Brexit e Italia tra crescita e instabilità

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-di SANDRO ROAZZI-

Le borse iniziano non male la settimana del si o no alla Brexit, ma l’attesa assomiglia comunque ad un conto alla rovescia non privo di timori. La avanzata dei fautori dell’uscita sembra essersi arrestata. Semmai è curioso il fatto che in tutta questa lunga campagna elettorale, con la brusca ed agghiacciante turbativa dell’assassinio della deputata laburista, si sia parlato tanto di vantaggi e svantaggi, di conseguenze sui mercati,  pochissimo di cosa tiene insieme veramente l’Europa. Europa che di contraddizioni ne ha parecchie. Ecco l’ultima: salgono insieme la percentuale dei posti di lavoro vacanti (per i quali c’è richiesta ma non …pretendenti), come pure il numero ragguardevole di disoccupati di lunga durata (22 milioni). Fra questi ultimi molti sono i lavoratori maturi, vittime di ristrutturazioni e innovazione tecnologica, ma non mancano neppure i giovani. Tutti che desidererebbero lavorare ma che da più di un anno non lo trovano.

Diciamola tutta, guardando anche al nostro Paese: la instabilità economica ed occupazionale può soffrire di una eventuale Brexit ma le sue radici vanno ben oltre il referendum britannico. Un’Europa più coesa, anzi, potrebbe sfruttare le opportunità che pure ha sottomano prima fra tutti un certo consolidamento dei consumi che assecondato dall’azione della Bce potrebbe impedire il pericoloso prolungarsi della deflazione.  Ma anche lo scenario internazionale offre qualche spunto non negativo: si riducono i timori per una regressione dell’economia cinese, quella Usa può deludere le migliori aspettative ma certo non arranca, il medio oriente preoccupa sempre ma la…maledizione Isis sembra meno aggressiva.  Gli stessi ultimi accordi Renzi-Putin, di là delle sanzioni, fanno presagire prospettive migliori fra il colosso russo, indebolito quanto si vuole ma pur sempre protagonista della scena internazionale e l’Europa.

Ma di coesione in Europa se ne vede molto poca. Anzi i calci tirati dal Ministro delle Finanze tedesche fanno immaginare che anche  dopo la fine della paura da Brexit  è assai difficile che torni il sereno nel Vecchio Continente. Potrebbe solo cambiare il motivo che potrebbe ora riguardare la instabilità politica, da sempre avversata dai mercati e terreno di caccia per la speculazione . A breve ci saranno le elezioni spagnole,  resta l’incognita greca, i risultati delle  amministrative in Italia si prestano a molteplici letture ma certamente non rafforzano le ragioni del Governo Renzi. Ed è proprio su questo versante che potrebbero manifestarsi le maggiori tensioni. La debolezza politica non solo complicherebbe la vita del Governo italiano in Europa, ma renderebbe assai più faticoso il cammino fino all’altro appuntamento elettorale di quest’anno, vale dire il referendum costituzionale da tenersi, guarda caso, poco prima delle elezioni Usa. Ecco perché’  mai come in questo momento politica ed economia vanno a braccetto. L’interrogativo che si pone ora non è di quelli facili.  Procedere con il decisionismo, spesso caratterizzato da spot ad effetti, o provare a ricucire con le espressioni politiche e sociali di una società restia a farsi incantare da un ottimismo povero di progetti concreti e solidi? Rafforzare il ponte di comando rifiutando di  accorgersi che tutto intorno la protesta sta divorando ciò che resta della politica (e che quindi bisogna mutare rotta) potrebbe rivelarsi uno…scambio a perdere. Con un prezzo forse perfino alto da pagare sia sulla fragile crescita, che sulla tenuta sociale, che sul lavoro. I  settori più spregiudicati dei mercati, e non solo,   del resto non aspettano di meglio per passare all’attacco…L’emergere di  debolezza politica, già lo abbiamo visto di recente,  diventa possibile fonte di guadagno e di pressione.

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