Il figlio di Vendola e gli insulti       

-di ANTONIO MAGLIE-

Il figlio di Nichi Vendola si è trasformato nell’occasione per costruire una “coda” al dibattito parlamentare sulle unioni civili e la stepchild adoption. Lo è stato, ovviamente, nella maniera italiana: cioè al ritmo di insulti contro il leader di Sel, uno “stile” che ha fatto scuola tanto è vero che è diventato il tratto caratterizzante della campagna per le primarie repubblicane in corso negli Stati Uniti (alle dichiarazioni non proprio eleganti e raffinate di Donald Trump hanno fatto seguito quelle altrettanto sguaiate, ancorché basate su accuse non infondate, dei suoi concorrenti in cerca di rivincite, Cruz e Rubio). E, da questo punto di vista, forse ha un significato subliminale il fatto che il “lieto evento” sia avvenuto proprio in America consentendo una sorta di “gemellaggio” sul filo della volgarità dialettica.

In questa storia delle unioni civili si è sempre badato poco alla misura, soprattutto da parte di chi avrebbe preferito una soluzione drasticamente al ribasso (o una “non soluzione”). E il fatto che la paternità di Vendola sia frutto di maternità surrogata (e di stepchild adoption) ha indotto gli oppositori della legge recentemente approvata al Senato (ma ora deve passare alla Camera) a ribadire le critiche non badando troppo al sottile. Che la maternità surrogata rappresenti un problema con cui fare i conti, tenendo anche presente che la globalizzazione vale non solo per le questioni economiche ma anche per quelle sociali (negli Usa come il caso evidenzia, quel che il ministro Lorenzin pensa di combattere con l’introduzione di un reato universale, non è oggetto di divieti), è evidente. Che vi siano molte ragioni che inducono a valutare la cosa con attenzione e prudenza è altrettanto palese. Quel che è meno accettabile è l’ipocrisia. Per sottolinearla si possono usare le parole di Teresa Forcades, suora di clausura e teologa, che dopo aver sostenuto che la maternità surrogata è “un abuso di potere” che mette “sempre più spesso donne povere nella condizione di scegliere se commercializzare o vendere la propria maternità”, ha aggiunto che analoga mercificazione la si ritrova anche quando “le donne devono emigrare e abbandonare la famiglia per guadagnare un minimo stipendio per sopravvivere o finiscono nella rete della prostituzione per la stessa ragione”.

Il nuovo “crociato” delle brume milanesi, Matteo Salvini, ha definito quello di Vendola “disgustoso egoismo” (“Famiglia Cristiana” è corsa in suo aiuto). Eppure, non pare che la sua voce si sia mai alzata in difesa delle donne che si trovano nelle condizioni indicate dalla Forcades, costrette a mercificare sé stesse in modi diversi nella forma ma analoghi nei risultati. Le battaglie contro la prostituzione condotte dai leghisti sono state di ben altro tipo (basta ricordare le vecchie “ronde”); le posizioni contro i migranti, donne o uomini che siano, sono scolpite nella roccia. Né, il “crociato” dopo essere stato folgorato sulla stessa strada di Paolo di Tarso, ha bollato con l’accusa di contraddittorietà quei compagni di avventura cattolici che essendo molto legati al concetto di famiglia, di famiglie ne hanno messe su diverse semmai utilizzando quel diritto, il divorzio, che quarant’anni fa hanno combattuto, in anni giovanili, sulle piazze con la stessa rumorosa determinazione che hanno messo in mostra in questi giorni. Non si può essere contro l’egoismo a corrente alternata, semplicemente in base alle necessità elettorali. Si può, ad esempio, definire altruista l’atteggiamento di chi invoca l’uso delle ruspe contro i rom e poi “scarica” un candidato al Campidoglio semplicemente perché questi non ritiene di dover utilizzare quel mezzo meccanico allo stesso modo? E’ altruista chi ritiene che il governo delle ondate migratore, provocate dalle guerre volute anche dai nostri paesi (in Siria tutti i protagonisti ne stanno combattendo una propria che non ha nulla a che vedere con quella all’Isis), possa avvenire con i muri e i lucchetti? E’ segno tangibile di altruismo quello che sta avvenendo al confine tra la Grecia e la Macedonia?

Peccato non aver avuto nei giorni caldi del dibattito (e della polemica) sulle unioni civili qualcuno che parlasse come la Forcades che a proposito delle unioni gay dice: “Un sacramento è sempre la manifestazione dell’amore di Dio nello spazio e nel tempo. L’amore è sempre sacramento di Dio se rispetta la libertà dell’altro”. E a proposito delle adozioni da parte delle coppie omosessuali aggiunge: “Quello di cui i bambini hanno bisogno è di un amore adulto, maturo e responsabile da genitori che antepongano le loro necessità alle proprie… Il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta un problema”. Ci sono modi costruttivi per dibattere i problemi che la modernità pone: la spinta irrefrenabile all’insulto contro Vendola (non perché padre ma perché avversario politico), ha fatto perdere un’altra occasione. Purtroppo non sarà l’ultima.

antoniomaglie

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