E DOVE E’ CHIARA LETTERA NON FARE OSCURA GLOSSA

Articolo-18-nel-resto-dEuropa– GIUSEPPE TAMBURRANO-

Spesso gli “approfondimenti” televisivi rendono più oscuro il problema e la sua soluzione. Un esempio eccellente è stato il dibattito del 19 settembre tra Landini e Ichino sul La Sette, diretto da Mentana. Il tema era l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

Il problema è antico. Il ministro Fornero cambiò l’articolo 18 dimezzandolo.

Precisiamo i precedenti. In passato, fino al 1966, esisteva il licenziamento ad nutum, cioè con un cenno del capo il padrone “sbatteva fuori” il dipendente senza dare alcuna spiegazione o giustificazione.

Nel 1966 il vice presidente del Consiglio, Pietro Nenni, affidò a me l’incarico di avviare il lavoro. Io mi rivolsi a Giugni (che Nenni, il quale storpiava i nomi, chiamava Lugli). Si formò una Commissione presieduta dal direttore generale Purpura in rappresentanza del Ministro del lavoro Bosco (l’uno più ostile dell’altro allo statuto): andammo avanti per mesi pestando acqua nel mortaio.

Alla fine Nenni si contentò di condurre in porto un solo disegno di legge dei tre proposti, sulla “giusta causa e il giustificato motivo” come i casi nei quali era ammesso il licenziamento (legge 15 luglio 1966, n. 604). Successivamente lo statuto recepì tale norma rendendola più restrittiva per i datori di lavoro, ad esempio abbassando il numero dei dipendenti necessari per renderla applicabile da 35 a 15.

Il ministro Fornero lo ha dimezzato. E ora Renzi vuole sostituirlo con una norma che introduce il contratto a “tutela crescente”(?).

Questo è lo “stato dell’arte”.

Abbiamo anche noi una proposta da fare. Eccola. Nei luoghi di lavoro con più di un numero di lavoratori da definire, i lavoratori eleggono, fuori delle sigle sindacali, loro rappresentanti in un collegio arbitrale nel quale siede pariteticamente anche la rappresentanza del datore di lavoro. La Commissione è presieduta da un arbitro o da un giuslavorista, o da un avvocato o da un consulente del lavoro, ecc. Essa giudica i ricorsi di dipendenti che hanno subito una sanzione o un trattamento ingiusto, discriminatorio, provocatorio. Tale Commissione risolverebbe i “casi” assai celermente, le decisioni potrebbero essere impugnate in casi determinati (violazione di norme costituzionali, irregolarità procedurali, ecc.)

Verrebbe abolita la procedura di conciliazione che è un ferro vecchio.

Questa proposta è stata presentata e discussa in un convegno della Fondazione Nenni con la UIL e la Fondazione tedesca Ebert. Era presente anche la Camusso, che però ha parlato d’altro. Ho fatto vedere la proposta a Landini che si è detto d’accordo. E allora? Perchè in questo Paese due più due non possono mai fare quattro?

Giuseppe Tamburrano

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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