Tamburi di latta

Rulli di tamburo di latta. Detto alla francese da un tedesco che continua a sentirsi vinto c’est la faute, prima che a Voltaire (je suis tombé par terre) e a Rousseau (je suis tombé dans le ruisseau), a Carlomagno, il quale, dopo averla unita, l’Europa, la divise tra i figli (“e così pose le basi per secoli di guerre”). E’ così che si legge su “la Repubblica” del 14 dicembre.

In ragione di ciò, in seguito, la faute dovrebbe essere attribuita anche a Carlo V (ma perché no anche a Lutero?), e certamente, successivamente, a Napoleone e a Hitler (“i cui tentativi, da parte di entrambi, di unire l’Europa con guerre e soggiogando gli altri popoli, screditando l’idea di Europa unita, grazie a Dio sono falliti”).

Tutto bene, ora che l’UE si è costituita e procede finalmente pacificata? No, non va bene lo stesso, o per lo meno non va bene ancora. Ancora non ci siamo. Günter Grass, lo scrittore della sconfitta per antonomasia, nella sua depressione che perdura da quasi settant’anni, persevera nella sua depressione e invita tutti noi europei, rimasti tuttora dei residuati postbellici, a continuare a piangerci sulla spalla l’uno dell’altro.

Egli dice: “Purtroppo è difficile spiegare ai cittadini che la crisi è causata soprattutto dal fiasco delle banche, per i cui errori paghiamo oggi tutti. Stati poveri e Stati ricchi e tutti i loro cittadini. Un’idea sbagliata di politica dei risparmi salva le banche, ma la massa della gente porta il fardello, in Grecia e in Portogallo come da noi. E’ un’ingiustizia spaventosa. Il rischio di tensioni sociali gravissime cresce. Mentre dopo la fine delle ideologie non abbiamo più orientamento e allora disordini sociali ampi e gravi possono facilmente spingere a destra, rafforzare destre populiste.”

E così rimarca: “Guai a illudersi che i movimenti di protesta sociale siano garantiti e gestiti dalle sinistre.”

Qui, Günter Grass coglie indubbiamente il punto: dalla Germania dell’anno zero (quello della finis Germaniae del ’45), ritorna in campo lo sciancato e mentecatto piccolo Oskar Matzerath a far risuonare di nuovo il suo tamburo di latta, diffondendo con ciò un sentore da anno zero per l’Europa attuale (e forse per l’Occidente intero): a quasi settant’anni di distanza dalla catastrofe della Seconda Guerra mondiale, vissuti illusoriamente come se fossero stati quelli della rinascita dell’Europa stessa.

Che dire? E se avesse ragione lui, Günter Grass, Premio Nobel e tuttora autore controverso in una simile materia? Se avesse ragione lui, allora si dia pure piglio, di nuovo, al rullare del suo Tamburo di latta anche ormai nel pieno del secolo presente, che si è avvicendato al ventesimo, senza essere riuscito a superarlo. Se è così che stanno le cose, evidentemente nihil sub sole novi della vecchia (sempre più vecchia) Europa, cui, pertanto, viene da rivolgersi con prosit da grande malinconia.

Cesare Milanese

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi