Un messaggio su cui riflettere

C’è tanto da imparare dal discorso che Obama ha tenuto nella notte della rielezione: una cristallina enunciazione dei valori da inalberare e le prospettive da inseguire per una nazione che voglia dirsi davvero moderna e intenda conciliare i meriti con i bisogni. E’ un messaggio su cui riflettere: per questo vale la pena riviverne alcune parti.

«So che le campagne politiche a volte sembrano piccole, persino stupide. E che danno molto spazio ai cinici per dire che la politica non è nulla più che una gara tra ego o terra di interessi particolari – ha osservato il Presidente alla platea di Chicago – ma se mai avrete la possibilità di parlare alla gente che è venuta ai comizi elettorali(…)Sentirete la determinazione nella voce di un giovane organizzatore che si fa strada verso il college e vuole che ogni bambino abbia la sua stessa possibilità, sentirete l’orgoglio nella voce di una volontaria che va di porta in porta perché suo fratello è finalmente stato assunto quando la fabbrica di auto ha aggiunto un turno ulteriore alla produzione(…)Ed è questo che la politica può essere. E’ per questo che le elezioni sono importanti, contano».

Dopo aver ricordato l’importanza della politica quale mezzo per continuare ad arrecare piccoli e costanti miglioramenti alla società, il Presidente ribadisce il valore del confronto e del dialogo, della collaborazione e della mediazione tra idee diverse. Bisogna evitare rigide e improduttive contrapposizioni per rendere una nazione prospera e raggiungere – attraverso tentativi e sperimentazioni, errori e progressi, vittorie ed insuccessi – lenti e costanti passi in avanti: «La democrazia in una nazione di 300 milioni di persone può essere complicata, caotica. Ciascuno di noi ha le proprie idee, le proprie opinioni(…)E quando attraversiamo momenti difficili, quando prendiamo grandi decisioni come paese, è necessario e imprescindibile che ci siano delle controversie. Tutto questo non cambierà dopo stanotte, e non deve farlo. Tutto ciò è simbolo della nostra libertà(…)Sicuramente ci saranno dei disaccordi su come arrivare alla nostra destinazione. Ma come è successo negli ultimi due secoli, il progresso non segue una linea retta, non è sempre un percorso senza ostacoli: ci sono delle frizioni e degli ostacoli, ma grazie alla speranza e ai nostri sogni possiamo risolvere le nostre divergenze, possiamo superare gli ostacoli e arrivare al compromesso necessario per portare avanti questo paese».

E’ questa del confronto e della collaborazione l’unica strada per realizzare quel sogno di un domani migliore evocato da Obama: «Vogliamo che i nostri figli crescano in un paese dove abbiano accesso alle migliori scuole e all’insegnamento dei migliori docenti. Un paese che porti avanti la propria leadership nella tecnologia(…)Vogliamo che i nostri figli crescano in un America che non è schiacciata dal peso dei debiti, che non è indebolita dalle disuguaglianze, dove il pianeta non viene distrutto dal clima che cambia(…)Crediamo in un’America(…)aperta ai sogni della figlia di un immigrato che studia nelle nostre scuole e crede nella nostra bandiera. A un giovane delle zone più povere di Chicago che vede una vita al di là dell’angolo della sua strada. Al figlio di un operaio del Nord Carolina che vuole diventare un dottore o uno scienziato, un ingegnere o un imprenditore, un diplomatico o persino un presidente. Questo è il futuro che vogliamo». Anche i cittadini non sono esenti dal collaborare, ognuno nel proprio ruolo e con le proprie forze: «Il ruolo dei cittadini nella nostra democrazia non si esaurisce con il voto. Il senso dell’America non sta in ciò che altri possono fare per noi, ma in ciò che possiamo fare insieme(…)Ecco su cosa siamo stati fondati. Questo paese ha più ricchezze degli altri, ma non è questo a farci ricchi. Abbiamo l’esercito più potente della storia, ma non è questo a farci forti. Le nostre università, la nostra cultura non è questo che fa approdare il mondo alle nostre coste. Quello che rende eccezionale l’America è il legame che tiene uniti i cittadini della nazione più variegata del mondo. Il credere che il nostro destino è condiviso. Che questo paese funziona solo se accettiamo di avere obbligo ognuno nei confronti dell’altro e verso le generazioni future. La libertà per cui così tanti americani hanno combattuto e sono morti porta tanto diritti quanto responsabilità. E tra i diritti ci sono amore, carità, doveri e patriottismo». Il tutto si chiude con le note di Bruce Springsteen e della sua “We take care of our own”: Noi ci prendiamo cura dei nostri fratelli.

Quelle di Obama sono parole su cui meditare e dalle quali si possono trarre diversi spunti di riflessione: ribadisce quanto di utile la politica può fare per la società se animata da valori e passione civile e non dalla ricerca di personali prebende; sottolinea il contributo fondamentale che i cittadini – attraverso «amore, carità, doveri» – possono dare per permettere agli ingranaggi della società di funzionare al meglio; ricorda come davanti alla complessità del mondo moderno sia necessario che la politica abbandoni quella logica del corpo a corpo tra fazioni o partiti (cosa che in Italia conosciamo bene), e cerchi di diventare lo strumento per ricercare un compromesso (vero, non fittizio) tra le diverse posizioni: atteggiamento tipico della dialettica liberaldemocratica che risolve «un conflitto mediante una norma che non è totalmente conforme agli interessi di una parte, né totalmente contraria agli interessi dell’altra» (Kelsen). Un compromesso, questo, indispensabile se si vogliono affrontare in modo efficace quelle che Martin Luther King jr. chiamava “the fierce urgency of now”: la disoccupazione, la crescente diseguaglianza, la crisi economica che ha travolto imprese e classe media; Obama ha poi ricordato quanto importante sia aiutare chi soffre, da chi ha perso il lavoro a chi ha problemi con l’assistenza sanitaria, riducendone le ansie e le paure; infine, il suo discorso dimostra come una sinistra che vuole essere realmente moderna non può prescindere dal coniugare i suoi valori con politiche pragmatiche e realiste. Lo stesso Arthur Schlesinger Jr. ricordava sempre – in riferimento a J.F.Kennedy – come l’essere realista nei metodi non fosse incompatibile con l’essere idealista negli scopi: potrebbe essere il punto di partenza per un futuro dove libertà e giustizia sociale tornino a marciare sincrone, e dove il diritto all’autorelizzazione – valore principale della civiltà occidentale – ritorni ad essere una possibilità concreta per tutti.

«Non importa se siete neri, bianchi(…)Giovani o vecchi, ricchi o poveri», ha ricordato il Presidente: «se ce la metterete tutta potrete farcela…». Non sarebbe male se questo sogno a stelle e strisce di Obama si adagiasse anche sotto la bandiera tricolore, facendo dell’Italia un paese dove parole come impegno, merito e onestà tornino a significare qualcosa: con un bambino uscito dalla periferia di un piccolo centro d’Italia che finalmente non incontri più tanti ostacoli nel «diventare un dottore o uno scienziato, un ingegnere o un imprenditore, un diplomatico o persino un presidente».

Sabatino Truppi

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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