Possiamo difenderci così

 

-di FRANCESCO TAGLIENTE *-

 Dopo i barbari, vili, terribili attentati terroristici plurimi di Parigi del 13 novembre scorso e di Bruxelles del 22 marzo 2016, è in atto un acceso dibattito sulla questione sicurezza, su cosa si può fare, in Italia ed in Europa, per provare a contrastare questa escalation di violenza che sta coinvolgendo anche il mondo dello sport.

          Nessun paese è al riparo dalla piaga dell’estremismo violento. Dobbiamo dotarci di misure preventive forti per contrastarlo in tutte le sue forme perché con la militarizzazione del territorio non si sconfigge il terrorismo. Per l’azione preventiva contro questa minaccia emergente servono una serie di misure e di strumenti a livello locale, nazionale, europeo e internazionale.

  1. Serve intanto una condivisione e cooperazione operativa di tutte le potenze mondiali. I Paesi devono sentirsi uniti come è stato in passato per noi italiani negli “anni di piombo”. Va nella giusta direzione l’accordo raggiunto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’organo competente a deliberare su atti di aggressione o di minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. I 15 membri del Consiglio, una settimana dopo gli attentati in Francia, hanno approvato all’unanimità una risoluzione che invita tutti gli Stati membri a unirsi nella lotta contro i terroristi che rappresentano una minaccia inedita e mondiale. “L’Isis – dice il testo della risoluzione – costituisce una minaccia globale senza precedenti alla pace internazionale e alla sicurezza” anche per la sua capacità di “reclutare e addestrare terroristi combattenti stranieri, la cui minaccia ha effetti su tutte le regioni e i paesi membri dell’Onu, anche quelli lontani dalle zone di guerra”.  Ad oggi la cooperazione operativa internazionale vede coinvolte attivamente cinque grandi potenze: Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina.
  2. E’ importante prevenire la radicalizzazione dell’estremismo violento e il reclutamento via web evitando che la rete internet e i siti jihadisti continuino ad essere uno strumento di propaganda e proselitismo di persone che risiedono in Europa. Gli atti di terrorismo e di estremismo violento sono perpetrate, come accaduto in Francia, anche da europei reclutati grazie a una propaganda online, che, poi, si recano all’estero per addestrarsi e combattere nelle zone di conflitto e al loro ritorno, costituiscono una minaccia per la nostra sicurezza. La propaganda e i contenuti estremisti sono facilmente accessibili online tramite forum di discussione, media sociali, blog, ecc. Per rispondere alle sfide che provengono da Internet non basta smantellare le attività delle reti, identificare e bloccare gli individui che spingono le persone verso il terrorismo. Gli sforzi non devono limitarsi a vietare o a rimuovere i contenuti illeciti, ma devono includere lo sviluppo di messaggi alternativi volti a destrutturare la propaganda estremista. Servono controlli specializzati con monitoraggio dei siti, mirate intercettazioni ed agenti sotto copertura. Per dare una risposta alle nuove emergenze serve anche un ulteriore investimento nella formazione del maggior numero di personale specializzato a leggere i dati offerti dalle nuove tecnologie.
  3. Serve una continua penetrazione delle agenzie di controllo sociale e delle forze di polizia nelle periferie per prevenire il radicamento del fondamentalismo islamico. E’ importante provare a coinvolgere i predicatori ortodossi ostili alla violenza armata. Questi potrebbero essere ascoltati dai giovani. Il terrorismo si potrebbe far combattere anche da dentro le mosche con la diffusione di messaggi forti della cultura del dialogo, della pace e della convivenza.
  4. Vanno rafforzati i controlli su tutti i viaggiatori alle frontiere. Servono comunque controlli più stretti non escludendo l’ipotesi di acquisire anche i dati passeggeri.
  5. Serve il monitoraggio delle moschee per assicurarsi che siano soltanto effettivi luoghi di preghiera, valutando la possibilità della chiusura di quelle prive delle caratteristiche proprie di un luogo di culto.
  6. Per ridurre il rischio-proselitismo nelle carceri è importante rafforzare il monitoraggio dei penitenziari per svelare e sventare eventuali opere di reclutamento del fondamentalismo islamico all’interno delle celle. I controlli devono riguardare anche le persone che fanno visita ai presunti terroristi detenuti.
  7. Serve una continua rimodulazione dei dispositivi di controllo del territorio per adeguarlo alle nuove esigenze. Perquisizioni a tappeto nei luoghi dove si ritiene possa annidarsi l’integralismo ed espulsioni mirate nei confronti di chi incita all’odio, alla violenza, alla diffusione di idee o teorie che spingono verso atti di terrorismo. Il numero delle persone da controllare sta aumentando continuamente con una varietà di lingue e di dialetti oltre che di culture. Bisogna quindi cominciare a riflettere sulla necessità di avere più personale che conosca la lingua araba.
  8. Servono maggiori controlli sugli aeromobili a pilotaggio remoto come i droni potenziando il sistema di rilevamento e contrasto con inibizione al volo, metal detector anche portatili per il controllo alle porte d’accesso nei luoghi ad alta concentrazione di persone.
  9. Un preziosissimo ulteriore strumento sono le telecamere intelligenti per identificare i volti dei potenziali terroristi. Il Presidente del Consiglio, intervenendo al primo Italian digital day, alla reggia di Venaria, ha annunciato che, per la lotta al terrorismo, il Governo sta valutando la fattibilità di un progetto che scommette sulla svolta tecnologica e informatica. Si tratta di Webcam intelligenti per identificare immediatamente per via telematica tutti i volti dei potenziali terroristi che appaiono in una telecamera e già noti a una grande banca dati internazionale. Oggi tutte le metropolitane, le stazioni ferroviarie, quelle aeroportuali, le banche, gli stadi, i supermercati e le gioiellerie dispongono di sistemi di videosorveglianza. Mettere in rete tutte queste telecamere e avere la possibilità di sapere in tempo reale quello che hanno ripreso è fondamentale; conoscere a priori la loro ubicazione, quante sono, quali angolazioni riprendono. Questo serve sia a ridurre i costi dell’attività investigativa, sia a velocizzare e, dunque, a rendere più efficace la stessa. Evitando di mandare dopo un evento delittuoso, qualunque esso sia, a maggior ragione se si tratta di atti di terrorismo, il carabiniere o il poliziotto a vedere se c’è una telecamera, dov’è sistemata e se funziona. L’anagrafe delle telecamere mette in condizioni di sapere a tavolino, anche nelle ore notturne di un giorno festivo, quando è tutto buio, cosa accade e cosa è accaduto in una determinata strada.

