La società a costo marginale zero

Pellicani-LUCIANO PELLICANI-

Le analisi sociologiche della Modernità si possono raggruppare in due grandi famiglie : quella di coloro che la condannano come un sistema perverso che alimenta il più dissennato ed esiziale consumismo ( Bauman, Latouche , Gorz , ecc. ) e quella di coloro che, alla rovescia, la esaltano come la più grande e benefica rivoluzione dell’intera storia dell’umanità. A quest’ultima famiglia appartiene senz’altro La società a costo marginale zero di Jeremy Rifkin.

Dopo aver sottolineato con grande vigore il fenomeno della “produttività estrema” generata dalla spettacolare lievitazione dell’efficienza termodinamica — grazie alla quale si intravede l’avanzata verso l’orizzonte di costi marginali quasi zero e di beni e servizi quasi gratuiti –, Rifkin concentra il fuoco della sua analisi sulle forme istituzionali che la società occidentale assumerà nei prossimi decenni. La sua tesi centrale è che sono già in atto processi tecnico-economici di tali dimensioni e di tale profondità che si può senz’altro affermare che siamo alla vigilia di un epocale cambio di paradigma. Il quale sarà caratterizzato dalla diffusione, già in atto, della figura del prosumer , cioè di colui che è al tempo stesso il produttore e il consumatore della propria energia verde. Il che significa che l’allarmismo apocalittico dei eco-crociati altro non è che una nuova versione dell’ossessione anticapitalista che da sempre ha caratterizzato quelli che Marx chiamava “gli alchimisti della rivoluzione”, in permanente e trepida attesa dal collasso catastrofico del sistema.

Il futuro che Rifkin intravede è di segno opposto a quello, minaccioso , degli eco-crociati. Il gioco – egli afferma con la massima decisione — sta passando nelle mani di milioni di piccoli imprenditori e di proprietari di abitazioni che stanno diventando i protagonisti della transizione verso l’era delle energie rinnovabili . Contemporaneamente, si stanno moltiplicando quelli che Rifkin chiama Commons e che descrive come situazioni di condivisione comunitaria , le quali prevedono sanzioni e punizioni per imporre il rispetto dei protocolli di gestione concordati.

Tutto ciò significa che le società industriali avanzate si stanno muovendo verso la coesistenza fra l’economia di mercato e l’economia di piccoli gruppi . Significa, in altre parole, che ” mercato capitalistico e Commons collaboratori coesisteranno – ora operando in modo sinergico , ora ponendosi in competizione o addirittura in contrapposizione – ma quale dei due modelli di gestione finirà per prevalere e quale sarà invece costretto a diventare una forza di nicchia dipenderà in gran parte da quale infrastruttura la società deciderà di realizzare”.

 

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4 thoughts on “La società a costo marginale zero

