Se negli USA Obama difende la classe media

Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlando da una fabbrica di giocattoli della Pennsylvania, dove gli operai si affrettavano ad assemblare gli ultimi pezzi in vista del rush natalizio, ha ricordato ai rappresentanti repubblicani del Congresso che il tempo per trovare un accordo sulla ridistribuzione delle tasse sul reddito sta per esaurirsi.

Infatti, se entro fine anno la Camera dei Rappresentanti, a maggioranza repubblicana, non assumerà alcuna decisione, i tagli fiscali saranno abrogati e tutti gli americani si troveranno nel baratro economico.

In concreto ogni famiglia statunitense, dalla più povera alla più ricca, subirebbe un aumento della tassazione dall’inizio del prossimo anno. Una tipica famiglia di quattro persone della classe media si troverebbe così a dover pagare circa 2.200 dollari di tasse in più l’anno. E, come ricorda il Presidente degli Stati Uniti, né le famiglie né l’economia statunitense nel complesso sono oggi in grado di sostenere un tale indiscriminato aumento delle tasse.

L’alternativa però esiste. Obama ha chiesto al Congresso di approvare una legge che impedisca l’aumento delle aliquote fiscali sui primi 250.000 dollari di reddito. In tal caso il 98% degli americani ed il 97% delle piccole imprese non subirebbero alcun aumento impositivo. E anche gli americani più ricchi avrebbero un beneficio fiscale sui primi 250.000 dollari di reddito.

A parole anche i Repubblicani sono d’accordo nel tenere basse le aliquote alla classe media. Mentre però al Senato a maggioranza democratica la legge chiesta da Obama è stata già approvata, alla Camera, a maggioranza conservatrice, i repubblicani sono contrari a rimodulare le aliquote e vogliono invece agire solo sulle deduzioni fiscali.

La classe media è dunque ostaggio di una ricca minoranza. E la posizione repubblicana è tanto più irragionevole se si considera che la proposta di Obama ridurrebbe l’imposizione fiscale anche per i più ricchi, anche se il beneficio sarebbe limitato ai primi 250.000 dollari di reddito.

Se Obama riuscirà a vincere la battaglia a favore della classe media, il bilancio degli Stati Uniti otterrà maggiori entrate fiscali per 1.160 miliardi di dollari nel prossimo decennio, di cui 850 miliardi derivanti dalle maggiori aliquote applicate sugli scaglioni di reddito oltre i 250.000 dollari. Risorse che potranno essere investite in educazione e ricerca, attività, come ricordato dallo stesso Obama, che rendono gli Stati Uniti più forti. Per raggiungere questo obiettivo, il Presidente USA non ha esitato a lanciare una vera e propria campagna di pressing dal basso, chiedendo ai cittadini di inviare un messaggio al rappresentante della Camera eletto nel proprio territorio, al fine di sensibilizzarlo e indurlo ad approvare la legge entro la fine dell’anno.

E’ molto significativa la posizione assunta da Obama a favore della classe media statunitense. Ancora più significativa se si pensa che in America le tasse sono generalmente viste come una perdita di reddito netta. Obama sta dunque provando a cambiare questa visione, riaffermando anche il principio che non esiste un uomo che si realizza completamente da sé, visto che ciascun individuo è anche il portato della società in cui vive. Tutti, anche i più ricchi, sono chiamati a contribuire, con le tasse, al pagamento di quei beni e servizi necessari al funzionamento della società e anche dell’economia.

Questi principi dovrebbero essere riscoperti e valorizzati dalla classe politica del vecchio continente. Anche in Italia, dove il ceto medio ha visto progressivamente diminuire il proprio spazio ed il proprio reddito, dovremmo guardare con più attenzione alla classe media, troppo penalizzata negli ultimi venti anni. E senza classe media non esiste democrazia.

Alfonso Siano

 

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