Il progetto, riduce il carico di lavoro degli operatori delle Forze di polizia a beneficio della sicurezza generale. Gli investimenti sulla sicurezza con i sistemi di videosorveglianze possono consentire di individuare gli estremisti sotto osservazione e seguirne così ogni movimento per identificarli, bloccarli e neutralizzarli.

          La prima fase è stata attivata per la prima volta a Pisa nel 2013. Le Forze di Polizia dispongono, di un’informazione completa e immediata sulla dislocazione delle telecamere pubbliche e private censite. Tutti i dati concernenti le relative coordinate geografiche sono stati inseriti in una mappa geo-referenziata e raccolti in forma anonima, a disposizione esclusiva della Prefettura, della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Grazie a questo censimento, in presenza di un reato, è possibile verificare all’istante l’ubicazione delle telecamere in quella zona, contattare i proprietari dell’impianto e farsi consegnare le registrazioni in breve tempo. La disponibilità della mappa delle apparecchiature rappresenta già un significativo vantaggio in termini di economia delle risorse per le Forze dell’Ordine che, in caso di reati, possono accertare in tempo reale, ripeto anche durante le ore notturne di un giorno festivo, la presenza nei luoghi di interesse di occhi elettronici e, in caso positivo, acquisire con maggior tempestività le registrazioni”

          Per ridurre ulteriormente il carico di lavoro di poliziotti, carabinieri e finanzieri nell’attività operativa e investigativa e completare i vantaggi del sistema, sempre a Pisa era stato progettato l’evoluzione del sistema (fase due), con la quale sarebbe stato possibile, grazie a un software di ultima generazione passare in rassegna milioni di fotogrammi, così da individuare veicoli ed individui sospetti.