  1. L’insigne sociologo Luciano Pellicani sostiene in diversi suoi saggi sui fenomeni rivoluzionari – dotati peraltro di una pregiatissima analisi bibliografica – che i nemici della società aperta sarebbero i totalitarismi fanatici che fantasmagorizzano il mercato e il capitalismo come i mostri dell’abberrazione e del Male. E sia pure. Ma l’insistenza del professor Pellicani sui nemici – individuati in movimenti che hanno una matrice filosofica e il cui riferimento va agli anarchici ontologici o agli anarco-primitivisti con a capo a Zerzan, i quali sostengono la decrescita come via d’uscita dal caitalismo) – sebbene sia anche pertinente in un’analisi che fa piazza pulita di ogni ingenuo fanatismo spontaneista non rende però completa giustizia alla misura della sua levatura. Non si capisce infatti come mai il professor Pellicani è così indulgente relativamente nalla classe politica che attualmente sta provvedendo ad una vera e propria costruzione di un immaginario anarchico della perversione, della corruzione e della collusione che sembra uscire dall’intera filmografia di Fassbinder. Se è vero che ogni crisi si accomnpagna ad un revival di prospettive di tipo collettivista non credo che questi anticorpi costituiscano ormai più un problema serio per l’affermazione e l’espansione motu propriu del capitalismo. Trovo al contrario che sia il sistema Capitale-Mafia-Potere-Vaticano a non esser rientrato nelle analisi del sociologo italiano. Una collusione il cui attacco alla società preserva sempre i grandi interessi e lascia il soggetto debole esposto agli attacchi e del più forte. Credo che questa collusione abbia prodotto più disastri ed abbia intaccato la prospettiva socialdemocratica più di quanto abbiano fatto i diversi movimenti organizzati della sinistra extraparlamentare. Aspettiamo dunque di leggere un libro del professor Pellicani sulla malattia dell’Europa (riprendendo il dimenticato saggio di psicopolitica del 1981 di Franco Fornari), che individui più obiettivamente qual è il vero rischio e il pericolo per la società italiana, al di là delle scaramucce di quartiere di incerti, acerbi e senza prospettiva programmatica movimenti anticapitalisti, allo scopo di svelare una volta per tutte la sociologia dei rapporti tra mafia e potere in quanto forme residuali di quel sacro che altrove ha così sapientemente demistificato. A fronte del disastro politico-mafioso, in collusione con i grossi poteri economici e con la magisratura, non credo che il maggior pericolo per la socialdemocrazia siano gli sparuti e ineffettuali dissidenti anticapitalisti contro cui, dopo tanti anni, il professor Pellicani concentra ancora i suoi sforzi.

  2. Caro Treccozzi: con questi Suoi ragionamenti arzigogolati inzuppati di ottusa ostentazione s’è capito solo Lei…Il mondo è anche meno complicato di come lo percepisce Lei…

    1. Mi dispiace, professore, di esserle risultato così come mi scrive. Quello che però volevo dire – senza esserci riuscito – è che dopo averla seguita in diverse sue pubblicazioni (apprezzo molto il lavoro che ha fatto), mi piacerebbe leggere qualcosa che non insistesse più sul suo nemico storico. È stato importante sviluppare tutto quello che ha scritto, ma – ed è un’opinione molto personale che non va certo ad intaccare niente del suo importante lavoro – mi piacerebbe che spostasse la sua analisi sulla corruzione e il potere della classe politica attuale. Tutto qui. Mi scusi dunque per la mia argomentazione frastagliata.

    2. A proposito… Ma è davvero il professor Pellicani ad aver risposto in modo così liquidatorio? Nel caso contrario sarebbe interessante sapere di chi si tratta, visto che l’intestazione del commento riportava “Vita semplice”. Ora, a parte il fatto che non credo che la vita sia davvero così semplice – a meno di non volerla ridurre noi ad elementi semplici e per esigenze di comodo -, quello che vorrei aggiungere è che dagli stessi libri del professor Pellicani non mi sembra che emerga uno scenario così semplice, per l’appunto. In “Miseria del marxismo”, tanto per riprendere un titolo del sociologo italiano che apprezzo di più, lo stesso Pellicani analizza da psicologo sociale le ragioni concettuali, psicologiche e sociologiche che hanno dato forma ad una megalomanica storica speranza. Per cui o il commentatore non è Luciano Pellicani – né evidentemente ha mai letto i suoi libri – o l’autore del commento è stato ahimè poco paziente nella lettura del mio intervento ed impietoso nel giudizio. Il mio sarebbe stato un “ragionamento arzigogolato e inzuppato di ottusa ostentazione”. A dire la verità non pensavo di aver detto tanto male per meritare tanto sdegno – e tanto meno all’indirizzo del professor Pellicani che non finirò mai di ringraziare per la chiarezza e la pertinenza delle sue analisi. Quanto costano, a volte, le piccole licenze che ci prendiamo quando ci lasciamo andare con quelli che pensiamo essere i nostri compagni di affinità… E poiché il bello di tutta la letteratura è la libertà di spaziare, concludo con un certo Recamier, il quale ha scritto che il concetto di “seduzione narcisistica”, sinonimo a quello di “predazione”, ha come fine quello di screditare, squalificare, neutralizzare, paralizzare, distorcere l’intelligenza dell’altro. E per tutta risposta al mio intervento è quello che a lei è venuto meglio.

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