Un Grillo parlante, ma non saggio

Le campane dell’antipolitica sembrano oggi suonare a stormo per il Movimento cinque stelle, figlio florido, ancorché minorenne, del blogger e comico genovese Beppe Grillo. Qualche maligno potrebbe sostenere che non è una novità, per il nostro paese, avere come leader carismatico un comico, ma forse, al di là delle battute, non sarebbe male cercare e cogliere le somiglianze e le differenze tra la situazione attuale e quella di venti anni fa. Le somiglianza, peraltro, sono molte.

Un postulato comune di quella che solo per comodità chiameremo “antipolitica” (ma che in realtà è una modalità specifica della politica) è costituito dall’assioma che la società civile è migliore delle istituzioni che la rappresentano: Berlusconi fondò i suoi successi sull’immagine dell’imprenditore di punta, avvezzo a trasformare le decisioni in risultati e per questo estraneo al “teatrino della politica” (che lo ha visto poi tra i suoi principali protagonisti). Il corollario è di carattere generazionale: il rinnovamento della politica sarebbe legato alla cancellazione della vecchia classe politica e alla sua sostituzione con non meglio identificati “cittadini”, meglio se sotto i 40 anni, che solo per questa qualità (peraltro condivisa anche da molti politici corrotti, ma questo non sembra significativo per i nuovi profeti) sarebbero garanti della “trasparenza”. La quale trasparenza è senz’altro una leva fondamentale del cambiamento in positivo della vita pubblica: ma essa ha a che fare con il procedimento amministrativo, con le norme di garanzia a tutela dell’interesse dei cittadini (quelli veri) e dei non cittadini (immigrati e rifugiati), con l’efficacia delle regole contro la corruzione, con la coerenza dell’impegno nella lotta alla criminalità organizzata. In altre parole, è assicurata dalla legge prima che dagli uomini, a meno che non si ritenga che il risanamento e la moralizzazione della vita pubblica possano essere assicurati per virtù di singole personalità carismatiche. Governo degli uomini o governo delle leggi? È un interrogativo che si pone dai tempi di Pericle, ma, a quanto pare, nel nostra paese la risposta non è ancora certa.

Società civile (buona) contro la politica (cattiva); giovani (buoni) contro vecchi (cattivi) ; cittadini (buoni) contro politici (cattivi): tutti assiomi indimostrati su cui vari personaggi hanno costruito le loro fortune politiche negli ultimi anni e che si sono rivelati utilissimi a pescare nell’elettorato moderato, che poi, alla fine, tanto moderato non è. Ovviamente, a questo punto, le proposte politiche diventano un optional del quale si può fare tranquillamente a meno. Basterà ascoltare “la gente” (variante linguisticamente più populista di “cittadini”), magari con periodici plebisciti sulla rete. Sommessamente, facciamo notare che questa strada è stata percorsa nell’ultimo ventennio, e si è conclusa con una catastrofe. Siamo sicuri di volerci riprovare?

Valerio Strinati

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