La deflazione mette tutti spalle al muro

      -di SANDRO ROAZZI-

La nuova frenata dei prezzi a febbraio questa volta non è stata sottovalutata come al solito da media e associazioni imprenditoriali. Sono mesi che Draghi fonda la politica monetaria della Bce anche sul rischio deflazione senza avere però significativi sostegni. Forse ora potrà dire il fatidico “l’avevo detto”, dato che in Europa, sia pure in maniera meno pronunciata, la deflazione si manifesta in tutta la sua pericolosità.

Deflazione evoca il “periodo giapponese”, una sorta di anemia economica che nella più o meno lunga stagione di stagnazione che la caratterizza provoca l’acuirsi delle diseguaglianze, delle povertà sociali e….produttive, aumenta l’incertezza sul futuro e genera, quando è troppo prolungata, effetti psicologici negativi quanto mai complicati da superare con le ricette economiche.

Detto questo si potrebbe osservare che era meglio preoccuparsi mesi fa quando la dinamica dei prezzi già segnalava questa deriva deflazionistica, sostenuta soprattutto dalle tariffe (altri costi per le famiglie) e accentuata dal calo dei prodotti collegati all’energia, petrolio in testa.

Allora si arrivò a negare l’esistenza…possibile della deflazione. Come la peste di memoria manzoniana. Imprenditori, politici, Ministri tutti a fare spallucce. Scorie…congiunturali di una recessione ormai finita, tranquilli, passeranno.

Nel frattempo l’economia italiana navigava fra ottimismi di maniera (forse perfino necessari per combattere sfiducia ed attendismo) e dati altalenanti che facevano presagire un percorso economico da …fondo valle, insomma simile a quello pre-crisi con le lentezze e le contraddizioni tipiche della nostra vita economica.

Le imprese per lo più hanno cercato di tesaurizzare gli interventi del Governo, agevolazioni, sgravi e via discorrendo, guardandosi bene però dal riattivare politiche di investimenti con l’alibi scontato (ma vero) che il Governo non dava (e non da) l’esempio.

La mancanza di dialogo sociale e di rapporti fra Governo e forze sociali sul futuro del Paese non ha certo migliorato la situazione e la riduzione del ruolo sindacale in favore di un decisionismo governativo (al di là di come lo si voglia giudicare) non ha favorito il varo di progetti ed iniziative in grado di sgombrare il campo dalle troppe e paralizzanti incertezze sul futuro. Con la conseguenza che il denaro non circola come dovrebbe e non si scommette su prospettive di vera crescita a nessun livello.

Ma a guardare i dati di febbraio potremmo perfino dire che lo scenario, inevitabile, non è poi nemmeno così devastante come sembra. A patto che la lezione non venga ancora una volta giudicata con sufficienza (o irresponsabilità?).

Il fatto è che il dato si confronta con febbraio 2015 che ha registrato una ripresa effimera dei prezzi. Il contrario di gennaio, insomma. E non si può tacere che siamo in periodi di saldi. Saldi che hanno inciso probabilmente poco, con i prezzi di beni di largo consumo in sempiterna promozione, ma qualche effetto lo hanno pure avuto. In più c’è stato qualche rallentamento dei prezzi dei beni dei servizi, sulla cui continuità però c’è da dubitare. Anzi proprio a febbraio 2016 la divaricazione fra questi prezzi e quelli degli altri beni si accentua, sintomo di una ritrosia della gente a spendere. Ritrosia non dettata da una moda o una filosofia di vita, ma da perduranti difficoltà economiche, dalla erosione dei risparmi, dalle nebbie che impediscono la vista di un futuro migliore, da una situazione di salari, stipendi e pensioni da…bassa marea permanente.

E’ probabile che danzeremo nei prossimi mesi, anche in virtù di raffronti statistici, sulla linea di confine della deflazione. Un ballo poco edificante. Eppure il tempo ci sarebbe per cambiare musica. Magari non quella da Oscar di Ennio Morricone, ma comunque capace di risvegliare la speranza.  Ma dovrebbe cambiare la qualità del confronto, dovrebbe tornare ad essere centrale la necessità di ragionare, discutere ed agire su scelte di prospettiva assai più solide dei tweet sulla ripresa. Strada in salita. Specialmente in un Paese distratto da elezioni, verifiche politiche d’ogni tipo e giolittismi che cozzano con la esigenza di ricreare un clima operoso di fiducia.

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