SI VIS PACEM, PARA BELLUM

SIRIA

           (foto ap)

-GIUSEPPE TAMBURRANO-

Sembra, dico “sembra”, che l’idea di una soluzione del problema dei profughi che vengono dalla Libia stia maturando e stia maturando sul piano militare, l’unico che può funzionare, come ho proposto in un precedente blog che è stato molto letto, con pochissimi dissensi.

Purtroppo sono nel coro molti galli ciascuno con il suo particolare “chicchirichì”. Quello più fastidioso è di chi pretende che l’ONU deve autorizzare le operazioni. Bene se lo fa, ma se si inceppa nelle diatribe e nei veti, la gente può continuare a morire in mare? Bush per l’intervento in Iraq non aspettò in una anticamera del Palazzo di Vetro. Erdogan, questo nuovo dittatore, ha ignorato l’ONU ed è intervenuto in Siria e in Iraq solo con l’appoggio della Nato. Purtroppo – e che peste lo colga! – più per combattere i curdi che l’Isis.

La soluzione è semplice: le operazioni di immigrazione che si svolgono in Italia debbono svolgersi sulle coste libiche,nei luoghi di partenza e i migranti – una volta riconosciuto il titolo – debbono essere imbarcati su navi europee. I barconi vanno tutti distrutti in loco con mezzi di terra, navali o aerei. Infine – e prima di tutto – e qui viene la parte più delicata: un corpo di spedizione di soldati, aerei e navi, deve occupare una striscia della costa libica (la meno esposta ai terroristi) e qui installare attrezzature, uffici, personale sufficienti per svolgere le pratiche di accoglienza. I migranti senza titolo debbono essere rimpatriati oppure collocati in paesi che ne facciano richiesta.

Insomma le operazioni amministrative, che attualmente si svolgono in Italia, debbono svolgersi alla partenza. So bene che le strutture operanti in Libia saranno esposte. Ma la vista della prima pagina del Corriere della Sera con la foto di un mare pullulante di cadaveri tra i quali tanti bambini e donne ci deve riempire della passione del mite Leopardi: “L’armi, qua l’armi”.

 

 

 

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