte sola, dalla parte dei lavoratori”. Altri tempi, altri uomini. Brodolini era già malato. Sette mesi dopo, l’11 luglio 1969 sarebbe morto a Zurigo consegnando alla partenza da Roma il suo testamento a Gino Giugni, il giurista che lo aveva “accompagnato” nella realizzazione dello Statuto dei lavoratori: “Fai in modo che lo Statuto dei lavoratori non diventi lo statuto dei lavativi”.

Il provvedimento al traguardo sarebbe stato portato da Carlo Donat Cattin, un altro che ebbe un ruolo non secondario nella conclusione della vertenza che ha caratterizzato l’Autunno Caldo del 1969, cioè il rinnovo del contratto dei metalmeccanici (gli industriali, all’epoca decisamente poco abituati a subire sconfitte negoziali, si lamentarono dicendo che erano stati “ricattati”). La malattia non diede scampo a Brodolini. Da ex dirigente sindacale (vice-segretario della Cgil), nella nuova veste di ministro del lavoro sapeva che sulle sue spalle incombeva il peso della storia: in un Paese che aveva distribuito in maniera diseguale i benefici del boom economico, la bilancia andava riequilibrata. E in quei pochi mesi (sette in tutto) al vertice del dicastero realizzò riforme che diedero ai lavoratori una dignità in larga misura sconosciuta: vennero abbattute le “gabbie salariali”, cioè il meccanismo che consentiva di pagare stipendi diversi a seconda delle zone geografiche; furono riformate le pensioni facendo conoscere all’Italia il senso profondo del concetto di “welfare”.
Formazione azionista alle spalle agevolata dalla frequentazione di Emilio Lussu, una lunga militanza sindacale e socialista, Brodolini è stato uno dei migliori interpreti dello spirito riformista del centro-sinistra. Venne piegato dalla malattia otto giorni prima del suo quarantanovesimo compleanno. Ma a volte possono bastare anche sette mesi per conquistare un posto nella storia e la riconoscenza di tutti quelli che lo hanno avuto accanto, in quella “parte sola”.

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