Economia, nei numeri l’incertezza

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-di SANDRO ROAZZI-

Rallentamento nel breve periodo per l’economia italiana. La sentenza, scontata per la verità, viene dall’Istat che pure continua a segnalare gli aspetti positivi che vanno dalla ripresina delle costruzioni a quella dell’occupazione e della produzione. Tutto all’insegna della lentezza e, soprattutto, alla prova di Brexit in autunno.

Colpisce la contradditorietà dei fattori economici: l’occupazione sale qualche gradino, molte le donne protagoniste, ma grazie in particolare alla…legge Fornero che ha spostato in avanti l’età per la pensione. E se si guarda ai prossimi mesi prevale il pessimismo nelle attese delle famiglie. Per giunta la crescita è tutta dovuto al lavoro dipendente, quello imprenditoriale ed autonomo sembra risentire ancora dei sette duri anni di recessione. Il reddito disponibile dei nuclei famigliari intanto sale ma restano stazionari i consumi, mentre gli incrementi delle retribuzioni appaiono, in assenza di rinnovi contrattuali, molto modesti.

In questo contesto a caricarsi le sorti dell’economia reali sulle spalle è il mercato interno con l’export che segna il passo soprattutto nei riguardi dei Paesi extraUe. Ed abbiamo ancora la Gran Bretagna…in casa.

Le previsioni sul futuro a questo punto lasciano davvero il tempo che trovano. Gli stessi zero virgola che dominano le statistiche non vanno oltre il sapore di una vaga tendenza. Dire che il Paese è con tutti e due i piedi nella fase della crescita però sarebbe un grosso azzardo. Il profilo psicologico del nostro impatto con gli eventi economici suggerisce invece che l’ombra della recessione non è ancora svanita del tutto.

Al 70mo anniversario della Cna (a proposito, congratulazioni), la forte associazione degli artigiani, la Boschi ha ribadito che la riforma costituzionale non è un vezzo ma una svolta indispensabile per rendere possibili prospettive economiche di sviluppo. Il Presidente della Cna Vaccarino ha risposta auspicando una attuazione efficace delle riforme in ballo. Un dialogo che ne ricorda molti analoghi nel passato. Ma che si distingue perchè indica nel prossimo referendum una sorta di passaporto senza il quale non c’è accesso al futuro. Ma l’economia italiana deve dipendere dall’esito dell’ora X per risvegliare le sue potenzialità? O, viceversa, questo lungo conto alla rovescia può solo accentuare quel rallentamento previsto dall’Istat? Un recente studio asserisce che entro il 2020 in Italia si realizzeranno circa due milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro. Notizia interessante ma che da già per scontato che nell’industria invece andranno avanti processi di ristrutturazione e riduzione della manodopera. E senza una   politica industriale, riforme o no, difficile scommettere su esiti diversi. Con un Paese manifatturiero che rischia di diventare sempre meno decifrabile.

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