Raggi e il maschilismo tracotante dell’ex sindaco-sceriffo

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-di PATRIZIA BARATTO-

Le dichiarazioni di Vincenzo De Luca, governatore della Campania di qualche giorno fa alla riunione della Direzione del Pd, che definisce la neo sindaca Virginia Raggi “una bambolina imbambolata” hanno suscitato in molti amarezza e indignazione. Ma, dopo un primo momento, quello che di De Luca colpisce di più è la sua sfrontatezza e supponenza nel criticare in tal modo la giovane sindaca, convinto di ricevere da quella platea, su queste posizioni, consensi ed applausi che, per fortuna non ci sono stati.

Definire la sindaca una bambolina, utilizzando una metafora che nel migliore dei modi potrebbe significare un essere inconsistente e superfluo, nel peggiore, una bambola di “pezza”, vuol dire qualcosa di più e di diverso. 

All’ex sindaco, non a caso definito “sceriffo” altra metafora per descrivere un uomo dal pugno duro e dal modo di esprimersi spesso con uno stile sbrigativo se non aggressivo, non deve proprio andare giù che a governare la nostra capitale, una delle più belle città del mondo, sia una giovane donna, carina e seducente, con grandi occhi neri ed un fisico esile.

Forse nel suo immaginario intriso di pregiudizi e stereotipi, le donne che comandano dovrebbero avere i famosi “attributi” o avere sembianze “maschili” o forse, e così sembra, il suo è un puro risentimento per chi, secondo il suo modo di pensare, non avrebbe dovuto assurgere a tale posizione e responsabilità.

La neurolinguistica, scienza che da decenni studia i comportamenti e gli stili di comunicazione e che vede, tra i suoi seguaci, il gruppo dirigente del Movimento 5 Stelle, definisce e decodifica i diversi stili ponendo l’accento sulle modalità comunicative piuttosto che sui contenuti.

E volendo osservare proprio le modalità comunicative di De Luca, non solo in questa occasione, ci sembra di vedere una personalità molto forte e decisa sul da farsi, certo, tanto da essere ricordato come il migliore sindaco della città di Salerno, avendo contribuito a renderla una città metropolitana e con un grande slancio verso il futuro, ma anche sprezzante nei confronti di chi non la pensa come lui o sia profondamente diverso.

Da parte di un alto rappresentante delle istituzioni mi sarei aspettata un atteggiamento più corretto seppur critico verso l’avversario, soprattutto se eletto legittimamente dal popolo, ma il Pd, o una parte di esso, non ha ancora digerito la sconfitta, cioè aver perso due città importanti come Roma e Torino dove si sono affermate due giovani donne, e a distanza di poche settimane, in molti, ancora, non se ne sono fatti una ragione.

Ma, a proposito della metafora della bambolina, c’è una cosa sulla quale il Governatore ha profondamente sbagliato. Credo che non abbia affatto capito il “personaggio” Raggi, che, al contrario delle sue affermazioni appare ed è, una donna decisa, coraggiosa e pronta a sfidare il potere. Chi ha avuto modo di osservarla nelle sue apparizioni televisive, negli incontri diretti con lo sfidante, ha visto una giovane donna molto sicura nella comunicazione, niente affatto intimidita, sempre con un alto livello di autocontrollo, tenace e perseverante. L’abbiamo anche vista commuoversi la sera dei risultati elettorali e nei giorni seguenti, quando saliva per le famose scale del Campidoglio guardando lo strepitoso panorama sulla città eterna, segno, questo certamente, di una certa sensibilità femminile.

Ma, come molte altre della sua generazione, spesso con responsabilità familiari e, dunque, donne multitasking, sia Raggi che Appendino dimostrano una grandissima forza di volontà, una profonda convinzione di voler cambiare un mondo del quale non si sentono di appartenere, un certezza granitica nel voler raggiungere gli obiettivi, così “toste” perché disposte al sacrificio.

Ridicolizzarle, deriderle, o prendere con leggerezza ciò che queste donne esprimono e che non piace a certi uomini, soprattutto, è sbagliato e controproducente, soprattutto per chi vuole affrontare l’avversario politico.

Nelle prossime settimane e mesi, guarderemo, osserveremo, capiremo meglio questa generazioni di giovani donne impegnate nelle istituzioni, e potremo giudicare il loro operato. Ma l’astio verso i giovani, da parte di chi ha raggiunto una certa maturità ed appartiene alla generazione della mezza età, nei confronti di coloro che si vogliono affermare in politica, per cambiare le cose, sarebbe meglio metterlo da parte.

 

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