La trasparenza opaca del M5s

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-di ANTONIO MAGLIE-

A ventitré giorni dalle elezioni amministrative, le vicende che avvelenano il Movimento 5 stelle esplodono con clamore attraverso la sospensione del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti destinatario di un avviso di garanzia. I pentastellati esprimono e intercettano una domanda, peraltro fondata (lo stesso Matteo Renzi ha sottolineato che esiste una questione morale) di onestà, di pulizia, di etica applicata alla politica. Da questo punto di vista, non si può non ammettere che il partito di Beppe Grillo rappresenti, allo stesso tempo, una novità e una opportunità: una novità perché rimette in gioco equilibri che solo sino a tre, quattro anni fa apparivano scolpiti nella roccia; una opportunità perché obbliga l’intera classe dirigente a fare i conti con una questione (rappresentare con onore la Repubblica come dice la Costituzione) che spesso i parlamentari (ma anche i consiglieri regionali, provinciali, comunali) hanno dribblato se non proprio violato, trasformandosi da rappresentanti della volontà popolare in fiduciari delle necessità familiari.
Fatta questa premessa, però, corre l’obbligo di sottolineare che troppe ombre si accompagnano ai comportamenti, alle scelte, ai meccanismi con i quali vengono adottate le decisioni che trasformano il Movimento 5 stelle in un soggetto politico che nel mentre predica la trasparenza, di fatto nuota nell’opacità. Il caso Pizzarotti è l’esempio più lampante con Grillo che dopo aver difeso a spada tratta solo pochi giorni fa il primo cittadino di Livorno, Nogarin, non ha avuto esitazioni nell’organizzare un rogo cybernetico ai danni dell’esponente parmigiano da ormai diversi anni in odore di eresia e, quindi, di pubblica e definitiva condanna. Le motivazioni (il primo ha fornito tutti i dettagli tempestivamente, il secondo ha traccheggiato, ritardato l’annuncio di un avviso di garanzia giunto a febbraio, evitato di consegnare a stretto giro di posta elettronica i documenti richiesti) sono oggettivamente risibili. I vertici del Movimento 5 stelle tuonano affermando che la trasparenza viene prima di tutto. Ma la trasparenza a cui sembrano fare riferimento è quella verso il “capo” o il “direttorio” non tanto verso i cittadini perché se fosse verso i secondi allora, al di là dei ritardi colposi o dolosi nelle comunicazioni, tanto Nogarin quanto Pizzarotti sarebbero ugualmente colpevoli e quindi “perseguibili”.
Questa giustizia “cangiante”, modulata sulle simpatie e antipatie personali o di gruppo finisce per fare a brandelli quell’articolo 49 della Costituzione in cui si afferma che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ma il metodo democratico non fa figli e figliastri, amici e nemici del capo, sodali e reprobi. Il metodo democratico prevede che vi siano delle regole uguali per tutti, senza distinzione di razza, di sesso, di religione, di colore della pelle. Forse per questo nella loro proposta sui partiti per dare attuazione proprio a quell’articolo 49 i pentastellati si dilungano molto (lodevolmente, peraltro) sugli aspetti finanziari ma glissano (in questo caso molto colpevolmente) su quelli dei principi e dei modelli organizzativi.
La domanda, allora, diventa inevitabile: possiamo fidarci di una forza politica che da un lato non bada a distinzioni di sorta quando si tratta di perseguire avversari (esterni ed interni) e dall’altro elargisce “sconti” agli amici che spesso sono poi i più fedeli? Ci si può fidare di una classe dirigente che “liquida” gli oppositori con giudizi troppo rapidi per non essere sommari mentre invita (parole di Virgina Raggi, candidata sindaco di Roma) a non usare gli avvisi di garanzia come manganelli? Ci si può, soprattutto, fidare di una forza politica giustizialista con i “nemici” ma tremendamente clemente, comprensiva, garantista con i buoni amici? Ci si può fidare di un partito che dice di voler battere la strada della democrazia diretta ma poi nel concreto usa metodi che sconsigliano il dissenso, il “pensiero diverso”, il confronto anche aspro cioè tutti quei comportamenti che alla democrazia assicurano un palpabile contenuto? E’ questa nel concreto la cifra etica che dovrebbe orientare i comportamenti di chi si muove sulla scena pubblica? Se questo è, allora il Movimento 5 stelle, per via dei numeri, resta una novità, ma rischia di scomparire dall’orizzonte come opportunità.

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