          Questi sistemi di videosorveglianza intelligente grazie all’impiego di telecamere ad alta risoluzione adatte all’utilizzo di software di video-analisi possono consentire l’immediata identificazione per via telematica dei volti dei potenziali terroristi, che appaiono in una telecamera, se preventivamente “caricati” in una banca dati internazionale.

          Per battere il terrorismo è fondamentale non cambiare abitudini. Gli attentati non devono indurci a mutare i nostri programmi. Gli ultimi attacchi non fanno stare tranquillo nessun Paese. I terroristi hanno preso di mira cittadini normali impegnati in momenti conviviali (la cena al ristorante) o in momenti di intrattenimento (il concerto rock), o nella normale routine quotidiana (il trasferimento in metrò, il viaggio in aereo). Questo conferma anche che nessun luogo può ritenersi immune dal terrorismo. In moltissimi Paesi, soprattutto europei, Italia compresa, sono state disposte le massime misure di vigilanza su tutti quegli eventi considerati di particolare importanza, dove è previsto un significativo afflusso di persone come stadi e luoghi dove si organizzano eventi culturali e religiosi.

          Gli stadi e gli eventi sportivi perciò, come tutti le altre occasioni che richiamano un considerevole numero di persone, ora sono considerati obiettivi esposti a rischio. Il terrorismo si alimenta con la paura. L’obiettivo dei terroristi è anche quello di indurre la nostra società a chiudersi, a ripiegare su sé stessa, a rinunciare alla propria identità.

          Quattro giorni dopo gli attentati di Parigi, il 17 novembre, lo stadio di Hannover dove era prevista in serata la partita di calcio Germania-Olanda, per timore di attentati è stato evacuato e la sfida sportiva annullata; precedentemente era stato cancellato, sempre per il timore di attentati, anche il match Belgio-Spagna in programma a Bruxelles.

          Salvo situazioni eccezionali, convalidate da analisti – come sicuramente è avvenuto in Germania e in Belgio –  non dovrebbe mai essere sospeso un evento programmato se non per commemorare delle vittime come purtroppo spesso accade. Dobbiamo fare molta attenzione a non alimentare la paura.  Nella stessa serata in cui ad Hannover veniva sospesa la partita, in Italia il Questore di Bologna, benché abbia ricevuto una segnalazione anonima della presenza di un ordigno, dopo averla valutata attentamente, ha innalzato al massimo le misure di sicurezza allo Stadio consentendo di far giocare regolarmente la gara amichevole Italia-Romania.

          Questi episodi confermano che gli scenari dopo gli attentati in Belgio e Francia sono cambiati. Il decreto interministeriale sulla sicurezza degli impianti e sulla videosorveglianza del 6 giugno 2005 ormai è datato poiché modellato sulle esigenze di 10 anni fa. Gli ingressi agli impianti sportivi, piaccia o no, devono avvenire attraverso varchi di accesso tutti dotati di sistema di videosorveglianza e metal detector anche portatili. Il numero dei varchi deve essere definito in base alla capienza dell’impianto.

  1. La lotta al terrorismo la possono fare anche i comuni cittadini continuando a vivere come prima. E’ difficile ma dobbiamo provare a non avere paura. Peraltro l’Italia, dispone di servizi di intelligence e strutture investigative con una grande storia alle spalle, abbiamo già affrontato molte emergenze e maturato una grande esperienza nella lotta al terrorismo sin dagli anni della strategia della tensione e durante i cosiddetti anni di piombo; le nostre istituzioni ora hanno una grande capacità di monitoraggio e questa capacità può rassicurare gli italiani. Parlo del Comitato di Analisi strategica antiterrorismo, dell Aisi e dell’Aise. Parlo della direzione centrale della Polizia di Prevenzione (l’Ufficio Antiterrorismo) e del ROS dei carabinieri. Ma parlo anche delle strutture investigative territoriali come le DIGOS e gli omologhi Uffici investigativi dei Carabinieri.

* L’ autore di questo articolo è un grande esperto di sicurezza avendo guidato l’Osservatorio Nazionale per le Manifestazioni Sportive ed essendo stato Questore di Roma e Firenze e Prefetto di Pisa

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